CASTAGNOLA, Gabriele
Nato a Genova il 14 dic. 1828 da Emanuele e da Maria Cuola (Genova, Arch. dell'Acc. Ligustica di belle arti, filza Notizie sugli Accademici di merito), frequentò i corsi della locale Accademia Ligustica circa dal 1840 al 1847: in particolare fu iscritto nel 1842 al corso di "principi di figura" (Ibid., Registro degli studenti, 1842), e negli anni 1845, 1846 e 1847 vinse alcuni premi nei concorsi interni fra gli allievi delle diverse classi (Ibid., Registro delle adunanze dei Sig.ri Accademici di merito... 1843-1857, agli anni).
Compiuti gli studi (improntati al rigido tradizionalismo vigente in quegli anni presso l'Accademia genovese), ed in certa misura in contrapposizione a questi, svolse fra il 1849 e il 1852 l'attività di illustratore, pungente e immediato, per i giornali satirici repubblicani La Maga e La Strega.
Anche l'attività pittorica di questi primi anni, del resto, si pose in antitesi con la tradizione accademica, fondandosi infatti su un verismo di "genere", come testimonia fra l'altro il titolo di un dipinto esposto alla Promotrice genovese del 1851: Il primo dolore (ubicazione ignota). Negli anni immediatamente successivi, ossia fra il 1852 (anno in cui è documentata la sua presenza a Genova: Arch. dell'Acc. Ligustica, filza Pensione Durazzo)ed il 1857, il C. si dedicò da una parte al ritratto, improntando i propri modi sempre a un verismo che accentua i dati di lettura psicologica, dall'altra ad una ricca produzione grafica, costituita in gran parte da stampe litografiche.
Di questa fase dell'attività del C. si hanno numerose indicazioni e testimonianze: nel 1852 egli espose alla Promotrice genovese sei ritratti - due a matita e quattro a olio - di cui peraltro non si conoscono i soggetti; a quella del 1855 ne espose altri tre, anche questi di soggetto non identificato.
Sempre nel 1855 eseguì in litografia il Ritratto di Candido Leonardi, Scena di distruzione (dal dipinto di D. Induno) e Il bacio di Giuda (dal dipinto di F. Gandolfi): di queste tre opere si conservano esemplari presso la Raccolta dei disegni e delle stampe della Pinacoteca dell'Accademia Ligustica di Genova.
Ancora nel 1856 espose altri tre ritratti alla Promotrice (anch'essi di soggetto ignoto), e inoltre eseguì le due litografie Ritratto dell'attrice Clementina Cassola-Brissi e Ritratto di Adriano Mari (anche di questi si conservano esemplari nella raccolta dell'Accademia Ligustica) e inoltre il Ritratto di Maurizio Quadrio, disperso.
Nello stesso anno aderì anch'eglì, sebbene momentaneamente, alla tematica risorgimentale con il dipinto Il ritorno dalla Crimea (ubicazione ignota); mentre l'anno successivo. sempre alla Promotrice genovese, espose altri tre ritratti, e datò il dipinto di "genere" Idillio all'Acquasola (già Genova, coll. S. Rebaudi).
Il 1858 segna il passaggio del C. alla pittura a tematica storico-letteraria, che costituirà per circa un decennio la sua attività prevalente e di maggior successo, anche se non certo la più significativa. Va d'altra parte rilevato che l'adesione del C. a questo genere conserva una sua precisa caratterizzazione nella elaborazione di una pittura a tinte calde, libera in certa misura dal compassato e rigido disegno degli esempi contemporanei, e tesa a valorizzare i dati di un'emotività di tipo romantico.
L'esordio del C. nel "genere" storico-letterario è costituito appunto dai dipinti del 18583 ossia Boccaccio e le novellatrici fiorentine (già Genova, prefettura) e Raffaello e la Fornarina (già ibid., esposto alla Promotrice genovese di quell'anno).
Ad essi seguirono nel 1859 Aldruda Donati che presenta sua figlia a Buondelinonte: origine dei Guelfi e Ghibellini (già ibid., esposto alla Promotrice genovese di quell'anno e riprodotto in Rocchiero, p. 11), e nell'anno 1860 Castruccio trovato da Madonna Dianora Castracani (ubicazione ignota, esposto alla Promotrice genovese di quell'anno insieme con il dipinto Venere:quest'ultimo, di cui non si conosce l'attuale ubicazione, fu riesposto alla Promotrice del 1862), nel 1862 Filippo Lippi pittore fiorentino innamoratosi di Lucrezia Buti la fa fuggire dal convento (ubicazione ignota, esposto alla Promotrice genovese di quell'anno): è il primo della fortunata serie di dipinti sullo stesso tema; seguiranno infatti nel 1863 Gli amanti fiorentini, da identificarsi con quello già della collezione Angelo Balbi di Genova, e riprodotto in Labò (tav. XV), e nel 1864 Il primo bacio di Filippo a Lucrezia, esposto in quell'anno a Firenze e forse da identificarsi con l'Episodio di Filippo Lippi e la monaca Buti, già presso la Galleria d'arte moderna di Firenze, e di cui esisteva una variante del 1866 nella coll. Roberto Pittaluga di Genova; fino ad un'ultima replica, Fra Filippo Lippi e la monaca Buti, datata Firenze 1879, pubblicata in Cappellini (1938, ill. 15).
Ed ancora nel 1865 - anno in cui fu nominato accademico di merito presso l'Accademia genovese - eseguì il dipinto che fra quelli storici dovette assicurargli, per il suo truculento romanticismo, il successo maggiore, ossia Il fine di Alessandro de' Medici:esposto alla Promotrice genovese di quell'anno, fii infatti scelto fra le opere rappresentative della pittura italiana contemporanea da inviare all'Esposizione universale di Parigi del 1867 (Genova-Nervi, Civ. Gall. d'arte moderna). Se questo dipinto oggi colpisce per la truculenta emozionalità, fu visto dai contemporanei soprattutto sotto l'aspetto dell'ardimento veristico, più volte sottolineato dall'Alizeri (pp. 445 s.).
Sempre al 1865 risalgono il Savonarola nega l'assoluzione a Lorenzo il Magnifico (già Genova, coll. Angelo Balbi), e Bianca Cappello (Genova, Pinacoteca dell'Accademia Ligustica); all'anno successivo viene datato Dante e Beatrice (di ubicazione ignota), e a circa il 1867 Petrarca che prega il pittore Simon Memmi a volergli ritrarre madonna Laura (ubicazione ignota): tutti questi dipinti furono esposti alle Promotrici genovesi dei rispettivi anni.
Il C. frattanto, intorno al 1860, aveva lasciato Genova e si era recato per un viaggio di studio prima a Roma, poi a Napoli (dove fu alla scuola del Morelli), ed infine a Firenze. A Firenze si stabilì, e vi rimase fino alla morte.
A Firenze, dove la sua presenza è documentata almeno dal 1865 (Arch. dell'Acc. Lig., filza Pensione Durazzo, 2 maggio 1865), ma dove doveva essersi stabilito già da alcuni anni, fu in stretto rapporto, più dal punto di vista di un generico progressismo che non forse per scelte culturali precise, con il gruppo dei pittori del caffè Michelangiolo, oltre che con alcuni genovesi che si erano stabiliti in quegli anni nella città toscana, e soprattutto, fra questi, con Nicolò Barabino.
Schierato con i gruppi progressisti firmó insieme con il Bechi, l'Ademollo ed altri, una protesta contro la commissione di selezione delle opere da inviare all'Esposizione universale di Parigi del 1867 (Gazzettino dellearti del disegno, 2 marzo 1867, p. 53), ed ancora nello stesso anno fu fra i promotori (con Morelli, Martelli, De Nittis, Carducci, Barabino, ecc.) della sottoscrizione a favore della statua Il suicida di Adriano Cecioni (ibid., 13 nov. 1867, p. 319).
L'ambiente fiorentino sviluppò nel C. da una parte la ricerca veristica, dall'altra un'immediatezza rappresentativa, talora perfino bozzettistica, che si traduce in un uso libero del colore, con effetti moderatamente analoghi a quelli della pittura di "macchia": e questo avviene soprattutto quando il C. riesce a liberarsi in parte dei paludamenti retorici e delle remore della pittura di storia (anche se Il fine di Alessandro de' Medici già risente di questa impostazione più libera), come testimonia una delle sue opere tarde, ossia l'Autoritratto dipinto a Firenze nel marzo del 1879 (Genova, Pinacoteca dell'Accademia Ligustica).
Deve probabilmente attribuirsi all'ambiente toscano - almeno in gran parte - la ripresa della tematica di "genere" insieme con quella della pittura "di affetti", che procede a partire dal 1865 (con Odo i suoi passi, ubicazione ignota, esposto alla Promotrice genovese di quell'anno) come alternativa parallela alla pittura di storia, fino a divenire predominante nella fase finale dell'attività del Castagnola. Si tratta di dipinti - tutti esposti alle Promotrici genovesi e di ubicazione ignota - come Le ore d'ozio (1867), M'ama non m'ama (1867), Ofelia pazza (1868: qui si aggiunge una coloritura tematica di gusto tardoromantico), Cristoforo Colombogiovinetto (già conserv. a Genova, coll. S. Rebaudi e riprodotto in Rocchiero, p. 12), Il ritorno dalla cerca (1874), Un fiore (1874), Una dichiarazione d'amore (in Rocchiero, p. 10).
Il C. morì a Firenze il 31 ag. 1883.
Fonti e Bibl.: Oltre ai seguenti catal. della Società Promotrice di Belle Arti editi a Genova, 1855, p. 8; 1856, p. 10; 1857, pp. 13, 16; 1858, p. 11; 1859, p. 12; 1860, pp. 10-12; 1862, pp. 9, 16; 1865, pp. 14, 19, 26; 1866, p. 20; 1867, p. 18; 1868, p. 14; 1874, pp. 17, 27; 1876, p. 23; si veda: F. Alizeri, Notizie dei professorì del disegno in Liguria..., III, Genova 1866, pp. 442, 444-446; A. Merli, App. al sunto storico delle arti.. e dei Princip. artisti in Liguria, Genova 1866, p. 19; Gazzettino delle arti del disegno, 1867, n. 7, p. 537; n. 40, p. 319; M. Staglieno-L. T. Belgrano, Espos. artistico-archeol. industriale (catal.), Genova 1868, p. 75; Atti della Acc. Ligustica di Belle Arti, Genova 1885, pp. 21-25; Educatorio Rachitici Regina Margherita, Strenna 1893, a cura di J. Bernardi, Venezia 1893, pp. 56 ss. (lettera del C. ad A. Pavan, del 1871); A. Balbi, I Liguri nell'arte moderna, Genova 1902, pp. 10-12; M. Labò, Mostra di Pittura ligure dell'Ottocento (catal.), Genova 1926, p. 33, ill. XIV s.; O. Grosso, Romantici e veristi nella pittura genovese (1846-1860), in IlComune di Genova, VI (1926), pp. 252-254; A. Cappellini, Tesori d'arte Patria, in A Compagna, III (1930), 11, p. 32; Id., Ville genovesi, Genova 1931, p. 66; Id., IlPalazzo del governo, Genova 1932, p. 56, tav. XV; Id., La pittura genovese dell'Ottocento, Genova 1938, pp. 79 s., ill. 15; O. Grosso, Mostra di pittori liguri dell'Ottocento (catal.), Genova 1938, pp. 12, 63 s., ill. 18 (rec. di G. Riva in Genova, XVIII[1938], 10, pp. 5, 8); S. Rebaudi, Un dipinto, sin qui sconosciuto di G. C. ispirato a C. Colombo giovinetto, in Genova, XX (1940), pp. 13-15; L. Vitali, Lettere dei macchiaioli, Torino 1953, pp. 222 s.; V. Rocchiero, G. C., in Liguria, XXV (1958), 7, pp. 10-12; F. Sborgi, L'Ottocento: ritardi di un'esperienza, in La pittura a Genova e in Liguria dal Seicento al primo Novecento, Genova 1971, pp. 436 s., 443; Id., Pittura e cultura artistica nell'Accad. Ligustica a Genova 1751-100, Genova 1974, pp. 35, fig. 25, 51, 65 n. 131; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 135.