JESI, Furio
Nacque a Torino, il 19 maggio 1941, da Bruno e Vanna Chiron, in una famiglia di agiata condizione e buone tradizioni culturali.
Il padre, ufficiale di cavalleria, morì nel 1943 per i postumi delle gravi ferite riportate durante la guerra d'Etiopia, e il giovane J. crebbe tra la guida della madre e la frequentazione della ricca biblioteca degli zii paterni, che possedevano anche una cospicua collezione di opere d'arte e reperti archeologici. Lo J. poté in tal modo, sin dall'adolescenza, formarsi rapidamente una vasta cultura storico-artistica, archeologica e letteraria, che lo allontanò progressivamente dagli studi liceali appena intrapresi e che ben presto interruppe definitivamente.
La straordinaria preparazione, precocemente acquisita, rifluì nei volumi Racconti e leggende dell'antica Roma (Torino 1956) - che porta nel frontespizio anche il nome della madre dello J., ma che in realtà fu quasi interamente scritto da lui -, e, in particolare, nell'ampia panoramica dedicata a La ceramica egizia dalle origini al termine dell'età tinita, con un capitolo di P. Gilbert (ibid. 1958). Ma forse più importanti per i successivi sviluppi delle ricerche dello J. sono i suoi primi articoli, su temi di archeologia, con frequenti ricorsi alla documentazione letteraria e, soprattutto, alla mitologia: Notes sur l'édit dionysiaque de Ptolémée IV Philopator, in Journal of Near Eastern Studies, XV (1956), 4, pp. 236-240; The Gorgon. Notes and documents relating to the "Prolegomena zu einer historischen Gestaltlehre" by Leo Frobenius, in East and West, n.s., X (1959), pp. 88-93; ma, soprattutto, Le connessioni archetipiche, in Arch. internazionale di etnografia e preistoria, I (1958), pp. 35-44 (poi ristampato in appendice al volume di R. Porak, L'animo cinese, tradotto dallo stesso J., Torino 1959, pp. 346-362).
In esso, osservando che nel campo della mitologia "soltanto le connessioni tra due elementi possono dirsi archetipiche" (p. 37), lo J. delinea una sorta di "grammatica" della mitologia (che è anche un progetto di ricerca) basata su "una complementarità o anche su una opposizione" di temi e/o elementi "resi paradigmatici nella loro opposizione costante" (Bidussa, p. 218 n. 48).
Dopo un periodo trascorso come ricercatore dapprima alla Fondation égyptologique Reine Elisabeth di Bruxelles, poi al Pelizaeus Museum di Hildesheim, nei primi anni Sessanta fece ritorno a Torino, dove lavorò fino all'inizio del 1969 come redattore della casa editrice UTET, alternando al lavoro editoriale un'intensa attività di pubblicista, di militante politico e sindacale (in formazioni di sinistra), e, anche, di allestitore di spettacoli teatrali d'avanguardia (in particolare su testi di B. Brecht).
In questi anni l'attività dello J., pur mantenendosi vivo il suo interesse per le discipline archeologiche (per es. negli articoli Bes e Sileno, in Aegyptus, XLII [1962], pp. 257-275; Bes bifronte e Bes ermafrodito, ibid., XLIII [1963], pp. 237-255; e The Thracian Herakles, in History of religions, III [1964], 2, pp. 261-277), si sposta decisamente sullo studio dei riflessi della mitologia nelle opere letterarie non tanto dell'antichità quanto dell'epoca moderna.
Così, a partire da Rilke e l'Egitto (considerazioni sulla X Elegia di Duino), in Aegyptus, XLIV (1964), 1-2, pp. 56-65, a Cesare Pavese, il mito e la scienza del mito, in Sigma, 1964, n. 3-4, pp. 95-120, fino a Cesare Pavese dal mito della festa al mito del sacrificio, introd. a C. Pavese, La bella estate, Torino 1966, gli studi dello J. (poi confluiti nel volume Letteratura e mito, Torino 1968) si inoltrano in un percorso tra gli scrittori moderni più sensibili alle connessioni archetipiche offerte dal mito (da Novalis a E. Pound, passando per Rilke e Pavese), indagate attraverso l'individuazione e l'analisi di temi particolarmente rivelatori dell'atteggiamento del singolo scrittore: la morte, il sacrificio, la festa, la magia, ecc.
A tali ricerche letterarie corrispose un'estensione degli interessi dello J. nella direzione di una ricostruzione complessiva delle mitologie etico-politiche dominanti in un determinato contesto culturale, come nel volume Germania segreta. Miti nella cultura tedesca del Novecento (Milano 1967; nuova ed., ibid. 1995).
Qui l'espressione del poeta Stefan George che dà il titolo al libro è interpretata dallo J. come un programma poetico-politico: quello di trapiantare nella società quotidiana i valori assoluti dell'arte e del mito, secolarizzando il mito e mitizzando la storia. Di tale programma, che trovò nel nazismo una distorta realizzazione, lo J. segue (attraverso analisi di testi di H. Mann, K. Kraus, H. Broch e H. Hesse) gli sviluppi e le influenze nella stagione culturale tedesca che dalla fine dell'Ottocento si spinge alla fine della seconda guerra mondiale.
Al centro della lettura dello J. sta il concetto di mito "tecnicizzato", cioè manipolato e piegato a fini politici, che riprende, portandolo a originali sviluppi, dal mitologo e storico delle religioni ungherese K. Kerényi. Lo J. fu tra i primi a far conoscere in Italia l'opera di Kerényi e con lui ebbe rapporti presto bruscamente interrotti da divergenze politico-culturali (il breve ma intenso scambio epistolare è stato raccolto e pubblicato da A. Cavalletti in F. Jesi - K. Kerényi, Demone e mito. Carteggio 1964-1968, Macerata 1999, con un ampio studio finale dello stesso Cavalletti).
Lasciato il lavoro editoriale, lo J., che nel frattempo si era sposato con Marta Rossi (dall'unione nacquero due figli, Stefano e Sofia), si trasferì in provincia di Novara, iniziando, tra la fine del 1971 e il gennaio 1973, un intensissimo periodo di studi e attività editoriali, in cui ai consueti lavori storico-mitologici si affiancarono (fino a prevalere) ricerche di storia della letteratura tedesca.
Tra queste ultime spiccano le monografie (tutte pubblicate nella collana "Il Castoro" della Nuova Italia editrice di Firenze) dedicate agli scrittori tedeschi più cari allo J.: R.M. Rilke (1971), Th. Mann (1972), B. Brecht (1973). A questi studi va ricondotta anche un'originale Lettura del "Bateau ivre" di Rimbaud (uscita nel 1972 nella rivista Comunità e ristampata in volume, con introd. di G. Agamben e un saggio di A. Cavalletti, Macerata 1996), in cui compaiono molti spunti teorici sviluppati nella successiva produzione saggistica dello J. e trasfigurati poeticamente nelle liriche della raccolta L'esilio (Roma 1970).
Più specificamente nell'ambito degli studi filosofici (e in particolare di filosofia della storia, in connessione con le tematiche storico-mitologiche predilette dallo J.) si collocano, invece, i profili Kierkegaard (Fossano 1972; nuova ed., a cura e con postfazione di A. Cavalletti, Torino 2001), Rousseau e Pascal (1972 e 1974, entrambi nella collana "Cosa ha veramente detto…" dell'editore Ubaldini di Roma). I temi più caratteristici dell'attività di ricerca dello J. tornano nel volume Mitologie intorno all'illuminismo (Milano 1972), ampia analisi delle componenti mitologiche interne all'ideologia illuministica e attive nella sua affermazione politico-culturale durante il XVIII secolo. Un'estensione dell'analisi mitologica a temi e tempi più recenti è nel saggio L'accusa del sangue (pubblicato nel 1973 nella rivista Comunità e riproposto in volume con il titolo Mitologie dell'antisemitismo e una postfazione di D. Bidussa, Brescia 1993), nel quale lo J. studia le componenti mitiche insite nell'accusa, rivolta agli ebrei fino all'Ottocento, di indulgere all'uccisione rituale di bambini cristiani per poter impastare con il loro sangue il pane azzimo.
In questo studio, e in quello precedente sull'illuminismo, la ricerca dello J. ruota intorno al concetto da lui elaborato di "macchina" mitologica: un modello interpretativo dei fatti storico-culturali basato sull'interrelazione dei due poli della storia e del mito, in particolare nelle sedimentazioni lasciate da quest'ultimo nella tradizione culturale e nella coscienza culturale (specie quella, di più basso livello, delle superstizioni popolari).
Gli studi sul mito condotti dallo J. in questi anni, inoltre, mentre si concretano in un'intensa attività di traduttore e presentatore di testi di studiosi stranieri (quali il Dioniso di H. Jeanmaire, Torino 1975; o la Religione romana arcaica di G. Dumézil, Milano 1977), proseguono nel contempo con una serie di ricerche dedicate a temi particolari (come l'antologia-saggio La festa. Antropologia, etnologia, folklore, Torino 1977; o il volume Il linguaggio delle pietre, Milano 1978), con la raccolta di saggi Esoterismo e linguaggio mitologico. Studi su R.M. Rilke (Messina-Firenze 1976) e, soprattutto, con tentativi di sistemazione complessiva delle sue riflessioni e ricerche sulla natura e la funzione dei miti, nel volume "enciclopedico" Il mito (Milano 1973; nuova ed., ibid. 1980), primo nucleo di un più ambizioso - e mai realizzato - "Trattato di mitologia generale", di cui sono rimasti vari frammenti inediti e che in parte è rifluito nel successivo Materiali mitologici. Mito e antropologia nella cultura mitteleuropea (Torino 1979; nuova ed., a cura di A. Cavalletti, ibid. 2001).
Questa nutrita serie di opere, e in particolare i contributi relativi a scrittori e temi di lingua e cultura tedesca (tra cui va ricordata anche l'ampia trattazione dedicata al Romanticismo, in Dizionario critico della letteratura tedesca, Torino 1976, pp. 978-990, poi ristampata nel volume Esoterismo e linguaggio poetico, cit.) gli valsero nel 1976 la cattedra di lingua e letteratura tedesca all'Università di Palermo, dove iniziò a insegnare nell'anno accademico 1976-77. Qui l'anno successivo tenne un corso sul vampirismo nella letteratura tedesca in cui si rispecchiava gran parte della sua esperienza di narratore (nei volumi, pubblicati postumi, La casa incantata, Milano 1982, e L'ultima notte, Genova 1987).
Nel frattempo lo J. proseguiva fino alla contemporaneità l'analisi delle mitologie alle radici degli orientamenti politici moderni che aveva iniziato alla fine degli anni Settanta con il saggio Spartakus. Simbologia della rivolta (rimasto inedito e pubblicato postumo da A. Cavalletti, Torino 2000), e che portò a compimento con il volume Cultura di destra (Milano 1979).
In esso rivelava le matrici mitologiche della cultura di destra, definendola come "il linguaggio delle idee senza parole" e indicandone i tratti caratterizzanti in alcuni concetti e atteggiamenti tipici (il gusto per il sacrificio e l'amore per la morte; la simbologia funeraria e il mistero; la razza e l'avversione per gli ebrei) e ricorrenti sia in autori illustri e noti (quali O. Spengler, Rilke o G. D'Annunzio) sia in personaggi di diversa levatura e notorietà (quali J. Evola o Liala [Amaliana Cambiasi Negretti]).
Ottenuto il trasferimento dall'Università di Palermo a quella di Genova nel 1979, lo J., ancora nel pieno fervore della sua attività scientifica e didattica, morì improvvisamente a Genova, in seguito a un incidente domestico, il 17 giugno 1980.
Oltre agli inediti pubblicati nei volumi postumi già citati, dal ricco archivio dello J., custodito dai familiari, sono stati tratti diversi materiali pubblicati nel numero monografico a lui dedicato, a cura di G. Agamben - A. Cavalletti, del semestrale Cultura tedesca, n. 12, dicembre 1999, pp. 67-163 (ordinati in sei sezioni, nelle quali, oltre a testi sui temi prediletti dallo J., compaiono schede editoriali e un breve carteggio con I. Calvino, pp. 89-108). Nella stessa sede, a cura del destinatario, sono edite (pp. 165-181) le lettere inviate (1969-72) dallo J. a G. Schiavoni, il quale ne aveva già pubblicato altre in Immediati dintorni. Un anno di psicologia analitica e di scienze umane, 1989, pp. 329-332. Numerosi frammenti epistolari inediti dello J. sono infine utilizzati nella prefazione di A. Cavalletti al saggio postumo Spartakus, cit., pp. VII-XXVIII.
Fonti e Bibl.: La bibliografia degli scritti dello J. sino ad allora editi è nella miscellanea a lui dedicata Risalire il Nilo. Mito, allegoria, fiaba, a cura di F. Masini - G. Schiavoni, Palermo 1983, pp. 383-393; nel volume sono specificamente relativi alla figura e all'opera dello J. gli studi: Quella Germania segreta (pp. 18-26) e Rovine della "simbolica". Su Creuzer, Bachofen e cultura di destra (pp. 349-379) di G. Schiavoni; nonché I rischi del mitologo: ierofania ed esegesi (pp. 167-175) di C. Fiore, e "La segreta astuzia del testo". Note su J. e il "Malte" rilkiano di R. Calabrese Conte (pp. 287-295). Nel citato numero di Cultura tedesca si segnalano gli interventi di: G. Agamben, Sull'impossibilità di dire Io. Paradigmi epistemologici e paradigmi poetici in F. J. (pp. 11-20); A. Cavalletti, Note al "modello macchina mitologica" (pp. 21-41); e M. Cottone, F. J.: vampirismo e didattica. Le lezioni su: "Il vampiro e l'automa nella cultura tedesca dal XVIII al XX secolo" (pp. 43-66). Una lettura complessiva dell'opera dello J. è nel saggio Il vissuto mitologico, di D. Bidussa, pubblicato come postfazione alla nuova ed. (1995) di Germania segreta, cit., pp. 203-230.
Tra gli altri interventi: G. Vattimo, Uno studioso alle fonti del mito, in La Stampa, 19 giugno 1980; S. Moravia, J., l'interprete del mito, in Tuttolibri, 28 giugno 1980; C. Fiore, F. J.: il mito e la macchina mitologica, in Critica sociologica, 1980, n. 54, pp. 160-164; M. Pezzella, Mito e forma in J., in Immediati dintorni. Un anno di psicologia analitica e di scienze umane, 1989, pp. 292-301 (nello stesso fascicolo altri interventi sullo J., fra cui quelli di G. Schiavoni [pp. 286-291] e D. Bidussa [pp. 302-307]); A. Andreotti, Mito, arte, ermeneutica in F. J., in Faraqàt. Quaderni di storia e antropologia delle immagini, 1991, n. 1, pp. 11-13; A. Adami, Teoria della letteratura e analisi del mito in F. J., tesi di laurea, Università di Padova, a.a. 1996-97; F. Volpi, Travolti da un insolito ribelle, in La Repubblica, 15 maggio 2000; E. Zignol, La notte, il vampiro, il ritorno nella narrativa di F. J., in Studi novecenteschi, LX (2000); M. Cottone, Nelle fosse dell'errore, in L'Indice, n. 3, marzo 2002, p. 28.