BOETTO, Gabriele Francesco
Appartenente ad una famiglia comitale con feudo a Cunico e signoria di Ponengo nel Monferrato, nacque nel 1589. Il padre Carlo, passato al servizio di Carlo Emanuele I, era stato ambasciatore a Venezia nel 1603. Il B., a sua volta, ruppe decisamente con i Gonzaga nel 1612 ed ebbe a segnalarsi sotto le insegne del duca sabaudo nella guerra di successione del Monferrato; nel marzo 1616, per rappresaglia, gli fu confiscato il feudo di Cunico, passato più tardi ai Grisella. Nello stesso anno il B., che nel febbraio 1613 era stato nominato cavaliere di giustizia dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e aveva sposato nel 1615 Dorotea Thesauro, entrò a far parte del seguito del principe Tommaso come scudiere, quindi dal 1625 quale gentiluomo di camera. Nello stesso tempo gli fu assegnata da Carlo Emanuele I una pensione di 300 ducatoni sul tasso della comunità di Castagnole delle Lanze nel capitanato astigiano; nel gennaio 1619 seguì l'investitura in suo favore di metà del luogo di Castagnole con il riconoscimento del titolo comitale, a ricompensa dei servizi prestati e della perdita del feudo di Cunico. Alla ripresa della guerra del Monferrato, il B. trovò ancora modo di mettersi in luce sotto Casale e nel giugno 1628 Carlo Emanuele gli fece dono dei redditi del luogo di Mombello e del castello di Tonco confiscato ai Natta; nel 1631, dopo la conclusione del conflitto con la pace di Cherasco, Vittorio Amedeo I premiò ancora la fedeltà del B. con la devoluzione in suo favore di una frazione del tasso dovuto dalla città di Mondovì.
Nel 1637, allo scoppio della guerra dinastica fra madamisti e principisti, il B. ricopriva le funzioni di capitano di compagnia e di gentiluomo del principe Tommaso: la sua scelta era scontata, ed egli ebbe effettivamente a partecipare alle operazioni militari che condussero le forze ispano-principiste, tra il marzo e il giugno 1639, all'assoggettamento dell'Astigiano e all'assedio di Torino. Più di un contrasto era nel frattempo insorto fra il governatore di Milano Leganés, a capo delle truppe spagnole in Piemonte, e i "principi cognati" sugli obiettivi e sulla condotta della guerra: di fronte alle remore del Leganés nella concessione di aiuti militari e in danaro per un più spedito andamento delle operazioni, il B. fu scelto nel luglio 1639 per un'ambasciata straordinaria a Madrid onde porre fine agli indugi degli Spagnoli e sondare più da vicino le reali intenzioni dell'Olivares.
La missione del B. a Madrid venne tuttavia rimandata all'agosto successivo, dopo la fine dei colloqui per una sospensione d'armi tra le due fazioni: gli Spagnoli, pressati per altra parte da esigenze di rafforzamento militare del fronte renano, ritenevano che l'assedio della cittadella torinese (entro cui si erano raccolte le superstiti forze madamiste dopo l'abbandono della capitale da parte di Maria Cristina) sarebbe stato alla distanza un impegno troppo gravoso; Tommaso si preoccupava al contrario che gli avversari non avessero il tempo per riprendersi e che nel frattempo non intervenisse "sopra la sua testa" un'intesa diretta tra Francesi e Spagnoli, per una mutua spartizione delle piazze. La "capitolazione della tregua", firmata il 14 agosto per una durata di settanta giorni, con cui gli Spagnoli avevano finito per aver ragione della volontà dei "principi cognati" di sfruttare sino in fondo il momento loro favorevole e per ribadire allo stesso tempo la loro egemonia, affrettò la partenza del B. alla volta della capitale spagnola: le istruzioni erano di operare di concerto con la principessa di Carignano e di portare a conoscenza del conte-duca le rimostranze dei principisti nei confronti del Leganés, accusato di non accordare i sussidi già promessi, di gravare sul "povero Stato" mediante ampie concessioni per l'alloggio alle truppe franco-madamiste e di non consentire allo sgombero di alcune piazze, come i Francesi da parte loro sarebbero stati pur disposti a fare. Su un piano politico più generale il B. avrebbe dovuto insistere comunque sull'opportunità della "Pace d'Italia" e illustrare le richieste dei principi circa la continuazione della guerra, l'assistenza finanziaria, il presidio alla cittadella di Nizza e la subordinazione del Leganés alle direttive di Tommaso.
Fallite le restanti possibilità di accordo diretto con Madama Reale "pour ne ruiner entièrement l'Estat", si propose al B., a metà settembre 1639, un'azione più energica presso l'Olivares onde superare le solite esitazioni degli Spagnoli nei confronti di un impegno più diretto e massiccio per il proseguimento della guerra. Un problema di primaria importanza e preclusivo era frattanto emerso: quello del riconoscimento formale della legittima rappresentanza del duca di Savoia da parte dei "principi cognati". In questo senso il conte-duca avrebbe preteso, in cambio, un atto di completa sottomissione di Maurizio e Tommaso alla Spagna: di fronte alle resistenze di costoro l'Olivares era giunto anzi a minacciare di non autorizzare la partenza, come Tommaso desiderava, della consorte e dei figli dalla Spagna. Il B. avrebbe dovuto insistere pertanto - oltre che sul riconoscimento della "libertà naturale" dei principi, "che gli impedisce di fronte a S. M. Cattolica di ridursi a soggetione di vassallaggio per i Stati che non si muovono dalla sua Corona" - sull'osservanza dell'accordo stipulato ad Alessandria fra Maurizio e il Leganés in base al quale la Spagna si impegnava a non richiedere "un palmo di terreno di questi Stati, e che ci sarebbe restituita ogni cosa senza pretensione alcuna di risarcimento di spese". Urgente era, ad ogni modo, che il B. intervenisse presso l'Olivares - dopo la cessazione della tregua, il 24 ottobre, che aveva di nuovo posto i principi alle prese con insormontabili difficoltà finanziarie - onde porre fine alle spoliazioni sistematiche delle truppe nelle campagne e in città e avviare nuovi e più consistenti soccorsi in uomini e in danaro per la ripresa della guerra. Tanto più che, dopo la vittoriosa controffensiva delle forze franco-madamiste dell'Harcourt fra Moncalieri e Poirino in vicinanza di Torino, si profilava il pericolo che il Leganés volesse continuare "una guerra languida e lenta". "Si sono perdute - lamentava Tommaso al B. il 28 novembre - le occasioni di continuare felicemente gli incominciati progressi e, quel ch'è di peggio, habbiamo noi comprato caro quello che potevamo vendere a prezzo rigoroso concedendo il nostro invece di pretendere l'altrui". Inutili saranno tuttavia le iniziative del B. in questa direzione, così come le sue pressioni affinché fosse riconosciuto a Tommaso il comando supremo delle operazioni militari e venissero forniti i sussidi necessari ad accelerare l'andamento della guerra e ad alleviare gli oneri imposti sulla popolazione. Di fronte alle esigenze degli Spagnoli, di dislocazione su una linea puramente difensiva, e all'ostinazione dell'Olivares nella ratifica preliminare da parte di principi di un preciso atto di sottomissione nei confronti della Corona spagnola, Tommaso finì per ripiegare, e la missione del B. a Madrid si avviò verso un completo fallimento. Senza storia saranno in pratica le iniziative immediatamente successive assunte dal B., su istruzioni di Tommaso, per evitare il sospetto del governo di Madrid sui tentativi di approccio avviati nel gennaio 1640 con i madamisti (del resto presto caduti per l'irrigidimento di Parigi) e sui contatti con agenti francesi del marzo-aprile dello stesso anno. Né avevano esito le ricorrenti richieste del B. per intensificare, con opportuni aiuti finanziari, lo sforzo militare degli ispano-principisti: il 19 aprile, in occasione delle ultime istruzioni, Tommaso, scoraggiato, gli ordinò il ritorno.
Rientrato in patria, il B. - subito dopo la conclusione del conflitto - veniva sacrificato al rancore e allo spirito di rivalsa del partito madamista. Accusato di "aver servito Spagna contro Savoia", si vide confiscato il 5 ott. 1642 il feudo di Castagnole delle Lanze, le cui rendite Madama Reale assegnava nel marzo dell'anno successivo al suo "usciere" Bolliani. All'Ordine di S. Bernardo di Mondovì-Vico saranno poi devolute le 3.000 lire d'argento sul tasso della città di Mondovì accordate nel 1631 al B. e da costui non ancora riscosse. Ignota è la data di morte.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Sezione I, Savoia - Principi di Carignano. Francesco Tomaso, mazzi 51 e 53, lettere di Tommaso al B., 5 e 29 agosto, 13 e 20 settembre, 28 novembre, 3, 4 e 6 dic. 1639, 4 e 25 febbraio e 19 apr. 1640; Ibid., Lettere particolari, mazzo 99, B, lettere del B. (1636-1641); Ibid., Sezioni Riunite, Patenti Piemonte, registri 33, f. 146; 35, f. 163; 43, ff. 11, 23 e 60; Ibid., Controllo Finanze, registri 1616, ff. 20 e 102; 1617in 1618, f. 166; 1618 in 1619, f. 192; 1628, ff. 25 e 209; 1629 in 1630, f. 80; E. Ricotti, Storia della Monarchia piemontese, V, Firenze 1865-1869, p. 276; G. Claretta, Storia della Reggenza di Cristina di Francia duchessa di Savoia, I, Torino 1868, pp. 525, 610 ss., 621, 627-631; A. Manno, Il patriziato subalpino, Firenze 1906, II, p. 336; G. Quazza, Guerra civile in Piemonte. 1637-1642, in Boll. stor. bibl. subalpino, LVII (1959), n. 3-4, p. 321; LVIII (1960), n. 1-2, pp. 7-26 passim.