fusione nucleare controllata
L’insieme delle tecniche per produrre in maniera controllabile energia dalla fusione nucleare. L’energia che si libera nelle reazioni nucleari è circa 107 volte maggiore (a parità di peso della materia coinvolta) di quella che si libera nelle reazioni chimiche, anche le più energetiche (combustioni o deflagrazioni di esplosivi convenzionali). Le reazioni nucleari possono coinvolgere quantità macroscopiche di materia mediante un meccanismo di reazione a catena. Quando la liberazione di energia avviene in tempi rapidi, si verifica un’esplosione; se invece i tempi sono più lenti – e specialmente se possono esser tenuti sotto controllo – la liberazione di energia si presta a esser utilizzata, come nel caso della produzione di energia elettrica o del riscaldamento delle abitazioni. Le reazioni nucleari esoenergetiche – ossia che liberano energia – sono di due tipi: la fissione di nuclei pesanti e la fusione di nuclei leggeri. Il primo caso, se di tipo esplosivo, corrisponde alle cosiddette bombe atomiche o nucleari, come le due bombe che distrussero, il 6 e 9 agosto 1945, Hiroshima e Nagasaki che avevano una resa energetica equivalente a quella che si libererebbe nell’esplosione di 10 milioni di kg di tritolo: le materie prime di tali bombe erano, rispettivamente, un isotopo dell’uranio (235U) e uno del plutonio (239Pu). La liberazione controllata di quantità macroscopiche di questo tipo di energia – realizzata per la prima volta a Chicago nel dicembre 1942 da un gruppo di scienziati guidato da Enrico Fermi – sta alla base dei reattori nucleari che producono energia elettrica, costituendo in alcuni Paesi (come la Francia) la principale fonte energetica utilizzata a tale scopo. La principale materia prima per tale fonte di energia è l’uranio, che esiste abbastanza largamente in natura, sufficiente per i fabbisogni energetici mondiali per secoli. La liberazione di energia nucleare mediante processi di fusione di nuclei leggeri sta alla base, nella sua versione esplosiva, delle cosiddette bombe H o bombe termonucleari. Ordigni di questo tipo sono stati costruiti, e anche sperimentati, con rese energetiche anche migliaia di volte maggiori di quella delle bombe a fissione. La materia prima per questo tipo di reazioni (che forniscono anche l’energia alle stelle) è tipicamente l’idrogeno nonché i suoi due isotopi deuterio e trizio. La capacità di produrre per questa via energia utilizzabile offrirebbe all’umanità una sorgente energetica praticamente inesauribile, poiché l’idrogeno è un costituente della molecola dell’acqua. Il tentativo di realizzare la fusione nucleare controllata è pertanto un programma di ricerca perseguito da oltre mezzo secolo con grandi investimenti, sia in contesti nazionali sia internazionali, ma finora senza successo. La difficoltà nel realizzare su scala macroscopica processi di fusione nucleare nasce dalla repulsione elettrostatica (coulombiana) fra i nuclei, che hanno tutti carica elettrica positiva. Tale forza repulsiva, a lungo raggio d’azione, prevale sulle forze nucleari, aventi corto raggio d’azione, salvo alle piccolissime distanze, dell’ordine per l’appunto delle dimensioni nucleari. Reazioni nucleari di fusione si possono realizzare e mantenere solo se la materia prima per tali reazioni viene confinata a una densità e a una temperatura sufficienti a permettere che l’energia cinetica dei costituenti elementari sia sufficiente a superare la repulsione coulombiana. Nel caso delle esplosioni termonucleari ciò si realizza mediante una esplosione nucleare a fissione che produce una radiazione nucleare in modo tale da comprimere e riscaldare la massa di materiale che poi dà luogo alla fusione. Nel caso delle stelle, la compressione è causata dalla forza gravitazionale. Il modello di fusione nucleare controllata che appare più promettente per la produzione di energia utilizzabile è basato sul confinamento mediante campi magnetici di un plasma costituito da atomi di deuterio e trizio, ad altissima temperatura. Una convincente dimostrazione di pratica fattibilità non è stata però ancora data.
→ Solitoni