MUSICALE, FRUIZIONE.
– La crisi del CD e la rivincita del vinile. La musica liquida. Bibliografia
Le trasformazioni dei supporti per ascoltare la musica, tra il 19° e il 20° sec., hanno costituito una rivoluzione non solo in ambito squisitamente sonoro, ma in una chiave più generale, complessa e articolata: estetica, culturale, sociologica, tecnologica, tale da riguardare generi, stili, processi compositivi e percettivi. Un lungo processo tecnologico al servizio dell’arte che ha contribuito al grande sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa e ha cambiato per sempre il modo di comporre e di ascoltare la musica.
Il 21 giugno 1948 l’etichetta discografica Columbia Records lanciò negli Stati Uniti il primo 33 giri, o LP (Long-Playing). Si trattava di un disco di 12 pollici di diametro (3,5 cm) i cui solchi erano più piccoli rispetto ai primi dischi prodotti, quindi capace di contenere fino a dieci tracce e realizzato in PVC (PoliVinilCloruro). L’arrivo del vinile fu una vera e propria svolta e in tempi strettissimi scomparve il 78 giri. Passeranno altri 34 anni prima dell’arrivo sul mercato, ufficialmente nel 1982, del Compact-Disc Digital Audio, il CD-A, il supporto in grado di digitalizzare l’onda sonora prelevandone, a intervalli regolari, il valore, e convertendolo in una sequenza numerica facilmente archiviabile che contiene tutte le informazioni necessarie per la riproduzione del segnale stesso.
Doveva essere la seconda, forse definitiva rivoluzione nel la fruizione della musica e invece il supporto in policarbonato, duplicabile all’infinito, ha di fatto contribuito alla crisi dell’industria discografica. È nato infatti il ‘mercato’ parallelo della pirateria, in grado di riprodurre qualunque opera a costi molto bassi. L’imposta di valore aggiunto applicata nel nostro Paese ha reso il prodotto particolarmente dispendioso: in pratica, un sesto dell’intero valore di un Compact-Disc Audio è costituito dall’imposta sul valore aggiunto (IVA). Da tempo le associazioni dei consumatori, l’industria discografica e gli stessi musicisti chiedono una riduzione dell’aliquota, sono allo studio leggi e proposte, ma il costo del supporto registrato resta ancora molto elevato. Secondo uno studio del 2011 realizzato dall’ADOC (Associazione per la Difesa e l’Orientamento dei Consumatori), nel resto d’Europa si spende per un CD il 37% in meno rispetto all’Italia, e questo favorirebbe tutte le pratiche illegali per la fruizione e l’ascolto. Non solo. Il CD non è biodegradabile, il suo smaltimento è a tutt’oggi un problema, così come il bronzing, l’annerimento ai bordi del supporto dovuto allo zinco contenuto in alcune copertine che ne compromette l’ascolto, o il cosiddetto jitter, la differenza di sincronismo tra lettore e convertitore, oppure l’insufficiente velocità di calcolo dei convertitori dei primi anni. Tutti elementi difficilmente misurabili, ma avvertibili dall’orecchio umano come ‘fatica d’ascolto’. Nel 1999, per ovviare ai problemi di ordine tecnico Sony e Philips Electronic hanno lanciato il Super Audio CD (SACD) che però non ha avuto grande fortuna (anche per via dei costi piuttosto alti), così come il DVD-Audio.
La crisi del CD e la rivincita del vinile. – La crisi del CD è iniziata tra il 2006 e il 2007 secondo la RIAA (Recording Industry Association of America) e in quello stesso periodo il disco in vinile si è riaffacciato sul mercato (http://www. riaa.com/chartindex.php). In milioni di unità queste le cifre delle vendite di vinile nel mercato degli Stati Uniti: 1,3 nel 2007, 2,9 nel 2008, 3,5 nel 2009, 4,2 nel 2010, 5,5 nel 2011, 6,9 nel 2012 fino al balzo dei 9,4 milioni di copie nel 2013. Una crescita esponenziale: dapprima usato dai discjockeys nei club più alla moda, poi utilizzato per le ristampe di grandi classici del rock e del jazz – da Kind of blue di Miles Davis a The dark side of the Moon dei Pink Floyd –, infine stampato insieme al CD da artisti del calibro di R.E.M., U2, Radiohead, Pearl Jam, Eminem. Comparando i dati forniti da Amazon, la società americana specializzata nel commercio elettronico (http://www.fastcompany.com/3017536/fast-feed/infographic-what-amazon-us ers-are-buying-on-vinyl) in un periodo compreso tra il 2008 e il 2013 la vendita di vinile negli Stati Uniti è cresciuta del 745%, sostenuta anche dall’Autorip, copia in MP3 del disco che si può, quindi, ascoltare via web sul computer, accedendo al cloud player sul sito della compagnia di Seattle, o via app per Android o iPhone.
L’Italia è considerata il settimo mercato mondiale per il disco in vinile e il quinto in Europa dietro Germania, Gran Bretagna, Francia e Paesi Bassi. Nel Regno Unito l’indotto economico del vinile parla da sé (dati del 2013 BPI, British Phonographic Industries, http://www.bpi.co.uk/ home/vinyl-revival-continues-as-lp-sales-reach-highest-level-inmore-than-a-decade.aspx): 12 miliardi di sterline solo nel 2013 con punte da 2 miliardi nel giorno del Record store day, l’appuntamento annuale che celebra la resistenza dei piccoli negozi che hanno continuato a vendere LP e 45 giri e che come evento è stato inaugurato nel 2008.
Anche la IFPI (International Federation of the Phonographic Industry), la federazione dell’industria discografica mondiale, conferma il dato dell’ascesa del long-playing a livello mondiale con un più 52% nel 2012 rispetto all’anno precedente. Il picco è arrivato nel 2013, anno di pubblicazione di Random access memories dei Daft Punk (49.000 copie vendute). Il loro singolo Get lucky risulta essere il vinile record anche su Amazon con 19.000 copie acquistate solo nella prima settimana, quasi il 10% del totale delle vendite. La rivista americana «Billboard» ha stilato, a tal proposito, una apposita classifica: al primo posto Lazaretto di Jack White, vinile più venduto dal 1994 al 2013 con 60.000 copie. Al secondo posto AM degli Arctic Monkeys, 29.000 copie vendute, terzi i Daft Punk (dati del febbraio 2008 IFPI, http://www.ifpi.org/content/library/MUSIC-MARKET-DATA-2007.pdf).
Di certo il solo mercato del vinile è ancora a livelli di nicchia rispetto alla situazione generale dell’industria della musica. La nuova svolta per tutto il settore è stata registrata a cavallo tra il 2005 e il 2006: insieme alla crisi del settore e a quella dei ricavi del CD, il digital download è entrato ufficialmente nei dati della RIAA. Solo nel 2009 i supporti fisici (vinile, CD, SACD) erano il 95%. Nel 2013 si sono ridotti al 35%.
La musica liquida. – In un lasso di tempo relativamente breve la musica cosiddetta liquida, priva cioè di oggetti fonografici per essere riprodotta, ha cambiato non solo il mercato, ma la fruizione, l’ascolto e anche il ruolo di Internet come medium. Il 14 luglio 1995 è stata varata la sigla MP3 per identificare i file MPEG Layer-3, un algoritmo ideato della divisione dei circuiti integrati del Fraunhofer Institute e capace di creare un sistema di coding (codifica digitale di un segnale) basato sulla percezione del suono. Di lì a poco, nel giugno del 1999, è arrivato Napster, il primo software di file sharing che avrebbe segnato una svolta nella diffusione di massa dell’MP3 e del peer-to-peer. Alla fine del 2001 è toccato invece all’iPod della Apple fungere da trampolino di lancio per la diffusione dei lettori MP3 portatili mentre a iTunes spetta il ruolo leader nella distribuzione di musica on-line. È stato proprio iTunes a favorire la diffusione di massa della playlist, una libreria con i brani preferiti da confezionare a piacimento o che lo stesso servizio può suggerire all’ascoltatore. Sorta di jukebox privato che è stato poi ripreso e moltiplicato dalle tante piattaforme nate via via in rete: Last.fm, Spotify, Deezer, Grooveshark, SoundCloud. Anche YouTube dispone di una playlist dei video musicali.
Nel report 2007 della IFPI, che fa riferimento alla situazione nei vari Paesi, la musica scaricata legalmente dal web (contro il peer-to-peer o P2P) veniva salutata con toni entusiastici: 500 portali per acquistare album o canzoni, una crescita del 40% rispetto all’anno precedente con una quota di business pari a circa il 15% del mercato. La stima totale parlava di 1,7 miliardi di canzoni ‘downloadate’ legalmente nell’anno, con un più 53% rispetto al 2006. Al top della classifica di quel periodo troviamo il singolo Girlfriend della cantautrice canadese Avril Lavigne: scaricato 7,3 milioni di volte per un introito complessivo pari a 7,2 milioni di dollari. Nel 2008, a invertire la tendenza del download è arrivato Spotify, servizio sul web che offre streaming on demand di una serie cospicua di artisti e di altrettante case discografiche: Warner, Sony, Emi, Universal. Partito in sordina, in soli due anni (settembre 2010), ha raggiunto i 10 milioni di utenti. Ed è proprio lo streaming la chiave di volta per decifrare la fruizione della musica nel periodo compreso tra il 2009 e il 2014. La IFPI ha infatti stabilito che nel 2014 è stato lo streaming il punto di equilibrio del mercato che ha compensato il calo del downloading legale. Kobalt Music Publishing, società che rappresenta i produttori musicali in Europa, ha ratificato il dato: il fatturato generato dai servizi di streaming è triplicato rispetto agli ultimi due anni e nel corso del primo trimestre del 2014, tramite Spotify, si è registrato il 13% in più di fatturato di quanto è stato possibile con iTunes. Secondo il «Wall Street Journal» le vendite complessive di iTunes sono scese nel 2014 del 13%-14% rispetto all’anno precedente.
Bibliografia: D.D. Kusek, G. Leonhard, The future of music. Manifesto for the digital music revolution, Boston 2005 (trad. it. Milano 2006); G. Sibilla, Musica e media digitali. Tecnologie, linguaggi e forme sociali dei suoni, dal walkman all’iPod, Milano 2008. Si veda inoltre: H. Karp, Spotify royalty payments outpace iTunes in some markets, «Wall Stret Journal», 4 novembre 2014, http://blogs.wsj.com/digits/2014/11/04/spotify-royalty-paymentsoutpace-itunes-in-some-markets/ (10 luglio 2015).