RANGONI, Fulvio
RANGONI (Rangone), Fulvio. – Secondo le indicazioni reperibili nelle cronache modenesi, nacque intorno al 1535 dal conte Claudio e dalla contessa Lucrezia Pico.
Rimasto orfano di padre a tre anni, il 10 settembre 1540 gli fu assegnato come precettore Jacopino de’ Bianchi, detto de’ Lancellotti. In seguito l’incarico passò a Girolamo Teggia, esponente del movimento eterodosso modenese e ospite in casa Rangoni almeno fino al 1545. Alla morte di quest’ultimo, nel 1548, l’istruzione di Rangoni fu affidata a Carlo Sigonio, allora professore di greco e latino a Modena, e più tardi al maestro Sebastiano Fausto da Longiano.
Degli interessi culturali del giovane Rangoni resta indizio nei registri dell’umanista Ludovico Castelvetro che, oltre ad annotare nei suoi appunti le imprese amorose del conte, tra il 1548 e il 1549 gli prestò il commento di Francesco Alunno al Petrarca, le opere di Varrone e il De re navali libellus di Lazare de Baïf. In quegli stessi anni, Rangoni si segnalò per la partecipazione a giostre e tornei di piazza e per costumi sfarzosi che sollevarono un certo clamore in città.
Il 15 ottobre 1550, all’età di 45 anni, la madre morì «de alquanto longa infirmità causata da dolore de matrice» (Cronaca modenese, 1878, p. 300): Rangoni ne diede notizia al vescovo di Carpentras Paolo Sadoleto, di origini modenesi, che il 16 febbraio 1551 gli rispose con una commossa lettera di condoglianze.
Il 18 marzo 1552 partì da Modena alla volta di Milano per recarsi dalla promessa sposa Paola Trivulzio. Il 9 aprile era di ritorno in città e il 2 dicembre successivo Ercole Rangoni ed Elia Carandini si diressero a Milano per condurre a Modena la giovane, mentre Fulvio preparava «de continuo le sue belle noze» (Cronaca modenese, 1881, p. 313). Il 3 luglio 1554, tuttavia, Paola Trivulzio morì dopo appena due anni di matrimonio. Trascorse un decennio prima che, il 21 aprile 1564, si riuscisse a chiudere l’accordo per le seconde nozze, con Taddea Costabili, di cui Rangoni avvertì lo zio Ercole, ragguagliandolo sulle condizioni della dote (la lettera è in Modena, Biblioteca Estense universitaria, Autografoteca Campori, Rangoni Fulvio, cc. 1-2). Il 19 agosto 1565 anche Taddea morì, e Rangoni passò in matrimonio con Antonella Bevilacqua, sposata nel 1566 e destinata a sopravvivergli (morì l’8 aprile 1612).
Rangoni ebbe in tutto nove figli. Tre diedero seguito al casato: Taddeo (1567-1637), Jacopino (1562-1645) e Giovanni (1579-1618); tre abbracciarono la vita religiosa: Claudio (1566-1605), Antonella (1570-1619) e Lucrezia (1584-1614); tre figlie furono invece avviate al matrimonio: Lucia (morta nel 1564), Bartolomea e Maria (1578-1647). Precise disposizioni sulla loro sorte furono date da Rangoni nel testamento nell’intento di preservare l’integrità del patrimonio familiare.
Per quanto si può dedurre dai carteggi a noi giunti, negli anni Cinquanta Rangoni strinse intensi rapporti con il cardinale Ippolito II d’Este, che dovette servire a Roma in varie circostanze. Di lì in avanti la sua collaborazione con la casa regnante si fece sempre più stretta. Nel 1560 il duca Alfonso II, succeduto al padre, gli rinnovò la concessione dei feudi di Levizzano e Castelvetro. In quegli stessi mesi iniziò la sua attività diplomatica per conto degli Estensi: nell’aprile-settembre 1560 fu mandato dal duca presso la corte imperiale per ricevere in sua vece l’investitura di Modena e Reggio dalle mani di Ferdinando I; dal novembre del 1561 all’agosto del 1562 risiedette presso Filippo II di Spagna in qualità di ambasciatore. Nel luglio 1566 era in missione a Parma, e nell’agosto successivo si diresse alla volta dell’Ungheria per seguire il duca Alfonso in soccorso dell’imperatore contro i turchi: caduto malato nei pressi di Villach, fu costretto a rientrare in patria. Nel febbraio del 1568 portò le sue felicitazioni al duca di Parma Ottavio Farnese per il ritorno dalle Fiandre, e nel novembre seguente era in visita a Mirandola, in occasione della malattia del conte Ludovico II Pico. Secondo alcuni repertori eruditi, tra gli incarichi da lui svolti vanno annoverati due viaggi alla corte imperiale, il primo nel 1563 per intavolare trattative sul matrimonio di Alfonso II con Barbara d’Austria; il secondo, nel 1564, per rallegrarsi dell’elezione di Massimiliano II al trono imperiale.
La cronaca del modenese Francesco Panini attesta la considerazione in cui fu tenuto da Enrico II di Francia che gli assegnò il comando di cento cavalleggeri. Sin dagli anni Cinquanta, inoltre, ebbe contatti con diplomatici francesi che, come era accaduto nell’agosto del 1551, trovarono ospitalità nel suo palazzo di Modena.
Le sue qualità furono celebrate da Torquato Tasso nel dialogo Il Messaggero, in cui il nobile veniva ricordato come personalità «che ha pochi paragoni ne le lettere, ne l’acutezza e ne la maniera del negoziare» (1958, p. 313). I rapporti con la famiglia Tasso erano del resto radicati da anni. Durante l’ambasceria in Spagna, Rangoni si era prodigato per riabilitare Bernardo Tasso, caduto in disgrazia agli occhi di Filippo II. Gli sforzi erano però caduti nel vuoto, e nemmeno la dedica dell’Amadigi al sovrano aveva potuto ammorbidirne le posizioni. Sul finire del 1563, poi, Rangoni aveva accolto Torquato in fuga da Bologna: accusato di essere autore di una pasquinata contro alcuni studenti e cittadini bolognesi, il poeta si era diretto verso Modena, trovando ospitalità nel feudo di Castelvetro (febbraio-marzo 1564), da dove scrisse al prolegato di Bologna, Pier Donato Cesi, per discolparsi dalle accuse che lo avevano colpito. Successivamente i rapporti tra Tasso e il suo protettore si sarebbero tuttavia guastati, a causa di un affare di corte che li contrappose duramente (1581).
La sensibilità per le lettere portò Rangoni a comporre prose e versi di cui non sembrano essere rimasti testimoni. Certamente le sue poesie dovettero raccogliere consensi, come mostrano le lodi espresse da vari personaggi. Nei Quattro libri de dubbi, Ortensio Lando attribuì fittiziamente a Rangoni e ad altri membri della famiglia alcuni componimenti, mentre l’erudito Francesco Torre lo indicò, senza addurre argomenti, come artefice della traduzione italiana del trattato Contra l’uso del duello di Antonio Massa (Venezia, M. Tramezzino, 1555). Di quest’ultimo Rangoni dovette effettivamente apprezzare l’opera, come lascerebbe intendere l’omaggio della versione latina del volume fatta al mirandolese Giovan Battista Susio il 17 gennaio 1555 (I tre libri [...] della ingiustitia del duello, Venezia, appresso Gabriel Giolito de’ Ferrari, 1555, c. Aii).
Varie furono le questioni religiose in cui Rangoni fu implicato. Nel 1567 nel suo palazzo risultava ospitato un catecumeno ebreo in attesa di ricevere il battesimo, a dimostrazione del sostegno dato dal conte all’attività conversionistica che in quegli anni andava strutturandosi anche nel Ducato estense.
Agli anni Ottanta risalgono le sue relazioni con il cardinale Carlo Borromeo, che ricorse a lui per avere copia di alcuni manoscritti di carattere pastorale già appartenuti al vescovo di Modena Egidio Foscarari (1512-1564) e custoditi, per motivi non del tutto chiari, dallo stesso Rangoni. Il suo legame con Foscarari parrebbe emergere anche da una traduzione dei Salmi, commissionata dal vescovo all’umanista modenese Pellegrino degli Erri e dedicata a Rangoni (I salmi di David tradotti [...] dal s. Pellegrin Heri modonese..., Venezia 1573).
Dal 28 novembre 1571 alla sua morte ricoprì l’incarico di governatore estense della città di Reggio. In questa veste dovette seguire la contesa tra la Comunità reggiana e quella modenese sulle acque del fiume Secchia; la lunga carestia che, a fasi alterne, colpì il territorio di Reggio; le dispute con la contea di Novellara – retta da Alfonso Gonzaga – per la gestione dei canali e delle terre, e vari contenziosi sui dazi del sale e delle beccherie che coinvolsero l’amministrazione estense.
Morì a Reggio il 26 luglio 1588.
Le sue spoglie furono traslate a Modena e sepolte nella chiesa di S. Biagio. Il 4 agosto successivo, in cattedrale, gli furono riservate esequie solenni. Nel suo testamento alcuni studiosi hanno intravisto una debole traccia delle inquietudini religiose dell’epoca, sebbene egli chiedesse, come era consueto, di celebrare messe di suffragio e disponesse elemosine, affidando l’esecuzione delle sue ultime volontà ai gesuiti o ai cappuccini.
Fonti e Bibl.: La documentazione relativa a Rangoni è quanto mai abbondante: si veda almeno: Archivio di Stato di Modena, Rettori dello Stato, Reggio Emilia, bb. 28-42; Ambasciatori, Germania, bb. 22, 26; Spagna, b. 7; Italia, Mirandola, b. 1; Italia, Parma e Piacenza, b. 1; Inquisizione, 4, 19. Numerose carte riconducibili a Rangoni, per lo più di carattere amministrativo, sono conservate presso l’Archivio Rangoni-Machiavelli di Modena, Corrispondenza F. R., bb. A17, A190; Amministrazione F. R., Carteggio e Recapiti, b. 1 e regg. 1-3. Per le missioni diplomatiche presso Ferdinando I e Filippo II (1560-62), alcune istruzioni e resoconti di spesa sono in Modena, Biblioteca Estense universitaria, Fondo Campori, gamma.F.1.5; un copialettere con missive ricevute e inviate da Rangone negli anni Cinquanta e Sessanta del Cinquecento, gamma.A.3.11 (con vari dispacci dall’ambasceria del 1561-62 in Spagna); un nutrito fascicolo di lettere autografe, molte delle quali dirette ai figli Claudio e Taddeo, Autografoteca Campori, R. F. Si vedano inoltre O. Lando, Quattro libri de dubbi…, Venezia 1552; De le lettere di tredici huomini illustri libri tredici, a cura di D. Atanagi, Venezia 1554, cc. 218v-219r; Lettere di F. R., a cura di L. Maini, Modena 1853; Cronaca modenese di Tommasino de’ Bianchi detto de’ Lancellotti, VI, Parma 1868, p. 393; X, Parma 1878, ad ind.; XI, Parma 1881, ad ind.; T. Tasso, Il Messaggero, in Dialoghi, a cura di E. Raimondi, II, Firenze 1958, pp. 247-332; F. Panini, Cronaca della città di Modona, a cura di R. Bussi - R. Montagnani, Modena 1978, pp. 144, 160; L. Castelvetro, Cronaca di Modena, in Id., Lettere Rime Carmina, a cura di E. Garavelli, Roma 2015, p. 361.
G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, IV, Modena 1783, pp. 288-292; P. Serassi, Vita di Torquato Tasso, Roma 1785, pp. 115, 121 s., 506; P. Litta, Famiglie celebri italiane, IX, Milano s.d., tav. V: Rangoni di Modena; Piccolo sunto storico della famiglia Rangoni di Modena..., a cura di L. Rangoni Machiavelli, Roma 1908, pp. 17 s., 68; S. Peyronel Rambaldi, Speranze e crisi nel Cinquecento modenese. Tensioni religiose e vita cittadina ai tempi di Giovanni Morone, Milano 1979, pp. 168, 181, 202 s., 241; A. Barbieri, Castelvetro, i suoi libri e l’ambiente culturale modenese del suo tempo, in Lodovico Castelvetro. Filologia e ascesi, a cura di R. Gigliucci, Roma 2007, pp. 71 s.; Il processo inquisitoriale del cardinal Giovanni Morone, a cura di M. Firpo - D. Marcatto, I, Città del Vaticano 2011, pp. 234 s., 636-638; M. Giroldi, La Comunità e il Principe. Il carteggio del Consiglio degli Anziani di Reggio con Alfonso II d’Este, tesi di laurea, relatore G.V. Signorotto, Università di Modena e Reggio Emilia, a.a. 2014-15, passim; M. Al Kalak, Il riformatore dimenticato. Egidio Foscarari tra inquisizione, concilio e governo pastorale (1512-1564), Bologna 2016, pp. 172 s., 233.