GUALDO, Gabriele
Nacque a Vicenza, dal conte Giovanni Battista e da Massimilla Murari, veronese, nel 1659.
Il G. compì i suoi primi studi a Piacenza; l'8 luglio 1674 vestì l'abito dei teatini e fece la solenne professione a Venezia. In seguito si trasferì a Padova, per seguire il corso di teologia allora tenuto da P. Gioia, rettore del collegio teatino. Per la cagionevole salute il G. fu rinviato nella città natale, dove terminò gli studi. Circa dieci anni dopo l'ingresso nell'Ordine, fu destinato a Padova, nel convento dei Ss. Simeone e Giuda, come lettore di filosofia e poi di teologia, cattedra che tenne per più di quarant'anni, interessandosi anche di diritto e di letteratura. In giovane età compose un Carmen philosophicum, id est conclusiones ex universa philosophia depromptae et exametro carmine decantatae (Padova 1704), un Carmen theologicum (ibid. 1710 e 1712) e un'opera teatrale in prosa intitolata Ergildo, overo Contro amor non val politica (ibid. s.d.).
Ma gli scritti più importanti del G. sono rivolti a problematiche teologico-morali e furono pubblicati con tre pseudonimi (Guido, o Guy, Bellagra, Niccolò Peguleti e, più frequentemente, Angelo Cupezioli). Benché egli si definisse un probabiliorista, in realtà fu un accanito difensore delle idee probabiliste (Pellizzari sostiene che lo si può ritenere un precursore di s. Alfonso Maria de Liguori).
L'impegno del G. in difesa del probabilismo è documentato, oltre che da diverse testimonianze coeve, dalla pubblicazione dello scritto Risposta all'autore dell'Apologia de' Santi Padri (Salzburg 1701, pubblicata sotto lo pseudonimo di Guy Bellagra) contro l'Apologia in favore de' Santi Padri, contra quelli, che nelle materie morali fanno de' medesimi poca stima. Opera postuma… (Bassano 1696), del minore conventuale B. Ciaffoni.
Intento precipuo dell'Apologia, che seguiva le Lettereprovinciali di B. Pascal, era stato sia la difesa dei Padri della Chiesa dall'abuso che i "moderni" facevano delle loro dottrine sia un deciso attacco alle principali tesi del probabilismo, che - sostenute e diffuse soprattutto dai gesuiti - avrebbero fomentato le eresie e avrebbero assecondato le "male inclinationi del tempo". Allo scritto aveva risposto anche il gesuita G.B. De Benedictis con La scimia di Montalto (Gratz 1698). I due libri erano stati condannati con decreto del S. Uffizio il 14 sett. 1701.
La Risposta del G. è strutturata secondo lo schema dell'Apologia e, avvalendosi delle stesse fonti, respinge puntualmente ogni attacco sferrato a quei principî della morale probabilistica (improntati a un sostanziale relativismo, ai limiti del lassismo) che avevano suscitato maggiore scalpore. I casi deprecabili e imputabili, individuati dal Ciaffoni e attinti dai maggiori autori del probabilismo quali quello della "crapula, e ubriachezza" (Apologia, p. 69), della simonia (p. 76), degli "ornamenti delle donne" (p. 98), del "procurar l'altrui morte, e nel fare il ruffiano" (p. 116), delle "laidezze sensuali tra coniugati" (p. 133) e infine della "bugia, e giuramento anco per gusto" (p. 125), secondo il G. non sono genericamente condannabili in ambito morale, ma vanno valutati non prescindendo dallo specifico contesto dell'azione e dallo stato della coscienza soggettiva. In particolare, le dottrine asserenti la necessità di "nascondere la verità" in determinate circostanze, quali quella della liceità dell'uso del "parlare anfibologico", connotate dal Ciaffoni quali dottrine "oltraggiose", sono dal G. difese con il ricorso a un'argomentazione comune a vari teologi e moralisti del periodo legati al probabilismo, pur nelle diverse modalità di elaborazione: la differenza, cioè, tra la restrizione mentale (la dottrina "illecita" condannata da Innocenzo XI il 2 marzo 1679) e la dottrina degli equivoci (formulata nel XIV secolo da N. Eymerich e ripresa nel XVII secolo soprattutto dai teologi gesuiti). Il ricorso agli esempi della Scrittura o a quelli tratti dalla tradizione agiografica e martirologica è, anch'essa, pratica comune ai difensori della dissimulazione e simulazione religiosa, adottata dal G. e inserita nell'ambito di una casistica volta alla dimostrazione della differenza tra l'uso dei termini equivoci e quello della riserva mentale.
L'asserzione dell'opinione probabile quale legittima norma di condotta di fronte a un'incerta obbligazione morale è svolta in tutte le sue conseguenze teoriche nel Tractatus probabilitatis ex principiis antiquorum compositus, in quo probabilitas in genere aequalis et minor, per ea quae docuerunt antiqui stabiliuntur, pubblicato dal G. con lo pseudonimo di Niccolò Peguleti nel 1707 con la falsa data topica di Lovanio. Lo scritto fu condannato dalla congregazione dell'Indice il 13 maggio 1710.
I 50 capitoli in cui è divisa l'opera propongono una casistica volta a confermare l'uso dell'opinione probabile della quale il G. rintraccia i precedenti nelle opere aristoteliche e, in maggior misura, nella tradizione patristica. Nella rielaborazione teorica delle idee del probabilismo (pp. 227-234) il G. si mostra seguace di una linea di pensiero risalente a Bartolomé de Medina, poi accolta, pur con diverse limitazioni, da D. Bañez e da F. Suárez e tendente a delimitare l'applicazione del principio della probabilità ai soli casi nei quali risulti dubbia la liceità di un'azione mentre, qualora sia messa in causa la validità di un sacramento o la "verità della scienza", sarebbe opportuno astenersene (pp. 227 s.). La "probabilità" delle opinioni relative alla morale in quanto non fondate sull'evidenza scientifica, secondo il G. è, infatti, caratteristica di tutti i sistemi elaborati nel corso dei secoli dalle diverse scuole teologiche - del tomismo, dello scotismo, dei Padri della Chiesa e dei "moderni" - e la condanna del relativismo in ambito morale, dunque del probabilismo, implica il rifiuto in blocco dei precetti etici di tutti gli "antichi" teologi (pp. 232 s.). Con tale, singolare, forma di ragionamento il G. fa scaturire direttamente il suo sistema dai dottori angelici (Bonaventura, Tommaso e Alberto Magno), illustri assertori, secondo lui, del principio della probabilità.
Un altro problema affrontato dal G. nei suoi scritti è quello dell'amministrazione del battesimo al feto di madre moribonda, al fine di garantire l'eterna salvezza del nascituro. Il favore mostrato dal G. nei confronti di tale pratica - cui acconsentirono, nel corso del Settecento, anche alcuni ecclesiastici filogiansenisti o legati all'agostinismo rigido - è dichiarato, oltre che in altri luoghi, in un'opera che suscitò vasta eco presso i contemporanei, procurando al G. la fama di teologo innovatore: il Baptisma puerorum in uteris existentium. Dissertatio medico theologica.
Lo scritto, insieme con il trattato sulla probabilità, è l'opera del G. che ha dato luogo alle più aspre dispute e ha conosciuto una certa fortuna, essendo stato stampato quattro volte, tre delle quali vivente l'autore (Padova 1710; 2ª ed., recante il vero nome dell'autore, ibid. 1712; 3ª ed., corretta e accresciuta, pubblicata con lo pseudonimo di Angelo Cupezioli e dedicata a S. Fogliani, vescovo di Modena, Venezia 1723; 4ª ed., postuma, a cura di G. Gradenigo, con il titolo De baptismo infantium in utero auctore Ioanne Baptista Scarella clerico regulari. Accedit appendix Claudi Voralei de baptismo abortivorum, Udine 1769). Il G. aveva concepito la sua opinione circa il battesimo dei nascituri già prima del 1710, sia nel capitolo III della Risposta sia nel XLI del Tractatus probabilitatis.
Il Giornale de' letterati (1710, pp. 357-365) elogiò il G., che fu invece aspramente disapprovato dallo scritto Giunta al primo tomo del Giornale de' letterati d'Italia di Grisofano Cardiecletti stesa dal medesimo in una pistola sofaletoloica, Napoli 1712. Sotto pseudonimo di Angelo Cupezoli il G. replicò, nello stesso anno, con la Difesa del p. d. Gabriello Gualdo (riedita nel 1723).
La controversia continuò con il domenicano F.G. Serry, consultore dell'Indice che nelle Vindiciae (Padova 1727) definì il G. "scribillatore", accusandolo di non aver correttamente interpretato un luogo di s. Agostino relativo al battesimo. Il G. si difese con la Larvati scribillatoris brevissima defensio (senza indicazioni tipografiche) e, alla replica del Serry (Vindiciae vindiciarum del 1730), oppose il libello Altera defensio (senza indicazioni tipografiche).
Ultraottantenne, il G. diede alle stampe la monumentale Theologia contemplativa et moralis d. Augustini… (I, Venezia 1737; II-III, ibid. 1741).
Avvalendosi dell'edizione maurina delle opere agostiniane, il G. espone e postilla in ordine alfabetico "ogni dottrina come pratica, così specolativa" di Agostino, ma il suo precipuo interesse sembra essere riposto - più che nei temi basilari della teologia agostiniana relativi alla grazia, al libero arbitrio o alle opere - nella difesa del probabilismo, i cui principî sarebbero rintracciabili anche negli "aurei scritti" del santo dottore, contenenti affermazioni relative all'opinabile fondamento di alcuni precetti morali e asserenti una libertà speculativa affatto lecita in quest'ambito, quali "cum contraddictur opinioni aliorum id fiat absque praejudicio charitatis, et veritatis".
Il G. morì a Padova il 9 marzo 1743.
L'elenco completo delle opere edite del G. è in G. Pellizzari, G. G. "doctor probabilitatis", Vicenza 2002, pp. 44-46; indicazioni sulle opere manoscritte in Savonarola, 1744, pp. 446 s.
Fonti e Bibl.: Giornale de' letterati (Venezia), t. I (1710), pp. 357-365; t. XXXI (1728), pp. 430 s.; t. XXXII (1729), pp. 555 s.; G. Cinelli-Calvoli, Biblioteca volante continuata dal dottor Dionigi Andrea Sancassani, Venezia 1734-47, III, p. 86; Novelle della Repubblica letteraria per l'anno 1737, Venezia 1738, pp. 193 s.; … 1741, ibid. 1741, pp. 153 s.; I. Savonarola, Memorie del p. G. G., in Misc. di varie operette, VIII, Venezia 1744, pp. 427-451; A.F. Vezzosi, I scrittori de' chierici regolari detti teatini, I, Roma 1758, pp. 425-432; P. Calvi [Angiolgabriello di Santa Maria], Biblioteca e storia di quei scrittori così della città come del territorio di Vicenza…, VI, Vicenza 1782, p. 245; S. Rumor, Gli scrittori vicentini dei secoli decimottavo e decimonono, Venezia 1905-08, II, pp. 95-97; G. Melzi, Diz. di opere anonime e pseudonime…, Milano 1848, I, pp. 120, 269 s.; II, p. 326; H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae catholicae, IV, Oeniponte 1910, coll. 1639 s.; Dict. de théologie catholique, VI, Paris 1920, coll. 1891-1893.