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FUSTEL DE COULANGES, Numa-Denis

di Francesco Cognasso - Enciclopedia Italiana (1932)
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FUSTEL DE COULANGES, Numa-Denis

Francesco Cognasso

Uno dei maggiori storici francesi del sec. XIX, nato a Parigi il 18 marzo 1830, morto a Massy il 12 settembre 1889. Entrò nell'École normale supérieure di Parigi nel 1850; ne uscì nel 1853 e passò all'École française di Atene. Stette dal 1853 al 1855 a Chio, occupato a studiare la storia dell'isola, di cui diede notizie importanti (Revue des questions historiques, 1856). Nel 1858 sostenne la tesi di dottorato con una dissertazione su Polybe ou la Grèce conquise par les Romains (ibidem, 1858). Insegnò storia nel liceo di Amiens (1855-1858); poi al liceo Saint-Louis di Parigi (1858-1860). Nel 1860 fu nominato professore di storia alla facoltà di lettere di Strasburgo dove rimase sino al 1870, nel quale anno fu nominato maître des conférences all'École normale. Nella primavera di quello stesso anno da Napoleone III fu chiamato a fare un corso di lezioni a corte. Nel 1875 passò professore alla Sorbona. La sua attività storica si divide in due fasi. Nella prima si addentrò nell'esame della civiltà antica, che svolse nel suo capolavoro, comparso a Parigi nel 1864, La cité antique (traduzione italiana di G. Perrotta, Firenze 1924).

Tutto il libro è costruito intorno a due intuizioni fondamentali: il F. vide per primo che il culto degli antenati e il culto del focolare hanno avuto per i Greci e per i Romani più antichi un significato assai più profondo che i culti e i miti degli dei maggiori; e per primo vide che lo stato antico è unità gentilizia e sacrale. Questi due concetti, che si riducono, in fondo, a uno solo, sono la parte viva e vitale della Cité antique. Benché il F. non distingua abbastanza tra Grecia e Roma, e tra le varie città greche, e benché la sua critica storica sia insufficiente, la sua opera si legge ancora come un libro geniale e ricco. Non bisogna dimenticare che sulle orme del F. si mise Erwin Rohde con la sua Psyche, e che del F. il Rohde fu, con piena consapevolezza, un continuatore. Di modo che all'opera del F. si riannodano, direttamente o indirettamente, gli studî più recenti di storia della religione antica e di storia dello stato antico.

Ma il soggiorno a Strasburgo e le necessità dell'insegnamento rivolsero l'attenzione del F. dall'antichità ai problemi della storia medievale e moderna, specie francesi; gli avvenimenti del 1870-71, il conflitto con la Germania e, nel campo politico e nel campo intellettuale, la lunga controversia interna circa il nuovo assetto dello stato francese, lo fissarono sul problema delle istituzioni politiche. Ideò allora una Histoire des institutions politiques de l'ancienne France, di cui il primo volume comparve a Parigi nel 1875 (2ª ed. 1877), il secondo nel 1888; gli altri furono editi postumi da C. Jullian (Parigi 1890-92, 4 voll.), perché l'autore, dopo aver creduto di poter condurre l'esame delle istituzioni sino alla Rivoluzione del 1789, si accorse che la storia della Francia nell'alto Medioevo era tutta da rifare. Ricerche particolari, laterali, comparvero in varî volumi come preparazione o delucidazione di particolari punti; il F. si fermò al problema della feudalità, che cercò di vedere nella sua genesi e nel suo sviluppo, con idee che, se in gran parte non sono più accettabili, furono tuttavia di grande importanza e fecondità nella storiografia moderna.

L'opera del F. rappresenta la crisi attraversata dalla Francia fra il 1860 ed il 1880. Mentre la storiografia francese della prima metà del secolo aveva considerato la storia della Francia come preparazione secolare al trionfo delle libertà costituzionali, e aveva accettato i principî del Medioevo creazione dell'invasione germanica, il F. respinse queste concezioni; protestò che invasioni, razza, nazionalismo, patriottismo non avevano valore nello studio della storia. Negò che le invasioni germaniche abbiano segnato l'inizio di una vita nuova, che i Germani abbiano portato nella cìviltà romana costruzioni politiche, istituzioni nuove. Lo stato merovingio è per il F. in gran parte organizzazione e vita romana. È vero che neppure le istituzioni più importanti del Medioevo feudale, patronato e benefizio, sono per il F. creazioni romane, ma piuttosto formazioni naturali dipendenti dalle tendenze della vita sociale umana, sviluppatesi nella società romana per la debolezza delle istituzioni vigenti. E perciò i Carolingi non rappresenterebbero, come affermavano i vecchi storici, il trionfo spiccato dello spirito germanico, ma solo il progresso della feudalità. Così il F. riaffermava l'origine naturale di quell'aristocrazia (classe dirigente), che egli credeva necessaria base di qualsiasi società umana, qualunque ne sia la forma esteriore, di monarchia o di repubblica.

L'opera del F. brilla per una sua vivace nitidezza caratteristica, derivata forse da una naturale tendenza alla coordinazione ed alla sistemazione, forse da una meditazione e compenetrazione della filosofia cartesiana. I suoi volumi, tutti informati al principio del dubbio metodico, della ripulsa di qualsiasi autorità, sempre più diventarono discussione critica dei testi, fatta con il lettore, come alla Sorbona egli faceva con gli scolari. Ma pure l'opera del F., a parte l'accusa ovvia della esagerata tesi romanistica, andò soggetta a gravi critiche. Fu accusato di aver usato testi non filologicamente comprobati, di avere facilmente generalizzato, riunendo testi di varia età; di essersi interessato poco degli uomini, troppo degli enti, delle collettività, di tendere a eliminare dalla storia l'accidente. Mentre nella Cité antique aveva dato massima importanza al fatto religioso, nel Medioevo il F. vede la storia della proprietà come il fulcro di tutta la vita sociale. Fu accusato di essere impregnato di spirito positivista; ma forse egli intravedeva una storia più ricca e completa a cui si dovesse arrivare dopo avere ben fissato le idee sui problemi economici. Pieno d'amor patrio, polemizzò nel 1870 con Th. Mommsen sul carattere francese dell'Alsazia; nel 1872 osò recarsi a Strasburgo a fare una conferenza storica; augurò il trionfo della Francia sul Reno e cercò dalla cattedra di preparare la nuova scienza storica francese, diminuendo il valore dell'influsso germanico nella formazione della tradizione storica francese.

Bibl.: P. Guiraud, F. de C., Parigi 1896 (con l'elenco completo delle opere); E. Champion, Les idées politiques et religieuses de F. de C., Parigi 1903; E. Fueter, Geschichte der neueren Historiographie, 2ª ed. Monaco-Berlino, 1925; num. speciale della rivista Alsace franåaise (16 marzo 1930), con studî di Pfister, Bloch, Piganiol, Cavaignac, ecc.; H. Sée, in Mercure de France, 15 marzo 1930; C. Jullian, in Revue des deux mondes, 15 marzo 1930; Ch. Diehl, Discours à l'occasion du centenaire de la naissance de Fustel de Coulanges, Parigi 1930.

Vedi anche
storiografia Scienza e pratica dello scrivere opere relative a eventi storici del passato, in quanto si possano riconoscere in essa un’indagine critica e dei principi metodologici. ● Il complesso delle opere storiche scritte in un determinato periodo o relative a un determinato argomento o basate su un determinato ... Merovingi La prima dinastia che governò sui Franchi. Il primo re della dinastia merovingia, alla metà circa del sec. 5º, fu forse Clodio, ricordato da Gregorio di Tours, che lo definisce "uomo abile e di famiglia nobilissima". Clodio era accampato presso Duis burg allorché, morto un certo Teudomero, fu acclamato ... Franchi Nome di origine germanica con cui furono designati complessivamente vari popoli germanici già conosciuti dai Romani (Catti, Brutteri, Tencteri ecc.), penetrati nell’Impero romano nel 3° sec., quando combatterono contro il generale romano Postumo (258-59), dirigendosi poi verso la Spagna. Giuliano l’Apostata ... storia Il complesso delle azioni umane nel corso del tempo, nel senso sia degli eventi politici sia dei costumi e delle istituzioni in cui esse si sono organizzate. Modernamente, anche tutto ciò che le condiziona e ciò che esse coinvolgono (fatti geografici ed ecologici, fatti demografici, presupposti antropologici ...
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Vocabolario
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de auditu locuz. lat. – Espressione corrispondente all’ital. «per sentito dire»: riferire de auditu. Anche, «per avere udito direttamente», nell’espessione giuridica testimone de visu et de auditu (v. de visu).
de visu
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