ANDROZI (Androzio), Fulvio
Nacque nel 1523 a Montecchio, l'odierna Treia, in provincia di Macerata. Studiò probabilmente a Camerino e conseguì il titolo di dottore in utroque iure. Vicario generale di Berardo Bongiovanni, vescovo di Camerino, ottenne poi un canonicato nella basilica di Loreto. Nel dicembre del 1555, dopo aver partecipato agli esercizi spirituali in S. Maria della Strada a Roma, sotto la direzione del Laynez, decise di farsi gesuita. Lo stesso s. Ignazio, che lo ebbe in grande stima, lo ammise nella Compagnia. L'A. ritornò subito a Camerino e a Loreto con l'ordine del Loyola di percorrere a piedi, come missionario, alcune terre e villaggi della Marca. Nel maggio 1556 fu mandato a Meldola (Forlì), dove il cardinale Rodolfo Pio di Carpi, che desiderava farlo vicario generale della propria diocesi di Girgenti, e Lonetto Pio di Carpi, suo padre e signore del luogo, intendevano fondare un collegio. Il disegno non riuscì per insufficienza di mezzi e l'A., dopo essersi fruttuosamente prodigato con l'azione spirituale in mezzo a quelle popolazioni introducendo la pratica delle Quarantore, venne dal Laynez, succeduto a s. Ignazio come generale della Compagnia, destinato a Siena per concludere col cardinale F. Mignanelli la cessione della chiesa di S. Vigilio al collegio gesuitico di quella città. La missione fallì avendo l'A. provocato incautamente, secondo la testimonianza del Laynez, l'ira dei magistrati senesi con la difesa di un sacerdote imprigionato, il cui caso, a giudizio dell'A., non rientrava nella competenza della giurisdizione civile.
Verso la fine del 1557 andò rettore a Firenze e vi rimase oltre un triennio. In occasione di una solenne disputa tenuta dagli alunni del Collegio Romano al Pantheon il 3 luglio 1558 in onore del Laynez, l'A. pronunziò un'orazione giudicata assai bella. Nel luglio del 1561 il Laynez, recandosi a Trento alle sessioni del concilio, visitò i collegi di Firenze e di Ferrara: effetto di questa visita fu il trasferimento dell'A. come rettore dall'una all'altra città. Il 14 dicembre di quell'anno, in Ferrara, l'A. fece la professione di quattro voti e il 14 settembre del 1562 inaugurò il rettorato, che terrà per quattordici anni.
A Ferrara riuscì a rafforzare la posizione dei gesuiti nel ducato estense. Oltreché mostrarsi sollecito e generoso, acquistandosi popolari simpatie, in occasione del terremoto e della peste che colpì lo stato nel 1570 e nel 1571, e ottenere (1570) la costruzione di un nuovo e più ampio collegio dell'Ordine, su disegno dell'architetto gesuita ferrarese Giovanni Tristano, portata a termine nel 1580, l'A. entrò in rapporti cordiali con gli Estensi. Intimo del cardinale Luigi e di Ippolito, che sotto la sua influenza avrebbe voluto divenire gesuita, ma che non fu accettato dal Laynez, fu anche consigliere spirituale del duca Alfonso II. E in questi suoi rapporti con il duca, coadiuvando il generale della Compagnia Francesco Borgia, poté risolvere alcuni dissidi insorti fra Ferrara e Roma.
Le accuse principali che papa Pio V moveva al duca, come narra il Borgia in una lettera all'A. del 10 apr. 1570, erano che a Ferrara non si lottasse con sufficiente energia contro la robusta comunità israelitica ivi esistente, la quale riusciva anche a far proseliti in ambiente cristiano; che si proteggessero taluni personaggi sospetti di eresia, tra cui Cornelio Bentivoglio; e infine che si svolgesse una politica antitoscana, e conseguentemente antiromana, filoveneziana e imperiale. Questi dissidi si appianarono, anche per l'intervento dell'A. presso il duca, con soddisfazione di Roma, come poteva constatare il Borgia stesso in occasione di una sua sosta a Ferrara nell'autunno del 1572.
L'A. morì a Ferrara il 27 ag. 1575.
Non risulta che in vita l'A. abbia pubblicato nessun suo scritto: le opere che di lui possediamo sono postume, raccolte per cura del gesuita Francesco Adorno, rettore del collegio di Padova, suo grande amico e ammiratore. Questi, recatosi a Ferrara nel 1577,due anni dopo la morte dell'A., e conosciuta l'esistenza di alcuni suoi brevi trattati ascetici, conservati in gran parte presso alcune dame della nobiltà ferrarese, note per i rapporti spirituali assai intensi avuti con l'A., si risolse a darli alle stampe. La prima edizione apparve a Milano, presso Pacifico Pontio, nel 1579, preceduta da una lettera biografica dell'Adorno e dedicata alla duchessa d'Urbino, Lucrezia d'Este: Opere spirituali del R. P. Fulvio Androtio della Compagnia di Gesù. Divise in tre parti nelle quali si tratta della meditatione della Vita e Morte del nostro Salvator Giesù Christo, Della frequenza della Communione, Et dello stato lodevole delle Vedove. Utili a tutte le persone che desiderano vivere Spiritualmente. Seguirono in breve tempo ristampe a Milano, a Venezia (1580, 1581, 1586, 1587, 1588, 1606, 1612, 1626), a Napoli nel 1581, e traduzioni di tutte le opere o dei singoli scritti in latino, tedesco, inglese, francese, fiammingo, polacco, castigliano, portoghese.
La prima parte, Meditazioni della vita e morte di Christo, comprende, oltre una breve istruzione sul modo di meditare, in cui è sensibile il ricordo degli esercizi spirituali del Loyola, dodici meditazioni divise, secondo lo schema tradizionale, in preludio, punti, sentimenti, domande e orazione. Seguono le Meditazioni per tutti i giorni della settimana e le Considerazioni sul Pater noster. La seconda parte, Della frequente communione, contiene in realtà due distinti trattati, ambedue esaurienti dal punto di vista devozionale. L'A. si presenta convinto fautore della comunione frequente, differenziandosi sensibilmente dal metodo propugnato dai suoi stessi confratelli Madrid e Polanco, che si limitavano ad affermare la frequenza settimanale al sacramento, ed esorta alla comunione frequente senza limitazione. Il che risulta anche dallo scritto Dello stato lodevole delle vedove, dove l'A. mostra di pensare a una frequenza quotidiana. Un altro punto che lo allontana dalla pratica devozionale del tempo consiste nel consigliare la comunione a chi la desideri anche "non si potendo confessare". L'altro breve trattato di questa seconda parte ha per oggetto lo scrupolo, che l'A. considera come un'infermità spirituale e spesso come un'infermità psicologica, derivante da uno squilibrio tra le facoltà intellettive e l'immaginazione, da curarsi quindi con rimedi atti a moderare gli eccessi della fantasia. L'ultimo opuscolo Dello stato lodevole delle vedove è stato ritenuto dagli studiosi della spiritualità gesuitica come il primo di una lunga serie di opere che gli scrittori della Compagnia dedicarono alla santificazione dei membri delle varie classi sociali. Importante, nell'ambito della letteratura ascetica del tempo, è l'inserimento compiuto dall'A. dei motivi della devotio moderna nella pratica devozionale della Compagnia di Gesù. Ed infatti i nomi più citati dall'A. sono Tommaso da Kempis e s. Caterina, oltre, naturalmente, s. Ignazio.
Fonti e Bibl.: Monumenta Hist. Soc. Iesu, Vita Ignatii Loiolae... auctore I. de Polanco, V, Matriti 1897, p. 43;VI, ibid. 1898, pp. 71-74, 97-99 e passim; Polanci Complementa, Epistolae et Commentaria, II, Matriti 1917, pp. 133, 692 e passim; Monumenta Ignatiana, Epistolae et Instructiones, IX, Matriti 1909, p. 675; X, ibid. 1910, pp.95, 152, 168, 185, 425 e passim; XI, ibid. 1911, pp.38, 135, 236, 305 e passim; XII, ibid. 1911, pp.141 s. e passim; Sanctus Franciscus Borgia, V, Matriti 1911, pp. 328-330, 457 s., 538 s.; Lainii Monumenta, Epistolae et Acta, II, Matriti 1912, pp. 86-89, 143, 676 e passim; III, ibid. 1913, pp. 3, 80, 414, 552; IV, ibid. 1915, passim; VI, ibid. 1915, pp. 25, 42, 430, 444; VII, ibid. 1916, pp. 33, 56, 211; VIII, ibid. 1917, pp. 337, 338; Epistolae Mixtae, V, Matriti 1909, pp. 339-343, 377-380, 382-387e passim (lettere dell'A.); Litterae Quadrimestres, VII, Roma 1932, pp. 120, 449; Cartas de San Ignacio de Loyola, VI, Madrid 1889, pp. 407-409; Ch. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, I, Paris-Bruxelles 1890, col. 381; VIII, ibid. 1898, col. 1644; XII(Supplement, a cura di E. M. Rivière), Louvain 1960, col. 65; I. Iparraguirre, Historia de la práctica de los Ejercicios espirituales de San Ignacio de Loyola, I, Bilbao-Roma 1946, p. 281; P. Tacchi Venturi, Storia della Compagnia di Gesù in Italia, I, 2 ed., Roma 1930, passim; J.De Guibert, La spiritualité de la Compagnie de Jésus, Roma 1953, pp.200, 262, 371-372; P. Pirri, Giovanni Tristano e i primordi dell'architettura gesuitica, Roma 1955, passim.