FRINICO figlio di Polifrasmone (è il nome più probabile dei tre attribuitigli dalla tradizione)
Tragico ateniese, che riportò la sua prima vittoria, secondo Suida, nell'olimpiade 67 (511-508). È dunque un contemporaneo di Eschilo; ma, più anziano di lui, in molte cose lo precorse e ne fu imitato. Secondo Suida, per il primo introdusse figure femminili nella tragedia e per il primo usò il tetrametro trocaico, ma le due notizie sono false. Abbiamo 10 o 11 titoli di tragedie (Suida ne dà sette soltanto): Gli Egiziani, Atteone, Alcesti, Anteo o i Libi, Δίκαιοι, Danaidi, La presa di Mileto, Le donne di Pleurone, Tantalo, Le Fenicie. Una vittoria famosa fu forse quella del 476, quando fu corego Temistocle; ma è soltanto una congettura, sebbene essa sia probabile, che in quell'occasione fossero rappresentate Le Fenicie.
Tragedie notevolissime, ispirate ai grandi avvenimenti storici del tempo, sono La presa di Mileto e Le Fenicie. La prima rappresentava così vivamente i dolori della disfatta greca nell'Asia Minore, che gli Ateniesi dopo la prima vietarono ogni altra rappresentazione del dramma e condannarono a una multa il poeta che li aveva disanimati con la rievocazione di una sventura nazionale (Erodoto, VI, 21). È semplice congettura che la Presa di Mileto sia stata scritta per ispirazione di Temistocle, allo scopo di preparare la guerra con la Persia. La seconda tragedia prendeva nome dal coro composto di donne fenicie. La tragedia cominciava con un prologo recitato da un eunuco che annunziava la disfatta di Salamina (di questo racconto ci ha reso due trimetri in dialetto ionico un papiro d'Ossirinco). È notevole che F. abbia portato la scena del suo dramma presso la reggia persiana, imitato, in questo almeno, da Eschilo nei Persiani (472). Del dramma di F. non sappiamo di più.
È impossibile, servendosi degli scarsissimi frammenti conservatici, caratterizzare l'arte del poeta. La sua grandezza si può indovinare, più che altro, dagli accenni piuttosto frequenti di Aristofane, che chiaramente lo considera (Rane, 1299) il maggiore dei tragici prima di Eschilo, degno di stare al paragone con lui, dopo averlo lodato con parole bellissime (in Uccelli, 750, cfr. in Thesmoph., 164 segg. il cenno alla sua bellezza e alla ionia eleganza del vestire). Altro segno sicuro della grandezza di F. è che non solo Eschilo lo imitò (oltre che nei Persiani, anche nella trilogia Supplici, Egiziani, Danaidi che ricorda i titoli di due drammi di F.), ma anche Euripide a mezzo e alla fine della sua attività poetica (l'Alcesti, del 438, imita la tragedia omonima di F.; cfr. Serv., ad Aen. IV, 624; e le Fenicie, del 410, ricordano del pari l'omonimo dramma di F.).
Fonti: Frammenti di Nauck, Tragicorum graecorum fragmenta, 2ª ed., Lipsia 1889, p. 720 segg.; R. Reitzenstein, Der Anfang des Lexicons des Photios, Berlino-Lipsia 1907; H. Diels, in Rhein. Museum, LVI, p. 29. Marx, ibid., LXXVII, p. 337 segg. (ritiene a torto le Fenicie di F. posteriori ai Persiani) e L. Weber, ibid., LXXIX, p. 35 segg. (ricostruz. dell'Alcesti di F.).