BOMBASI (Bambasi, Bombaci), Gabriele
Nacque a Reggio Emilia nei primi decenni del sec. XVI da Lodovico. Di famiglia nobile, imparentata con gli Ariosto, studiò forse a Ferrara; il 12 nov. 1549 sposò Giulia di Camillo Zoboli, da cui ebbe due figli, il letterato Asdrubale e Annibale, premortogli nel 1594 a Giavarino combattendo i Turchi.
Pur non avendo gran censo, conduceva la vita sfarzosa del gran signore; colto e amante dell'arte e degli artisti, ma anche altero e vendicativo, era noto per l'eleganza fin troppo accurata e per l'eccessiva propensione verso il gentil sesso. Nel 1567 godeva ormai fama di letterato, se l'Accademia dei Trasformati, di cui era membro, gli affidò la stesura di una tragedia da recitarsi con medio apparato a Reggio nel carnevale di quell'anno; giunta poi la notizia di una futura visita di Barbara d'Austria, consorte di Alfonso II duca di Ferrara, si decise di attenderne la venuta per rappresentare l'opera, che il B. aveva intitolato L'Alidoro.
Non si badò quindi a spese: per le musiche furono chiamati i più noti maestri di Reggio e di altre città d'Italia, le scenografie furono affidate al famoso scultore Prospero Spani Clementi, che in parte le eseguì in vero marmo; finché, il 2 nov. 1568, l'Alidoro poté andare in scena nella Sala delle Commedie, con enorme successo, alla presenza della duchessa, del Guarini, e forse anche del Tasso, che dall'Alidoro trasse probabilmente spunto per il suo Torrismondo.
In verità la fama dell'Alidoro è legata, più che al testo del B., alla musica da cui esso era accompagnato, opera, forse, di maestri fiorentini e di quel conte Alfonso Fontanelli reggiano che ebbe dimestichezza con I. Peri e gli altri della Camerata. Non sappiamo se il B., che nel Successo dell'Alidoro si rivela esperto di cose musicali e sostenitore del recitativo e della monodia, abbia avuto qualche parte nella composizione delle musiche; in quanto al testo, esso non si distacca né per valore letterario né per originalità di contenuto dalle tante tragedie dell'epoca. L'argomento - variamente desunto dall'Edipo sofocleo, dalla Canace dello Speroni, dall'Orbecche del Giraldi e dall'Amadigi di B. Tasso - è la truce storia del figlio dell'ambizioso Memprizio, fratello del re d'Inghilterra, che affidato al mare da un servo pietoso, al quale, in seguito alle previsioni dell'oracolo, era stato comandato di ucciderlo, è allevato come figlio dal re di Scozia col nome di Alidoro (ἁλὸς δῶρον). Cresciuto e inviato presso Memprizio, che uccidendo il fratello è divenuto re, alla corte di Londra s'innamora di Cordilla figlia di Memprizio, da cui ha un figlio. Divenuto poi re di Scozia, dopo una lunga guerra riesce a strappare il consenso alle nozze; ma durante i preparativi Memprizio, cui l'oracolo svela che Alidoro è suo figlio, fa uccidere Cordilla e il nipote ed è a sua volta ucciso da Alidoro, che infine, conosciuta la verità, si suicida. Il B. non pubblicò l'Alidoro, il cui unico manoscritto, riveduto dal figlio Asdrubale, si trova alla Comunale di Reggio (Racc. Curti, n. 241, 4); della rappresentazione fu però stampato il resoconto, il cui anonimo autore è da identificarsi con certezza quasi assoluta nel B. stesso. Il successo dell'Alidoro,tragedia rappresentatain Reggio allasereniss. Regina Barbara d'AustriaDuchessa di Ferrara (Reggio s.d., ma con dedicatoria a Virginia Ruggieri contessa di Canossa datata il 17 nov. 1568) è quindi interessante per le notizie relative alla messa in scena e alla rappresentazione; prezioso per quelle sulla musica, che non ci è stata altrimenti tramandata.
Entrato al servizio dei Farnese, ebbe la protezione principalmente del duca Ottavio, che tra l'altro lo inviò in missione presso la Repubblica veneta e gli affidò l'educazione del nipote Edoardo; comunque trascorse gran parte della vita nella città natale, dalla quale la sua assenza continuativa è documentata solo negli ultimissimi anni del secolo. Intorno al 1577 Ottavio Farnese lo aveva creato governatore d'Altamura e chiedeva al fratello cardinale Alessandro di persuadere il Tasso perché rinunciasse a un beneficio su un'abbazia del Bresciano a vantaggio del B., che lo aveva chiesto per un suo figlio. Morto nel 1586 il suo protettore, il B. ne pronunciò l'orazione funebre (Gabrielis Bombasii In funere OctaviiFarnesii,Parmae,et PlacentiaeSerenissimi Ducis,Oratio, Parmae 1587); continuò poi a servirne i successori, finché dal 1596 in poi lo troviamo tra Roma e Caprarola, al servizio di quel cardinal Edoardo di cui era stato precettore. Nel 1599, sentendosi prossimo alla morte, fece porre nella cappella che aveva eretto nella chiesa romana di S. Caterina una lapide, esprimendo tra l'altro la volontà di essere quivi sepolto.
Della corrispondenza del B. poche lettere ci restano: la più antica (B. Pino, Della nuova scielta di letteredi diversi nobilissimihuomini..., II, Venezia 1582, pp. 258-60, con l'errata firma di B. Tasso), scritta da Reggio il 15 ag. 1565 a G. B. Galeotta, accenna a un amore sfortunato; un'altra, pubblicata dal Tiraboschi nel sesto volume della Biblioteca Modenese, è scritta da Reggio il 31 dic. 1572 a G. Vasari, per ringraziarlo da parte del Clementi dell'onorevole menzione riservatagli nelle Vite e per fornirgli informazioni più ampie e più esatte sulla sua vita e le sue opere. Tre lettere infine (B. Zucchi, L'idea del segretario, II, Venezia 1600, pp. 43 s., 356 s.) risalgono al 1596: vivace e interessante quella in cui descrive al Guarini una recita del Pastor fido fattasi a Ronciglione, e l'altra in cui invita il priore di Modigliana agli ozi dorati di Caprarola. Solo il titolo ci è rimasto di una seconda tragedia del B., la Lucrezia Romana.
Morì improvvisamente a Roma verso la fine del 1602.
Bibl.: I. N. Erithraei [G. V. Rossi] Pinacotheca Imaginum illustrium, doctrinae vel ingenii laude, virorum…, Coloniae Agrippinae 1643, pp. 70-71; G. Tiraboschi, Biblioteca Modenese, I, Modena 1781, pp. 309-14; VI, ibid. 1786 pp. 36 s., 381-83; Le lettere di G. Tiraboschi al P. J. Affò, a cura di C. Frati, Modena 1905, p. 230 n.; G. Crocioni, La drammatica a Reggio nell'Emilia durante il Rinascimento, in Studi di lett. ital., IX (1909), pp. 95-99, 109-118, 128-135; A. Valente, T.Tasso e i Farnesi, in Giorn. storico della letter. ital., LXXVII (1921), pp. 234 s.; G. Crocioni, L'Alidoro o Dei primordi del melodramma, in Atti e Mem. della R. Deput. di st. patria per l'Emilia e laRomagna, III (1938), pp. 17-52.