FIORINI, Gabriele
Figlio del pittore Giovan Battista e di Laura Armani, nacque intorno al 1570, anche se il Malvasia (1678, p. 252) lo ricorda, nel 1571, nel consiglio della Compagnia dei pittori e bombasari, probabilmente equivocando con il padre Giovan Battista (sulla questione, G. Zucchini, Un manoscritto inedito nell'arch. P. Fiorini, in L'Archiginnasio, XLIX-L [1954-55], p. 68; Cammarota, 1993, p. 321).
A parte la citazione delle opere, le fonti cronologicamente a lui più vicine non forniscono notizie sulla vita del Fiorini. Il Malvasia (1678, p. 357) e l'Oretti (ms. B 104, C. 59 e Calbi - Scaglietti Kelescian, 1985, pp. 101 s.) lo ricordano appena adolescente in palazzo Fava, autore della perduta decorazione di tre grandi camini nelle sale affrescate dai Carracci al piano nobile, intorno al 1583-84. Sempre il Malvasia ricorda nella collezione Bonfiglioli "il ritratto di Gabriele Fiorini, quel bravo statuario che a suo tempo lavorò i così bei camini, e figure ne' Palagi Favi, Magnani e in ogni luogo", eseguito da Annibale Carracci (1678, p. 357).
Tali notizie valgono soprattutto a confermare i rapporti tra il F. e i Carracci e a convalidare l'interpretazione che dell'opera dello scultore è stata tracciata dagli studi recenti. Come accade per il gruppo degli scultori operosi a Bologna dalla fine del Cinquecento fino a tutta la prima metà del Seicento, l'attività del F., che fu soprattutto plasticatore, si colloca nell'orbita dell'accademia carraccesca e spesso npercorre gli stessi luoghi in cui lavorarono Ludovico, Agostino ed Annibale.
Nel 1588 il F. eseguì per i monaci olivetani di S. Michele in Bosco un gruppo in stucco raffigurante S. Michele che, distrutto agli inizi dell'Ottocento, fu pagato all'artista in data 1° luglio 1588 (Arch. di Stato di Bologna, Demaniale, "S. Michele in Bosco", 177/2349, c. 40).
Altri più modesti interventi in S. Michele in Bosco, andati perduti, sono attestati dalle fonti archivistiche nel biennio 1589-90 fino al secondo impegno di rilievo per gli olivetani del 1592: la decorazione in stucco - distrutta - del camino della foresteria nuova con quattro figure e altri ornamenti collocati intorno all'affresco di Ludovico Carracci raffigurante la Cena di Pietro in casa di Simone cuoiaio (Malvasia, 1678; per la documentazione archivistica ed un riesame critico dell'attività del F. in S. Michele in Bosco, Cammarota, 1986, p. 39; un'illustrazione del camino nel suo stato attuale, dovuto ad un rifacimento settecentesco, con l'affresco di Ludovico si vede in R. Roli, in S. Michele in Bosco, a cura di R. Renzi, Bologna 1971, p. 219).
Si datano allo stesso anno 1592 le decorazioni a stucco in Palazzo Magnani, di cui rimangono, nonostante le perdite, consistenti tracce.
Sono del F. le sculture di ben tre camini del palazzo: quello, al piano nobile, con un dipinto di Lavinia Fontana, raffigurante il Sacrificio di un toro, firmato e datato 1592 (ora nella Pinacoteca civica di Imola); l'altro, al piano terreno, con un Apollo di Ludovico Carracci; il terzo, su disegno di Floriano Ambrosini, nel salone affrescato dai Carracci con le Storie di Romolo e Remo. e recante, sotto lo stemma di famiglia, l'iscrizione in caratten capitali: "Laurentius Magn. Senator MDXCII", ad indicare il committente dei lavori (Lorenzo Magnani) e la data della loro conclusione: il 1592. Solo quest'ultimo camino si è conservato e testimonia l'opera del F. nelle statue laterali con Marte e Minerva e nei putti reggi-stemma (Riccomini, 1972, p. 66, fig. 150). Sempre nel palazzo Magnani sono del F. l'Ercole con due putti, posto in fondo al cortile, grande statua in stucco la cui testa ha un'evidenza ritrattistica forse richiesta dalla committenza, per la volontà di celebrare un componente della famiglia; il busto di Lorenzo Magnani, collocato dentro una nicchia riccamente ornata, posta sopra la porta di ingresso al salone affrescato dai Carracci; e alcuni busti all'antica collocati su porte, in diversi ambienti del palazzo e attribuiti al F. da Riccomini (1972, pp. 66 s.; vedi anche Cammarota, 1986, pp. 39 s.).
Riprende lo schema ornamentale del grande camino di Floriano Ambrosini in palazzo Magnani, quello, tuttora esistente, di casa Pederzani (già Fava), dove spettano al F. le due statue in stucco con Minerva e Venere, cronologicamente collocabili in epoca successiva ai lavori del palazzo senatorio dei Magnani (Riccomini, 1972, pp. 67 s.). Sono databili al 1591-92 (Cammarota, 1986, p. 40) i perduti lavori per la chiesa di S. Francesco e, in particolare, le statue in stucco con i Santi protettori di Bologna nella cappella Palmieri, eretta dal cugino Pietro Fiorini (v. il manoscritto edito da G. Zucchelli, 1954-55, p. 68). La cappella, dotata di una pala d'altare del padre Giovan Battista, fu demolita durante la ristrutturazione tardottocentesca della chiesa.
Sulla medesima iconografia dei Santi protettori di Bologna il F. si era cimentato nella chiesa dell'Oratorio della Morte (come attestano le fonti antiche: Malvasia, 1686, p. 246; Oretti, ms. B 124, c. 240), ma di tale complesso scultoreo non è sopravvissuta alcuna traccia.
Nel 1593-94 il F. partecipò all'ultima grande impresa collettiva dei Carracci, prima della partenza di Annibale per Roma: la decorazione di palazzo Sampieri, dove lo scultore, probabilmente su disegno dei Carracci, realizzò una ricca ornamentazione di stucchi applicati ai camini ed ai cornicioni degli affreschi nelle volte (Cammarota, 1986, p. 40, figg. 13-18), di cui è andata però perduta l'opera di maggiore impegno, su un grande camino, con "due bellissime statue che rappresentano due Virtù, e sopra il camino due Angioli" (Oretti, ms. B 104, c. 47; Riccomini, 1972, p. 67).
Intorno al 1594 sono databili le due statue superstiti di Cesare e Cleopatra, modellate in stucco ai lati della fuga del camino, nel salone a pianterreno di palazzo Zani (Cammarota, 1986, p. 41). Sono perdute le due statue con S. Giacomo e S. Antonio (Masini, 1666, I, p. 313), eseguite dal F. verso il 1594 e collocate ai lati della grande pala d'altare con S. Giacinto (ora al Louvre), dipinta da Ludovico Carracci in S. Domenico, nella cappella Turrini (Cammarota, 1986, p. 41).
La carriera artistica del F. si concluse nella chiesa di S. Bartolomeo di Reno (o Madonna della Pioggia): qui nel 1595, come documenta una lapide dedicatoria, lo scultore lavorò alle decorazioni marmoree della cappella Gessi, ornata di dipinti di Agostino e di Ludovico Carracci (Riccomini, 1972, p. 67; Canimarota, 1986, p. 41, figg. 19a, 19b).
Del F. rimane la Pietà in terracotta sulla porta centrale del palazzo del Monte di Bologna.
Non appartiene al F. la Pietà in terracotta, posta sulla porta centrale del palazzo del Monte di Bologna, che gli è stata sempre attribuita, a partire dal Masini (1666, I, p. 171) fino al Riccomini (1972, p. 68); nel 1996 Bacchi, recuperando un'indicazione della Graticola di Bologna (1560) di Pietro Lamo, ha suggerito per l'opera il nome dello scultore Francesco Manzini, attivo intorno al 1531.
Va invece espunta dal catalogo del F. la Memoria del cardinale Girolamo Agurchi nella chiesa di S. Giacomo Maggiore che una consolidata tradizione storiografica gli riferiva: gli stucchi del monumento furono, infatti, eseguiti intorno al 1609-10, quando il F. era già morto (Cammarota, 1993, p. 322). Come è emerso da recenti studi (Cammarota, 1986, p. 37), la morte dell'artista dovette infatti cadere nel 1595, tra il 9 maggio (quando risulta eletto perito di parte negli atti del lungo processo che oppose il cugino Pietro Fiorini e i frati del convento di S. Francesco) e il 20 dicembre (data del primo testamento del padre, in cui il F. è nominato come defimto.
Per un elenco delle opere perdute del F. si rimanda a Cammarota (1986, pp. 41, 46 n. 47).
L'analisi critica della produzione dei F., in un arco di attività documentata stretto in sette anni (dal 1588 al 1595), ne riconosce l'abilità di capace traduttore, nel linguaggio della scultura, di stimoli artistici, sollecitati dalla riforma dei Carracci, in grado di rivitalizzare schemi ornamentali e tipologie spesso ancora legati al tardo manierismo.
Fonti e Bibl.: Bologna, Bibl. comunale dell'Archiginnasio, ms. B 124: M. Oretti, Notizie de' professori del disegno (sec. XVIII), cc. 240 s.; Ibid., ms. B 104: Id., Le pitture che si ammirano nelli palagi e case de' nobili della città di Bologna (sec. XVIII), cc. 47, 59 (Indice a cura di D. Scaglietti Kelescian, M. Oretti e il patrimonio artistico privato bolognese, in Documenti dell'Istituto per i Beni artistici culturali naturali della Regione Emilia Romagna, XXII, Bologna 1985, pp. 101 s.); A. Masini, Bologna perlustrata, Bologna 1666, I, pp. 38, 105, 113, 171, 374; C.C. Malvasia, Felsina pittrice (1678), Bologna 1841, I, pp. 252, 357; Id., Le pitture di Bologna (1686), a cura di A. Emiliani, Bologna 1969, pp. 281 s. e passim; Il patrimonio artistico e architettonico di Bologna 1792, introd. di A. Emiliani, in Documenti dell'Istituto per i Beni artistici culturali naturali della Regione Emilia Romagna, VIII, Bologna 1979, p. 73; M. Gualandi, Memorie originali ital. riguardanti le Belle Arti, IV, Bologna 1843, p. 162; F. Malaguzzi Valeri, La chiesa e il convento di S. Michele in Bosco, Bologna 1895, pp. 57-59; G. Zucchini, S. Michele in Bosco di Bologna, in L'Archiginnasio, XXXVIII (1943), pp. 48, 53, 57; E. Riccomini, Ordine e vaghezza. La scultura in Emilia in età barocca, Bologna 1972, pp. 65-69; G. Cammarota, G. F., uno scultore all'Accademia degli Incamminati, in Atti e mem. dell'Accademia Clementina di Bologna, XIX (1986), pp. 34-46; Id., La Memoria Agucchi in S. Giacomo Maggiore a Bologna, in Il Classicismo. Medioevo Rinascimento Barocco, Bologna 1993, pp. 313-326; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 3.