FRODOINO
Figlio di Magafredo, nobile franco di origine reale, venne affidato ancora puerulus all'abbazia dei Ss. Pietro e Andrea della Novalesa, fondata in territorio franco sulle Alpi Graie nel 726. Compiuta la sua educazione religiosa e letteraria, il 10 febbr. 773 venne eletto dalla comunità religiosa ottavo abate del monastero, succedendo all'effimero governo del vescovo di Maurienne, Witgarius.
Non sappiamo se tener fede alla testimonianza dell'anonimo autore del Chronicon Novalicense, quanto alla spontaneità e all'unanimità di questa elezione: è più probabile, infatti, che Carlo Magno, in vista della conquista del Regno longobardo, abbia scelto di collocare un uomo di sua fiducia alla guida del monastero che controllava il passaggio della Val di Susa.
Già nel mese seguente F. si trovava a Quierzy, con tutta probabilità per rendere omaggio a Carlo Magno nella sua nuova veste di abate, e per ricevere dal sovrano l'investitura ufficiale della sua carica; in quella occasione ottenne un privilegio di immunità per l'abbazia, accompagnato dalla concessione dei proventi dei diritti di "freda" (25 marzo 773).
Nel mese di settembre Carlo Magno - in procinto di invadere l'Italia e avendo trovato la Val di Susa sbarrata dalle fortificazioni longobarde - fece della Novalesa il suo quartier generale, associando così al vantaggio di una posizione difesa per via naturale le risorse dei viveri fornite dal monastero, nell'abituale quadro degli obblighi militari che quest'ultimo doveva garantire.
Il sovrano seppe mostrarsi riconoscente per tale ospitalità poiché, secondo il Chronicon, dopo la conquista di Pavia, si fece raggiungere da F., al quale donò la grande "curtis" di Gabiano (nell'attuale provincia di Alessandria), fornita di 1.000 mansi, alla quale si aggiunsero, nello stesso momento o più tardi, i domini di Arva e di Liana nella diocesi di Maurienne. I diplomi che corroborano tale narrazione sono tuttavia estremamente interpolati, tanto che non sappiamo realmente la data esatta dell'avvenuta integrazione di questi possessi con quelli della Novalesa.
F. si impegnò nel corso del suo lungo abbaziato a difendere e a incentivare il patrimonio monastico. Nell'810 l'alamanno Teutcario compì una donazione pro anima della sua villa di Quomoviana (Cumiana). Qualche anno prima era stato un certo Hunno a donare la sua villa nei pressi di Oulx. Quest'ultima donazione fu causa di un conflitto tra l'abbazia della Novalesa e i servi della villa, che cercarono di approfittare del cambio di proprietà rivendicando la condizione di liberi. La loro richiesta fu rigettata una prima volta, Hunno ancora vivente, nel corso di un processo presieduto da due missi di Carlo Magno, Guiberto e Arduino conte di Piacenza, e dal vescovo di Torino, Andrea, assistito da sei scabini, dopo che alcuni testimoni ebbero attestato la loro condizione servile in favore di Hunno e di suo padre, esistente da trent'anni e più, invalidando in tal modo la carta di affrancamento che avevano esibito. Il tentativo fu ripetuto, ma essi persero di nuovo la causa, svoltasi nel palazzo di Pavia nel corso di un'udienza, dove venne esposto e confermato il giudizio precedente.
Possediamo, riguardo ai placiti relativi alla vicenda della villa di Oulx, solo un racconto indiretto prodotto in occasione della ripresa della vicenda giudiziaria avvenuta nell'827, circostanza che pone problemi di datazione. La qualificazione reale e non imperiale dei missi, contenuta nei documenti, non basta a restringere l'arco cronologico di questi, nella misura in cui molti esempi hanno dimostrato l'incertezza delle specificazioni presenti nei racconti successivi agli avvenimenti. Il vescovo di Torino, Andrea, è attestato dal 799 all'814: si ignora quando esattamente egli abbia assunto le sue funzioni; ma si sa che Carlo Magno si è fermato a Pavia nella prima quindicina di giugno dell'800, elemento che farebbe ragionevolmente propendere per questo periodo, potendo Torino essere stata la sede del primo processo, prima che la controversia fosse portata davanti alla corte regia di Pavia.
In altre vertenze F. dovette presentare l'atto di fondazione della sua abbazia, il testamento di Abbone del 726, così tante volte che, racconta il cronista ricorrendo ancora una volta a documenti falsi, si dovette richiedere all'imperatore una copia ufficiale del testo, in parte rovinato per le numerose produzioni nelle corti di giustizia. L'atto venne anche confermato da Ludovico il Pio nell'814 in un diploma che assegnava alla Novalesa l'insieme della valle di Bardonecchia (il documento è interpolato, ma il passo in questione sembra genuino).
L'abbazia della Novalesa risulta essere stata, sotto il governo di F., un importante centro intellettuale e spirituale; è a lui che Carlo Magno affidò l'educazione religiosa di Ugo, suo figlio bastardo e decimo abate di Novalesa. Il prestigio dell'abbazia venne potenziato dal momento che, in quella occasione, il sovrano ne arricchì la collezione di reliquie facendovi pervenire frammenti dei corpi dei ss. Cosma e Damiano e di s. Walcherio. F. stesso fece costruire una croce d'oro, d'argento e di pietre preziose per conservare latte e capelli della Vergine e resti del santo prepuzio. Nel corso del suo abbaziato venne riedificata, forse, una parte della zona presbiterale della chiesa, se l'insieme dei lavori non è attribuibile al suo successore Eldrado. F. commissionò, infine, molte opere allo scriptorium, in particolare al monaco Atteperto, copista fra l'altro di un grande evangeliario.
F. morì, dopo un governo di quarantatré anni, il 10 maggio 815 o 816. Secondo l'autore del Chronicon una vita di F. sarebbe stata redatta al fine di promuovere il suo culto, ma questo venne eclissato dalla santità del già ricordato Eldrado.
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