GOZZADINI, Gabione
Nacque a Bologna intorno al 1370, da Nanne di Gabione e da Giovanna Negrisoli, primogenito, probabilmente, di numerosi figli.
Seguendo quella che era già una tradizione familiare si dedicò presto all'attività bancaria presso il banco del padre e dello zio Bonifacio a Bologna. Nella primavera del 1398 venne inviato a gestire il banco che la famiglia aveva attivato a Roma. Vi si trasferì con la moglie da poco sposata, Chiara, figlia di Bartolomeo Bolognini, un ricco mercante di seta, attivo anche nella politica cittadina. Dalla loro unione nacquero quattro figli: Carlo, Scipione, una bambina di cui non è noto il nome, morta poco dopo la nascita, e Cesare, nato alla fine del 1403 e presto anche lui scomparso.
Il giro d'affari del banco di Roma traeva alimento dai rapporti con i corrispondenti in piazze italiane, Genova e Venezia in primo luogo, e tedesche, quali Magonza, Colonia e Norimberga; ma era ovviamente impegnato nei prestiti, in particolare ai numerosi dignitari ecclesiastici presenti nella città e anche ai vari signori italiani e capitani di ventura.
Nel 1401 il G. assunse l'incarico di depositario della Camera apostolica, incarico che a seguito della riforma operata da Bonifacio IX gli imponeva di anticipare l'importo delle entrate da riscuotersi dai vari collettori. Al termine dell'esercizio annuale egli si trovò creditore di oltre 2800 fiorini e il 27 novembre il camerlengo Corrado Caracciolo gliene attestava il diritto al rimborso. Non è sicuro che tale diritto abbia avuto esito positivo, tanto più che nello stesso anno il G. fu indotto a prestare alla Camera apostolica, le cui rendite erano gravemente compromesse dalla perdita delle ricche province di obbedienza avignonese, altri 2000 fiorini. Per la loro restituzione Bonifacio IX impegnò con breve del 29 nov. 1402, indirizzato a Giovanni Manco arcidiacono d'Aquileia, le rendite della collettoria di Romagna. Un parziale riscontro per questi esborsi per le esigenze della corte pontificia fu l'investitura, attribuita al G. nello stesso anno 1402, del porto fluviale della Catena sul Po.
A Roma il G. aveva instaurato rapporti di particolare intesa con alcuni alti prelati. Preziosi si rivelarono quelli con Cosma Migliorati, vescovo di Bologna ma residente in Curia; con Landolfo Maramaldo, cardinale e vescovo di Bari, al quale il G. era stato ufficialmente raccomandato dal Comune di Bologna all'atto del suo trasferimento a Roma; con Francesco Carboni, cardinale e vescovo di Monopoli; e soprattutto con Corrado Caracciolo, congiunto di papa Bonifacio IX e da lui nominato arcivescovo di Nicosia e preposto alla Camera apostolica. Il G. annoverò a lungo quale suo amico anche Baldassarre Cossa, che fu poi cardinale, legato di Romagna e antipapa col nome di Giovanni XXIII (deposto il 29 apr. 1415). Lo aveva conosciuto a Bologna, ove B. Cossa si era laureato ed era stato arcidiacono della cattedrale. A Roma aveva riallacciato con lui rapporti molto stretti, che avevano portato Cossa ad accettare la veste di padrino di uno dei figli del Gozzadini.
Parte non secondaria dell'attività del G. a Roma era naturalmente quella di seguire con attenzione le evoluzioni della politica pontificia, tenendone informato il padre, ormai chiaramente impegnato in uno scontro che aveva per posta la preminenza e forse la signoria in Bologna, e curare ogni intervento atto a consolidare le posizioni di amici e congiunti che avevano assunto l'abito religioso. Un impegno particolare in questo settore era stato da lui profuso all'inizio della sua attività a Roma, quando nella primavera del 1400 Bonifacio IX venne indotto a nominare abate di Nonantola Delfino, fratello del G., e abate di Pomposa suo cugino Battista, figlio di Bonifacio, già preposto all'abbazia nonantolana. Questa duplice nomina, di cui il G. rivendicava almeno in parte il merito, aveva indubbiamente rafforzato le posizioni della famiglia in due zone essenziali per le ambizioni del padre e dello zio.
Ma sulla gestione da parte del G. del banco di famiglia in Roma e sul suo complessivo comportamento a partire dal 1402 vennero ad addensarsi pesanti ombre. Due lettere di Nanne manifestano chiaramente la sua delusione per il comportamento del figlio. Nella prima, scritta da Bologna il 31 ottobre, gli rimprovera una eccessiva disinvoltura nella elargizione di prestiti e una scarsa attenzione nei rapporti con i corrispondenti italiani e tedeschi. Nella seconda, scritta il 12 dicembre, il rimprovero si fa molto più aspro. Ne era motivo non solo l'improvvida gestione degli affari, che Nanne nuovamente rilevava, ma anche l'aver appreso che il G. si era fatto irretire dal gioco, fino a perdervi una consistente parte dei 1000 ducati che la moglie gli aveva recato in dote. Gli scrive pertanto di fargli avere a Bologna quanto resta per curarne di persona l'investimento onde evitare peggiori conseguenze e con altrettanta decisione gli chiede di fargli conoscere esattamente i conti del banco. Non sappiamo quale sia stata la risposta del G., ma sembra che le falle aperte nella gestione del banco romano fossero veramente gravi. Probabilmente per questo motivo alla fine di maggio del 1403 il G. lasciò Roma per recarsi a Venezia, ove il fratello Giacomo sovrintendeva al banco della famiglia.
A Giacomo il G. era stato sempre molto legato. Ne aveva fatto il suo corrispondente privilegiato da Bologna e dal dicembre 1401 lo aveva avuto per qualche tempo suo coadiutore a Roma. Nell'estate precedente Giacomo aveva collaborato strettamente col padre e un altro fratello, Castellano, nella gestione dei rapporti d'affari con i Visconti. Fu quindi inviato a Venezia dove nell'estate del 1403 lo raggiunse il G. e lo convinse a fornirgli i 6000 ducati che gli erano necessari per far fronte agli impegni assunti con il cardinale B. Cossa.
Era allora da poco iniziata la guerra che vedeva coalizzati contro Caterina Visconti, vedova di Gian Galeazzo e reggente per il figlio Giovanni Maria, un folto gruppo di oppositori vecchi e recenti del duca di Milano. Vi avevano parte Firenze, Francesco da Carrara e il papa, rappresentato da Cossa di recente nominato cardinale e legato di Romagna. Erano loro alleati Niccolò (III) d'Este, cui era stato attribuito il comando generale dell'esercito della lega, i signori di Carpi e di Rimini e diversi bolognesi, capeggiati da Nanne e Bonifacio Gozzadini. Pochi mesi prima essi avevano visto ricompensato l'aiuto dato a Gian Galeazzo a insignorirsi di Bologna con l'investitura in feudo delle terre di Cento e Pieve di Cento. Ora militavano nel campo opposto. La guerra che sembrava avviata sotto i migliori auspici per la lega antiviscontea ebbe peraltro una brusca conclusione con la pace separata, stipulata il 25 ag. 1403 da Caterina Visconti con Cossa a nome del papa. Ne furono compromessi gli interessi degli alleati, ma il papa rientrava in possesso dei territori dello Stato della Chiesa che i Visconti gli avevano sottratto. Tra i territori rivendicati e ottenuti dal papa vi era naturalmente la città di Bologna e il legato pontificio vi fece il suo ingresso trionfale il successivo 3 settembre. Lo accompagnava anche Nanne, a capo di una schiera di armati provenienti da Cento e Pieve di Cento. Alla fine dello stesso mese il cardinale attribuiva a Nanne e a Bonifacio il vicariato apostolico sulle terre di Cento e Pieve di Cento, già concesse loro in feudo da Caterina Visconti. Ma l'intesa tra i due Gozzadini e B. Cossa, suggellata dalla concessione del vicariato, non durò neppure un mese.
La rottura dell'intesa prese avvio da una azione promossa dal G., che all'inizio dell'ottobre 1403, diretto a Roma, si era fermato a Bologna. Qui lo attendeva Cossa per farlo latore - così gli aveva comunicato - di un suo messaggio al papa, appena fosse giunto a Roma. Il G. incontrò il cardinale, ma non partì per Roma. Prese invece una iniziativa del tutto estranea alla sua formazione ed esperienza di uomo di banco. Nel pomeriggio del 26 ottobre alla testa di un gruppo di armati occupò la piazza, inneggiando alla Chiesa e proclamando di voler liberare la cittadella occupata dalla fazione maltraversa, tradizionalmente ostile al dominio di Roma. Cossa parve in un primo tempo condividere l'iniziativa, ma, chiamati i suoi sostenitori alla piazza e fattosene padrone, ordinò loro di arrestare il Gozzadini. La notte seguente Bonifacio, zio del G., con un proprio gruppo di armati, tentò di impadronirsi di porta S. Stefano, venne respinto e cadde anch'egli prigioniero. Cossa fece avvertire immediatamente Nanne, che appariva intenzionato ad agire militarmente contro la città, che ogni sua iniziativa ostile avrebbe avuto gravissime conseguenze per i suoi due congiunti, rinchiusi nel carcere bolognese. La minaccia ebbe effetto e Nanne, che si stava dirigendo verso la città alla testa di un forte contingente di fanti e cavalieri, si ritirò. Ciò non bastò a fermare la vendetta di Cossa. Contro Bonifacio fu subito allestito un processo che si concluse con altrettanta rapidità e il 3 novembre Bonifacio fu decapitato.
Di una sorte simile era chiaramente minacciato anche il G., ma contro di lui Cossa agì con minore precipitazione, limitandosi in un primo tempo a far confiscare il banco di Roma e a far arrestare i familiari del G. che si trovavano in quella città: il fratello Castellano, il cugino Brandaligi, i due piccoli figli e la moglie Chiara in avanzato stato di gravidanza. La loro prigionia gli serviva quale strumento di pressione nei confronti di Nanne per indurlo a lasciare Cento e Pieve di Cento, ove si era fortificato e che costituivano per lui una evidente minaccia.
Dalla prigione bolognese il 1° dic. 1403 il G. scrisse al padre una lettera che appare se non proprio dettata materialmente, quanto meno ispirata da Cossa. Il G. vi descriveva la triste situazione sua e dei suoi familiari nell'imminenza di un processo a suo carico nel quale non avrebbe avuto possibilità di difesa. Lo scongiurava di cedere Cento e Pieve di Cento al legato e gli enumerava le sconfitte e le umiliazioni di coloro che avevano cercato di opporsi alla riaffermazione dei diritti del papa sulle terre della Chiesa. Gli chiedeva di aver pietà di lui, ancora giovane e padre di tre figli piccoli, dell'ultimo dei quali non conosceva neppure il nome, e concludeva avvertendolo che se non si fosse piegato la sua condanna a morte sarebbe stata certa.
La lettera non conseguì lo scopo che il G. e soprattutto Cossa si erano prefissi. Nanne non cedette, ma neppure il cardinale ammorbidì la sua intransigenza. Il 3 genn. 1404 fu emessa sentenza di confisca dei beni e di bando capitale nei confronti di Nanne e di diversi suoi seguaci. Il 30 gennaio successivo il podestà di Bologna pronunciò sentenza di morte nei confronti del G., che venne immediatamente condotto sul luogo del supplizio. Gli ambasciatori di Venezia e di Firenze si interposero, offrendosi di trattare con Nanne la consegna di Cento e Pieve di Cento. Il legato acconsentì e l'esecuzione del G. fu differita al 9 febbraio. Nelle trattative fu coinvolto Niccolò d'Este, amico e sostenitore di Nanne, ma questi non dette segno di cedere. Per fiaccarne la resistenza B. Cossa fece condurre il G. sotto buona scorta di soldati e accompagnato dal suocero Bartolomeo Bolognini di fronte alle mura di Cento, ove Nanne si era attestato. Neppure quest'ultimo appello al sentimento paterno ebbe successo.
Il 9 febbr. 1404, scaduto il rinvio, il G. fu decapitato nella piazza di Bologna.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Arch. Gozzadini, b. 4, doc. 13 dic. 1401; Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Arch. Gozzadini, bb. 1, reg. 2: Libro di ricordi di Castellano di Nanne, cc. 4, 6, 18v, 27; 41, f. Gabione; 42, f. Giacomo; 44, f. Nanne; 110, docc. 26, 41, 50; 111, docc. 7, 13; 114, doc. 5; Corpus chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XVIII, 1, vol. III, ad ind.; M. de Griffonibus, Memoriale historicum de rebus Bononiensium, a cura di L. Frati - A. Sorbelli, ibid., XVIII, 2, ad ind.; Pietro di Mattiolo, Cronaca bolognese, a cura di C. Ricci, Bologna 1885, ad ind.; P. Zambeccari, Epistolario, a cura di L. Frati, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XL, Roma 1929, p. 70; V. Valentini, Il "Liber recordationum" (1389-1437) di Gozzadino di Simonino Gozzadini giureconsulto bolognese, Milano [1970], p. 11; F. Pizolpasso, Summa, hover Cronica (600-1440), a cura di A. Antonelli - R. Pedrini, Bologna 2001, p. 185; C. Ghirardacci, Historia dei vari successi d'Italia e particolarmente della città di Bologna, II, Bologna 1669, ad ind.; O. Mazzoni Toselli, Racconti storici estratti dall'Archivio criminale di Bologna, II, Bologna 1868, p. 399; G. Gozzadini, Nanne Gozzadini e Baldassarre Cossa, poi Giovanni XXIII, Bologna 1880, passim; A. Esch, Bankiers der Kirche im grossen Schisma, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XLVI (1966), pp. 342-355, 392; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v.Gozzadini di Bologna, tav. VI/a-b.