DE FORNARI, Gabriele
Nacque da Nicolò a Genova nella seconda metà del secolo XV.
Nicolò fu una delle personalità più autorevoli nella Genova mercantile quattrocentesca: tra le tante cariche da lui rivestite particolare rilievo ebbero quelle di ufficiale dei Banchi (1443), di S. Giorgio (1453, 1456, 1472), di Balia (1458), di Moneta (1461); nel 1464 fu inviato come ambasciatore a Francesco Sforza, duca di Milano; nel 1466 venne proposto a podestà di Chio; nel 1473 fu chiamato a riformare i capitoli della Repubblica e, due anni dopo, fece parte dell'ufficio di Chio.
Come suo fratello Raffaele, il D. concentrò la sua attività nel commercio mediterraneo, diventando un personaggio di primo piano nel gruppo dei "populares". Nel 1488 partecipò, insieme con altri tremila cittadini, alla cerimonia in cui venne giurata fedeltà al nuovo signore di Genova, Gian Galeazzo Sforza, duca di Milano. L'anno seguente venne chiamato a far parte dell'officium Monete e fu membro dell'ufficio di S. Giorgio; sempre in quest'anno, insieme con Nicolò e Antonio Saoli, cui forse era legato da rapporti commerciali, nominò un procuratore per riscuotere alcuni suoi crediti; nel 1500 dovette trasferirsi a Chio, probabilmente per un viaggio di affari; tre anni dopo, venne chiamato a far parte dell'officium Misericordie e venne eletto ufficiale di Borsa. Nel 1504 partì per Roma come membro della solenne ambasceria incaricata di prestare omaggio al nuovo papa, Giulio II. Per accompagnare alla Curia pontificia gli oratori, venne scelto Bartolomeo Senarega, cancelliere della Repubblica. Con istruzioni del 1° febbr. 1504 si ordinò loro di prestare omaggio al papa nella prima udienza; nella seconda si incaricò Stefano Vivaldi di pronunciare l'orazione di rito; dopo la visita ai cardinali e l'incontro coi rappresentanti diplomatici stranieri presso la S. Sede, gli ambasciatori ebbero l'incarico di adoperarsi per affrontare una serie di problemi concernenti i rapporti tra la Repubblica genovese e il Papato.
In particolare, essi dovevano chiedere la conferma dei privilegi concessi a Genova dai pontefici, specialmente da Sisto IV e da Innocenzo VIII; dovevano ottenere che venisse allargato a tutta l'Africa il permesso di commerciare con la Siria e l'Egitto, così come era stato accordato da Alessandro VI ai mercanti genovesi; sul problema di Savona, che si pensava sarebbe stato sollevato dal papa, agli oratori si consigliava di non prendere impegni precisi; li si invitava, inoltre, a farsi carico di alcune questioni concernenti il Banco di S. Giorgio e ad intervenire in due cause agitate presso la Curia romana e concernenti cittadini genovesi; essi dovevano anche adoperarsi per ottenere provvedimenti a favore dell'ospedale di Pammatone e di vari privati; in particolare, si chiedeva un loro intervento per sollecitare il papa a comporre le vertenze esistenti tra Alfonso Del Carretto, marchese del Finale, e suo fratello, il cardinale Carlo Domenico.
L'ambasceria partì da Genova probabilmente il 6 febbraio ed entrò in forma solenne a Roma il 25 dello stesso mese, prima domenica di quaresima, benché essa si trovasse in città già da una settimana, venendo ospitata in campo de' Fiori, nel palazzo degli Orsini (si veda una colorita descrizione di questa solenne entrata in M. Sanuto, Diarii, a cura di F. Stefani, V, Venezia 1881, p. 940). Tre giorni dopo, Giulio II ricevette in pubblico concistoro gli oratori genovesi, che gli prestarono obbedienza. Il 3 marzo essi assistettero all'ingresso in Roma del nuovo prefetto della città, Francesco Maria Della Rovere, e presero parte al suo corteo. Il 17 marzo il papa fece dono agli ambasciatori genovesi della rosa d'oro, come segno di riconoscenza per l'impegno organizzativo e finanziario promesso dalla Repubblica nella lotta contro il Turco. L'ambasceria fece quindi ritorno a Genova il 21 maggio.
L'anno seguente, il D. venne chiamato a far parte dell'officium Bancorum e, nello stesso anno, dell'officium Monete; nel 1506 venne eletto ufficiale di Savona. L'anno seguente, il governatore francese di Genova, Filippo di Clèves, e il Consiglio degli anziani si rivolsero a lui e a Filippo Maruffo, entrambi allora a Napoli, non sappiamo se per affari o perché espressamente inviativi dal loro governo.
I rapporti commerciali col Regno di Napoli erano allora turbati dalla rivalità franco-spagnola e dal conseguente clima di tensione e di reciproche ritorsioni che finivano col colpire gli interessi genovesi nella regione. In particolare, al D. e al Maruffo si chiese di adoperarsi perché venissero bloccate le rappresaglie richieste da don Pedro de Urrea sulle merci dei Genovesi; ai due venivano, altresì, inviate lettere governative da presentare al re per sollecitarne l'intervento personale nella questione.
Non si hanno altre notizie del D. dopo questa data; egli morì prima del 1526.
Aveva sposato Margherita Giustiniani Garibaldi, da cui ebbe vari figli: Francesco, Ottaviano (entrambi iscritti nel Liber Nobilitatis della città), Antonio, Stefano, Pellegrina e Teodorica. Ottaviano fu membro del Consiglio maggiore della Repubblica nel 1533, anno in cui prese parte anche al Consiglio minore; anche Antonio e Nicolò intervennero nella vita politica genovese, il primo venendo chiamato nel Maggior Consiglio nel 1534 e il secondo sempre in questa assemblea nel 1542 e nel 1544.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Archivio segreto, Registri litterarum 43/1819, n. 67; 45/1821, n. 6; 50/1826, n. 19; Ibid., Archivio segreto, Instructiones et relationes 2707 C; Ibid., ms. n. 10: Catalogo dei magistrati della Repubblica di Genova dall'anno 1332 in 1528, cc. 42v, 54r, 197v, 198v; Ibid., Collezione Longhi, ms. n. 480: Famiglie nobili, cc. 21, 131 s., 138, 292; Genova, Archivio storico del Comune, ms. n. 223: G. Pallavicino, Consigli della Casa di San Giorgio, c. 186; Ibid., ms. n. 285: Id., Consigli grandi e piccoli, cc. 46v, 51v, 122, 140; Genova, Bibl. Franzoniana, F. Federici, Alberi geneal. delle famiglie di Genova (ms. sec. XVII), II, c. 88v; A. Giustiniani, Castigatissimi Annali della Repubblica di Genova, Genova 1537, c. CCLVIIIr; B. Senaregae De rebus Genuensibus commentaria, in Rerum Italicarum Scriptores, 2 ed., XXIV, 8, a cura di E. Pandiani, p. 96; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubblica di Genova, in Atti della Soc. ligure di storia patria, LXIII (1934), pp. 3, 234; G. Guelfi Camaiani, Il "Liber Nobilitatis Genuensis" e il governo della Repubblica di Genova fino all'anno 1797, Firenze 1965, p. 213.