DONDI DALL'OROLOGIO, Gabriele
Nacque a Chioggia intorno al 1328, primogenito del medico Iacopo e della nobile Zaccarota di Daniele Centrago. Come il fratello Giovanni apprese la medicina in Chioggia alla scuola del padre, così affermata da richiamare allievi da Venezia, Vicenza e Belluno. Quandola famiglia si trasferì a Padova, dopo il 1342, scelse di restare a Chioggia, dove continuò l'insegnamento paterno. Intorno al 1373 si trasferì a Venezia, come medico stipendiato dal governo per il servizio pubblico, e abitò a S. Moisè. Ormai noto come maestro e professionista, si laureò in medicina a Padova solo per essere ammesso al Collegio dei medici di Venezia: conseguì la licentia prima del 17 giugno 1374 e in tale data ottenne la gratia di accedere al dottorato senza spese e solennità.
Uno dei suoi primi biografi, lo Scardeone, accreditò la notizia che egli avesse accumulato in Venezia immense ricchezze e che vi fosse assurto alla fama di nuovo Ippocrate; in realtà il suo stipendio fu modesto, appena 5 lire di grossi l'anno, mentre altri medici ne guadagnavano 9, e altrettanto modesta fu la sua fama, sicuramente inferiore a quella del padre e del fratello. Sembra tuttavia che egli sia stato medico del doge Michele Morosini, morto di peste il 15 ott. 1382.
Nel Libellus de magnificis ornamentis regie civitatis Padue, scritto intorno al 1446, il medico padovano Michele Savonarola gli attribuì un'operetta astrologica: la rielaborazione delle tavole alfonsine dei moti planetari secondo il meridiano di Padova, ma alla sua testimonianza si oppone quella più autorevole, ed accolta da tutti i moderni storici della scienza, del matematico Prosdocimo Beldomandi (Favaro), suo contemporaneo e concittadino, che nel 1424 assegnava l'opera a Iacopo. Sebbene dal Fabricius in poi bibliografi e storici della medicina concordino nel negare al D. qualsiasi opera, pure il Bellemo rivendicò a lui un'opera spettante invece a suo padre Iacopo, ossia il compendio alle Derivationes del grammatico Uguccione da Pisa, di cui l'erudito padovano Bernardino Scardeone attestava nel 1560 un manoscritto copiato a Venezia nel 1372. Senza tener conto che si trattava di una copia il Bellemo, sostenne che solo il D. poteva trovarsi a Venezia a quella data, non certo Iacopo, morto dal 1359.
Più che per tali attribuzioni confutate o controverse e anche più che per la carriera di buon medico pratico, il D. merita di essere ricordato per i suoi legami con le cerchie petrarchesche padovana e veneziana e per la sua cultura di medico-letterato, accostabile a figure più note, quali Guido da Bagnolo, Guglielmo da Ravenna e soprattutto suo fratello Giovanni.
Coltivò i classici e si esercitò nell'epistolografia preumanistica, come risulta da una sua lettera a Paolo De Bernardo e da alcune risposte di suoi corrispondenti: il fratello, Lombardo Della Seta, il gran cancelliere veneziano Benintendi Ravignani e appunto il De Bernardo, allievo ed amico di quest'ultimo. Pur visitando spesso Giovanni a Padova dove è documentato, ad esempio, nel 1364 il D. doveva discorrere con lui epistolarmente su temi letterari: nel Vat. Lat. 5223, ff. 134r-135r è conservata infatti una risposta di Giovanni al D. sulla tranquillità dell'animo. Da Pavia Giovanni gli chiese poi, nel periodo 1380-81, di trasmettere al comune amico Lombardo a Padova la lettera in cui chiedeva notizie delle opere del Petrarca e della loro diffusione. Benintendi lo mise in relazione col De Bernardo, cui il D., il 20 ag. 1367, dopo la morte del gran cancelliere, scrisse chiedendo di diventare suo amico. Il De Bernardo gli rispose da Capodistria il 16 ottobre dello stesso anno, rievocando la figura di Benintendi e scusandosi di non avere cercato lui per primo l'amicizia del Dondi. Latore delle lettere fu il medico Andrea Bonacato degli Albarisani da Chioggia, discendente da una famiglia di chirurghi e amico del D., che nel 1365 voleva suo procuratore in Chioggia.
Alla cerchia petrarchesca il D. fu legato anche da relazioni familiari: la sua prima moglie, Giustina di Manfredino Pasquali, era infatti parente del cancelliere di Chioggia Giacomo Pasquali, corrispondente di Pietro da Moglio e forse dello stesso Petrarca. Il matrimonio avvenne prima del 1354 e fu festeggiato da Giovanni col sonetto "Molto mi giova che la condizione" (ed. A. Daniele, Vicenza 1990, p. 25), sul topos umanistico dei pro e contro al prender moglie. Da Giustina, che mori nel 1380, ebbe due figlie, Anna e Caterina, e cinque figli, di cui conosciamo solo Francesco, studente in arti e medicina a Padova dal 1380. Nello stesso anno della morte di Giustina il D. si risposò con Caterina di Donato Borato, anche lei di Chioggia.
Il D. mori a Venezia, insieme con tutti i suoi figli, nella peste del 1383, tra il 2 agosto e il 21 ottobre, e fu sepolto nel duomo di Padova, accanto al padre.
Fonti e Bibl.: M. Savonarole Libellus de magnificis ornamentis regie civitatis Padue, in Rerum Italic. Script., 2 ediz., XXIV, 15, a cura di A. Segarizzi, pp. 38 nota 2, 40; Monumenti della Univ. di Padova (1318-1405), a cura di A. Gloria, I, Padova 1888, pp. 449 s. nn. 864 s.; B. Scardeone, De antiquitate urbis Patavii, Basileae 1560, pp. 206 s.; A. Portenari, Della felicità di Padova, Padova 1623, p. 270; G. Salomonio, Urbis Patavinae inscriptiones, Patavii 1701, p. 27; N. C. Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini, II, Venetiis 1726, p. 158; J. A. Fabricius, Bibliotheca Latina mediae et infimae aetatis, II, Patavii 1754, p. 60; G. Tiraboschi, Storia della lett. ital., II, Milano 1833, pp. 316 s.; G. Favaro, Intorno alla vita ed alle opere di Prosdocimo de' Beldomandi, matematico padovano del sec. XV, in Bull. di bibl. e di storia delle scienze matematiche e fisiche, XII (1879), p. 199; B. Cecchetti, La medicina in Venezia nel 1300, in Archivio veneto, s. 2, XXV (1883), p. 85; G. Voigt, Die Briefkammlung Petrarcas und der venetianische Staatskanzler Benintendi, in Abhandlungen der historischen Classe der K. Bayerischen Akademie der Wissenschaften, München 1883, pp. 87 ss.; V. Lazzarini, Rimatori venez. del sec. XIV, Padova 1887, p. 18; T. Casini, Tre nuovi rimatori del '300, in Il Propugnatore, n. s., I (1888), 2, pp. 321 n. 115, 342 s. nn. 102 s.; V. Bellemo, Iacopo e Giovanni de' Dondi dell'Orologio, Chioggia 1894, pp. 94-108 e passim; A. Gloria, I due orologi meravigliosi inventati da Jacopo e Giovanni Dondi, in Atti del R. Ist. veneto di scienze lett. ed arti, s. 7, VII (1896), 2, pp. 685, 691; V. Lazzarini, I libri, gli argenti, le vesti di Giovanni Dondi dall'Orologio, in Boll. del Museo civico di Padova, n. s., I (1925), poi in Id., Scritti di paleografia e diplomatica, Padova 1969, p. 260; Id., Paolo de Bernardo e i primordi dell'Umanesimo in Venezia, Genève 1930, pp. 111 ss. e passim; G. Billanovich, Giovanni Del Virgilio, Pietro da Moglio, Francesco da Fiano, in Italia medioevale e umanistica, VII (1964), p. 284; G. Billanovich-E. Pellegrin, Una nuova lettera di Lombardo della Seta e la prima fortuna delle opere del Petrarca, in Classical, Mediaeval and Renaissance studies in honor of B. L. Ullman, II, Roma 1964, pp. 226 s.; G. Billanovich, Il preumanesimo padovano, in Storia della cultura veneta, II, Il Trecento, Vicenza 1976, pp. 106 s.; L. Gargan, Il preumanesimo a Vicenza, Treviso e Venezia, ibid., pp. 156-160; J. Hill Cotton, Name list from a medical register of the Italian Renaissance 1350-1550, Oxford 1976, p. 42; M. L. King, Venetian humanism in an age of patrician dominance, Princeton 1986, p. 214; Padua sidus preclarum. I Dondi dall'Orologio e la Padova dei Carraresi, Padova 1989, pp. 170 s.; G. Dondi dall'Orologio, Rime, a cura di A. Daniele, Vicenza 1990, pp. 25 s.; Nuovo Dizionario istorico, V, Bassano 1796, p. 152; A. Hirsch, Biographisches Lex. der hervorragenden Ärzte, II, p. 294.