funzione
Nel significato di attività rivolta alla realizzazione permanente di uno scopo, il termine corrisponde alla parola greca ἔργον, utilizzata da Platone per designare l’operazione propria di una cosa («ciò che essa soltanto può compiere, o che compie meglio di tutte le altre», Repubblica, I, 352), secondo una caratterizzazione teleologica che trovò ampio sviluppo nella metafisica e nella filosofia della natura di Aristotele. Come attività diretta a un fine e capace di realizzarlo, la nozione di f. fu ricondotta da Aristotele a quella di forma e sostanza («tutte le cose sono definite dalla loro f. e capacità, sicché, quando non sono più tali, non si deve dire che sono le stesse, bensì che hanno il medesimo nome», Politica, I, 2, 1253a 20 segg.). Così intesa essa assunse, nel quadro di un sistema di analisi del divenire come passaggio dalla potenza all’atto per l’azione di quattro cause (materiale, formale, efficiente, finale) e di una teoria della natura come forma verso cui procede il mutamento degli enti soggetti a generazione, un particolare rilievo nella dottrina aristotelica delle modalità dell’esplicazione causale nell’indagine fisica e in partic. nello studio degli esseri viventi, dove è stabilito il principio, destinato a influire profondamente sul pensiero biologico e medico, della subordinazione della materia organica al fine e della spiegazione degli organi in vista della loro f. («la natura adatta gli organi alla f., non la f. agli organi», Le parti degli animali, IV, 694b). Al significato di f. come operazione diretta a un fine si è affiancato, con l’avvento della scienza moderna nel 17° sec. e lo sviluppo dei metodi di calcolo per lo studio matematico del movimento dei corpi, che ebbe esito nelle procedure di analisi infinitesimale elaborate da Newton e Leibniz, quello di f. come regola che connette le variazioni di una grandezza o di un gruppo di grandezze alle variazioni di un’altra grandezza o gruppo di grandezze, in un mutato orizzonte epistemico che prevede il prioritario ricorso all’azione della causalità efficiente per la comprensione dei fenomeni naturali, e la loro spiegazione mediante leggi, tendenzialmente di tipo quantitativo, che collegano causa ed effetto. La nuova nozione di f. conobbe i primi tentativi di definizione in Leibniz (Mathematische Schriften, V) e J. Bernoulli, trovando in L. Euler (Introductio in analysin infinitorum, 1748) espressione puramente formale come combinazione di quantità (variabili e costanti) e di segni d’operazione. In ambito gnoseologico Kant ricondusse i concetti e le categorie, in quanto spontanea attività di sintesi intellettuale, alla nozione di f. compresa come «l’unità dell’operazione che ordina le diverse rappresentazioni sotto una rappresentazione comune» (Critica della ragion pura, 1781, Analitica trascendentale, cap. I, sez. I). Si deve a Frege (Funktion und Begriff, 1891) la generalizzazione logica della nozione matematica di f., a partire dall’analisi della distinzione della f. stessa (designata dalle lettere f, g, ecc.) dai suoi «argomenti» (indicati dalle variabili x, y e z) e dalle costanti (a, b, c), nonché dalla definizione del concetto, in quanto costituente del pensiero, come f. il cui valore, con un argomento x, è sempre un valore di verità, e il suo correlato oggettivo come il decorso dei valori di una f. proposizionale. La discussione sul concetto di f. e il suo rapporto con quello di causa ha tratto nuovo vigore dagli sviluppi delle scienze nella seconda metà dell’Ottocento, segnati dalla crisi del modello meccanicista di spiegazione dei fenomeni microscopici e macroscopici e dall’affermazione del carattere statistico delle leggi scientifiche. La reinterpretazione nelle scienze contemporanee della nozione tradizionale di causalità come connessione funzionale tra i fenomeni osservati, espressa da leggi descrittive miranti a rilevarne la costanza e l’uniformità, ha trovato nell’opera di Mach e in Cassirer (Substanzbegriff und Funktionsbegriff, 1910) analisi epistemiche e storico-critiche divenute classiche nel panorama filosofico-scientifico novecentesco.