Fulda
Città dell'Assia, in Germania. Nella storia di Federico II il nome della città è legato alla sentenza con cui l'imperatore prosciolse gli ebrei di quella comunità dall'accusa di avere ucciso alcuni bambini cristiani per utilizzarne il sangue a scopo rituale e vietò che in futuro fosse attribuito agli ebrei un tale assurdo crimine.
La vicenda è molto complessa. Federico era tornato nella primavera del 1235 in Germania per reprimere la ribellione di suo figlio Enrico e per altri affari di stato. Mentre risiedeva nel castello di Hagenau, gli ebrei di Fulda furono accusati davanti al tribunale imperiale di avere ucciso alcuni bambini cristiani per cibarsi del loro sangue. Le fonti che parlano dell'accusa e del conseguente comportamento di Federico sono la sentenza emanata dallo stesso imperatore ad Augusta nell'agosto 1236 e alcune cronache ecclesiastiche più o meno vicine agli eventi.
Secondo la sentenza imperiale, la credenza che gli ebrei si cibassero di sangue cristiano era talmente radicata nell'immaginario collettivo da fare apparire vera l'incriminazione e prevedibile una sua ricaduta violenta su tutte le comunità di Germania. Per questo Federico volle che si facesse un'inchiesta accurata e si chiarisse una volta per sempre la verità o l'infondatezza dell'accusa. Formò quindi una giuria di nobili laici ed ecclesiastici, i quali non furono però capaci di liberarsi dal pregiudizio e dal dubbio e non riuscirono a emettere la sentenza. Federico, che per la vastità della sua cultura era già convinto dell'inconsistenza dell'accusa, con accorto senso politico, ebbe l'idea originale di convocare un'adunanza di giudei battezzati, esperti della legge e dei costumi del loro popolo; i convocati, in quanto apostati, avrebbero avuto tutti i motivi per rivelare le eventuali nefandezze, e quindi anche l'omicidio rituale, da cui si erano voluti liberare con la conversione. Federico così parla della sua iniziativa: "Noi, benché la nostra coscienza, sulla base dei molti libri che la nostra maestà conosceva, ritenesse ragionevolmente accertata l'innocenza dei suddetti giudei, tuttavia per la soddisfazione sia del popolo rude che del diritto, abbiamo preso una decisione saggia e salutare e, in accordo con i principi, i grandi, i nobili, gli abati e gli uomini di Chiesa abbiamo inviato a tutti i sovrani delle regioni d'Occidente messi speciali, attraverso i quali fare venire dai loro regni alla nostra presenza il numero più grande possibile di neofiti pratici della legge giudaica" (Constitutiones, 1896, p. 275). Che questa richiesta sia stata veramente rivolta ad altri sovrani europei, è confermato da una lettera con cui, in data 24 febbraio 1236, Enrico III d'Inghilterra, il fondatore della Domus Conversorum di Londra, comunica a Federico II di avere accolto con tutti gli onori il suo inviato e che avrebbe esaudito il suo desiderio mandandogli due dei più illustri neofiti inglesi.
Ai neofiti raccolti a consulto fu chiesto se conoscessero un qualche motivo per cui i giudei fossero indotti a servirsi di sangue umano e a commettere un assassinio per procurarsene. L'inchiesta, che prese non poco tempo, rivelò che nei libri dell'Antico e del Nuovo Testamento i giudei non apparivano in alcun modo avidi di tale sangue. Anzi, dal Pentateuco ebraico, dai precetti mosaici e dai decreti contenuti nel Talmud risultò che i giudei dovevano evitare di contaminarsi con qualsiasi specie di sangue. In considerazione dunque del fatto che era improbabile che coloro a cui fosse vietato in modo assoluto di cibarsi del sangue degli stessi animali permessi, avessero sete di sangue umano e commettessero un così orribile crimine, mettendo in pericolo i loro beni e le loro persone, l'imperatore decretò che tanto i giudei di Fulda che del resto della Germania fossero prosciolti dall'accusa. Vietò anche espressamente che per l'avvenire in tutto l'Impero fosse levata contro di loro da chicchessia una incriminazione così infamante "sotto pretesto della predicazione o di qualsiasi altro motivo" (ibid.); ordinò infine che verso i giudei fosse usato un trattamento favorevole e benevolo, essendo essi suoi servi e "nei servi doveva essere onorato il loro signore" (ibid.). Nella sentenza imperiale che ricostruisce il delitto e l'inchiesta non si fa cenno dei giudei che furono bruciati vivi dalla follia antigiudaica esplosa a Fulda prima che Federico prendesse nelle sue mani il caso. I giudei uccisi furono trentaquattro e a essi dedicò tre componimenti liturgici (selichot) Pesah ha-Cohen, congiunto e amico di alcune delle vittime.
La vicenda di Hagenau trovò un'eco in alcune cronache, divergenti tra loro in particolari non lievi e tendenziose nell'esposizione dei fatti.
La redazione più oggettiva sembra quella contenuta negli Annali di Marbach, una collegiata dell'Alsazia, dove si legge che "presso il monastero di Fulda i giudei uccisero in un mulino alcuni fanciulli cristiani per ricavare da essi il sangue da usare a fini terapeutici. Perciò gli abitanti di quella città uccisero molti giudei. Ma quando i corpi dei fanciulli furono portati nel castello di Hagenau e qui degnamente tumulati, l'imperatore non riuscendo in altro modo a sedare il tumulto allora sorto contro i giudei, convocò da diverse parti molti uomini potenti, grandi e letterati e domandò loro se, come era opinione diffusa, gli ebrei nel giorno di parasceve avessero bisogno di sangue cristiano, dichiarando che, se si fosse accertato che era così, si sarebbero dovuti uccidere tutti i giudei residenti nell'impero. Però, siccome su ciò non riusciva ad appurare nulla di certo, in breve tempo la severità del proposito imperiale, dopo avere ricevuto molto denaro dai giudei, si acquietò" (Annales Marbacenses, 1998, pp. 246-248). Il compilatore degli Annali riferisce, dunque, che l'opinione diffusa che gli ebrei si servissero di sangue cristiano non fu confermata nel consesso imperiale e che l'imperatore fu corrotto dal denaro giudaico. Gli Annales riportano anche un motivo nuovo nell'accusa, di certo aggiunto dal cronachista, quello che gli ebrei si servissero del sangue cristiano per la composizione di rimedi medicinali.
Nessun accenno all'inchiesta imperiale e alla sentenza di assoluzione dei giudei si trova nel racconto dell'anonimo domenicano autore degli Annali di Erfurt, in Turingia. "In quell'anno" ‒ egli scrive ‒ "alle quinte calende di gennaio a Fulda furono uccisi dai crociati trentaquattro giudei di entrambi i sessi, perché due di loro avevano ucciso, in modo da destare pietà, nel santo giorno di Cristo i cinque figli di un mugnaio residente fuori dalle mura, quando questi era andato con la moglie in chiesa, poi avevano raccolto il sangue degli uccisi in sacchi incerati e prima di andarsene avevano dato fuoco alla casa. Quando si scoprì la verità di questo fatto e i giudei confessarono, essi furono puniti, come si è detto sopra" (Annales Erphordenses, 1899, p. 92).
Il cronachista di Erfurt è l'unico a specificare il numero dei giudei uccisi, come pure ad attribuire la loro uccisione ai crociati. Egli precisa anche la data in cui avvenne l'assassinio dei fanciulli: 28 dicembre 1235. Poiché questo giorno nel 1235 cadde di venerdì, è probabile che il cronachista rifletta il pregiudizio che il sangue cristiano fosse destinato al primo pasto sabbatico, quello del venerdì sera. La data del 28 dicembre, tuttavia, potrebbe anche essere simbolica, perché in questo giorno la Chiesa commemora la strage degli innocenti. Ma che l'assassinio dei fanciulli sia avvenuto durante il mese di dicembre del 1235 sembra sicuro: ciò s'accorda infatti sia con la frammentaria Chronica Fuldensis (1976, p. 112), secondo la quale i fanciulli furono uccisi la notte di Natale, sia con la succitata lettera di Enrico III d'Inghilterra a Federico, datata 24 febbraio 1236, e perciò quando l'inchiesta voluta dall'imperatore era già bene avviata.
Il collegamento esplicito tra il delitto, la pasqua ebraica e il venerdì santo è invenzione del benedettino Richerio di Senones, nei Vosgi, nella cronaca che egli scrisse tra il 1254 e il 1264. Secondo questo autore, dichiaratamente antigiudeo, gli ebrei che abitavano nei pressi di Hagenau si procurarono, in occasione della loro pasqua, tre fanciulli cristiani dell'età di sette anni e li seviziarono a morte. Quando i cristiani per caso se ne accorsero, entrarono nelle case degli ebrei e trovarono i fanciulli nudi e privi di vita. Poiché l'imperatore non era presente, i cristiani conservarono i corpi fino al suo ritorno. Federico, che nel frattempo era stato 'accecato' con ingenti doni dagli ebrei, avrebbe detto, indicando i cadaverini: "Se sono morti, andate a seppellirli, perché non servono più ad altro" (Richerio, 1974, p. 324). E così, conclude Richerio, l'imperatore fornì un'ulteriore prova della sua mancanza di fede, lasciando andare in pace i giudei e non rendendo giustizia ai cristiani. Per questo il giudice divino chiuse sia lui che i giudei nell'inferno! Richerio inventa dunque una nuova versione dei fatti, ostilissima nei confronti di Federico, proprio perché non punì i giudei.
Nel 1247, undici anni dopo il giudizio assolutorio emesso da Federico, anche papa Innocenzo IV scagionò gli ebrei dall'accusa di omicidio rituale e proibì che in futuro venisse mai più sollevata contro di loro una simile imputazione.
fonti e bibliografia
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Annales Erphordenses fratrum Praedicatorum a. 1220-1253, a cura di O. Holder-Egger, ibid., Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum, XLII, 1899, p. 92.
Richerio, Gesta Senoniensis Ecclesiae, a cura di G. Waitz, ibid., Scriptores, XXV, 1880 (Stuttgart 1974, p. 324).
Chronica Fuldensis. Die Darmstädter Fragmente der Fuldaer Chronik, a cura di W. Heinemeyer, Köln-Wien 1976, p. 112.
Annales Marbacenses, in Die Chronik von St. Blasien und die Marbacher Annalen, a cura di F.-J. Schmale, Darmstadt 1998, pp. 246-248 (ad a. 1236).
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