SCHELLING, Friedrich Wilhelm Joseph
Pensatore tedesco, nato a Leonberg (Württemberg) il 21 gennaio 1775, morto a Ragaz (Svizzera) il 20 agosto 1854. Dopo avere studiato nello "Stift", cioè nel seminario teologico, di Tubinga, dove strinse amicizia con Hegel e Holderlin, ebbe la carica di precettore privato presso la famiglia del barone von Riedesel, ciò che gli permise di seguire corsi di filosofia e di scienze fisico-matematiche all'università di Lipsia, di viaggiare per la Germania e di ascoltare a Jena le lezioni del Fichte, che ebbero efficacia decisiva per la sua formazione mentale. Poco dopo, lasciato il posto di precettore, fu chiamato, appena ventitreenne, anche per la protezione di Goethe, a insegnare accanto al Fichte come professore straordinario dell'università. A Jena si trovò con Carolina Schlegel (v.), che aveva già conosciuto a Dresda e che, divorziata più tardi dal secondo marito Guglielmo Schlegel, divenne nel 1803 sua moglie. Nello stesso anno lo Sch. ebbe una cattedra all'università di Würzburg, che tenne fino al 1806, quando divenne membro e poi segretario dell'Accademia delle scienze di Monaco. Nel 1827, dopo un periodo d'insegnamento a Erlangen, fu chiamato a Monaco all'università che vi era stata trasferita da Landshut; e nel 1841 il re Federico Guglielmo IV lo invitò, con le più alte attestazioni d'onore, a far parte dell'Accademia prussiana delle scienze e a tener lezioni all'università di Berlino. La missione dello Sch. doveva esser quella di contrapporre alla tradizione hegeliana, che ancora sopravviveva a un decennio di distanza dalla morte del maestro, una tradizione idealistica in cui il teismo tradizionale apparisse meglio difeso dalla minaccia del panteismo: missione che in certa misura corrispondeva, come si vedrà, all'effettivo processo di evoluzione che nel frattempo era venuta percorrendo la mentalità dello Sch. Ma le lezioni sulla mitologia e sulla rivelazione, che egli tenne all'università, furono subito, nel 1842 e '43, fatte oggetto di fiere critiche da parte di Julius Frauenstädt e specialmente di H. E. G. Paulus. Cedendo all'impetuosità del suo carattere, lo Sch. intentò al Paulus addirittura un processo, accusandolo di pubblicazione indebita del testo delle sue lezioni; ma l'autorità giudiziaria respinse la sua querela e lo Sch., indignato, rinunciò a continuare il suo insegnamento, conducendo nell'ultimo decennio della sua vita un'esistenza ritiratissima.
Nella sua produzione scientifica lo Sch. fu estremamente precoce. Ancora diciassettenne pubblicava il suo primo scritto, per il conseguimento del titolo di magister, tentando di risolvere, mercé un'interpretazione allegorica, un problema di esegesi biblica (Antiquissimi de prima malorum origine philosophematis tentamen criticum, 1792); e a temi analoghi, in quello stesso campo della religione e del mito che doveva acquistare per lui tanto interesse in una fase assai più tarda della sua evoluzione mentale, si riferivano anche altri due studî da lui pubblicati poco dopo (Über Mythen, historische Sagen und Philosopheme der ältesten Welt, nei Memorabilien del Paulus, V, 1793; De Marcione Paulinarum epistolarum emendatore, Diss. Tubinga 1795). Ma già nel 1794 aveva preso posizione nel campo speculativo, e in particolare rispetto all'interpretazione fichtiana scritto, pubblicato a Tubinga l'anno seguente, Über die Möglichkeit einer Form der Philosophie überhaupt; e da allora in poi, per tutto il quinquennio seguente continuò indefessamente ad elaborare attraverso una lunga serie di scritti (Vom Ich als Prinzip der Philosophie oder über das Unbedingte im menschlichen Wissen, Tubinga 1795; Philosophische Briefe über Dogmatismus und Kritizismus, nel Philosophisches Journal, 1796; Allgemeine Übersicht der neuesten philosophischen Literatur, ivi 1796-97; Ideen zu einer Philosophie der Natar, Landshut 1797; Von der Weltseele, Amburgo 1798; Erster Entwurf eines Systems der Naturphilosophie, Jena-Lipsia 1797, poi seguito da una Einleitung, ivi 1799) quella prima e più nel processo evolutivo dell'idealismo postkantiano e a cui egli diede la massima espressione nel System des transzendentalen Idealismus, pubblicato a Tubinga nel 1800.
L'orientamento ideale dello Sch. in questa fase della sua evoluzione risulta evidente già dal modo in cui egli delinea, nelle prime pagine del Sistema, il compito della filosofia trascendentale. Egli muove dall'antitesi della soggettività all'oggettività, come costituenti assoluti di ogni conoscenza, e considera distintamente il caso in cui data l'oggettività si debba trovare una soggettività che ad essa convenga, e quello in cui il processo sia opposto. Il primo caso corrisponde al compito della scienza della natura, il secondo a quello della filosofia trascendentale. Oggetto e soggetto sono quindi considerati come punti di partenza equipollenti. Ma anche in seno alla filosofia trascendentale si riproduce la stessa posizione: giacché, pur essendo punto di partenza l'assoluto Io, questo, per porsi e quindi per delimitarsi come tale, ha bisogno di opporre a sé il limite del Non-io. E in quanto questo limite è posto dall'Io stesso, è vera la considerazione idealistica per cui l'oggetto è condizionato dal soggetto; ma in quanto il limite è necessario all'Io perché questo possa porre sé medesimo, è vera la considerazione realistica per cui il soggetto è condizionato dall'oggetto. Anche in questo caso il soggetto e l'oggetto, l'Io e il Non-io, l'ideale e il reale non sono termini l'uno dei quali debba per forza risolversi nell'altro o almeno fondarsi sull'altro, ma termini tra cui il rapporto di condizionamento è reciproco, a seconda che esso venga considerato in funzione dell'uno o dell'altro di essi.
Si vede quindi quale sia la caratteristica fondamentale della trasformazione schellinghiana del fichtismo. Per il Fichte l'Io ha bensì bisogno di limitarsi col Non-io, ma quest'ultimo resta sempre posto dal primo, e non raggiunge mai la posizione di equivalenza che invece conquista nel Sistema dell'idealismo trascendentale. La materia fichtiana è con ciò colata dallo Sch. in una forma spinoziana: egli sta a Fichte in certo senso come Spinoza a Cartesio, e della sua viva simpatia per il grande pensatore ebraico egli del resto non fa mistero. È questo il senso in cui la sua costruzione filosofica di questa fase può assumere il nome di "sistema dell'identità" o dell'"indifferenza": ciò che vale per la sfera dello spirito vale infatti egualmente per la sfera della natura, nella cui inconsapevolezza si manifesta la medesima dialettica che viene consapevolmente alla luce nella vita dello spirito. "La natura è lo spirito visibile, lo spirito è la natura invisibile". Lo Sch. è con ciò il massimo teorico della filosofia della natura propria del romanticismo germanico, assetato di trovare una ragione nella spontaneità naturale dei proprî impeti e di dare alle ragioni e alle verità la spontaneità felice della natura. Al culmine di questo sistema sta, coerentemente, la nota concezione dell'arte come esperienza capace di superare la dualità parallela del reale e dell'ideale e di coglierne l'unità: concezione che non è del resto se non l'adattamento di quella kantiana del giudizio teleologico ed estetico quale mediazione suprema fra i due regni della causalità naturale e della libertà spirituale (e in fondo tutto il materiale del Sistema dello Sch. si risolve nel complesso dei problemi delle tre Critiche, interpretati attraverso Fichte-Spinoza).
Dal punto di vista dell'evoluzione posteriore il Sistema d'altronde prepara Hegel, che, pur tornando a Fichte per liberare lo Sch. dalla sua identità spinozistica, riprende nel suo sistema la dualità della filosofia del logo e della filosofia della natura, pur concependola come gerarchia ascendente e mediandola nella superiore filosofia dello spirito. Si spiega quindi come lo Sch., che, cinque anni più giovane del Hegel, precede di gran lunga l'amico nella formazione del suo sistema filosofico, si consideri poi da lui derubato, e finisca per trattarlo come nemico, quando questi accoglie le sue verità nella propria più complessa sintesi. Da allora in poi l'evoluzione del suo pensiero è condizionata dall'esigenza di opporsi a quella stessa filosofia hegeliana in cui esso trovava il suo più proprio sviluppo: il "secondo Sch." è quindi costretto a contraddire al "primo Sch." proprio per accentuare gli elementi di antitesi rispetto alla prosecuzione ideale che del "primo Sch." si realizzava nel Hegel. Nei primi scritti pubblicati dopo il 1800 (tra cui: Darstellung meines Systems, nella Zeitschrift für spekulative Physik da lui pubblicata nel 1800 e 1801, e continuata nel 1802 con la Neue Zeitschrift für spekulative Physik; Bruno oder über das natürliche Prinzip der Dinge, Berlino 1802; Vorlesungen über die Methode des akademischen Studiums, Stoccarda-Tubinga 1803) questa tendenza non è ancora palese; e con il Hegel egli del resto collabora nel 1802-03 per pubblicare, abbandonata la Zeitschrift, il Kritisches Journal der Philosophie. Ma già nello scritto Philosophie und Religion (Tubinga 1804), e sempre più in quelli che egli da allora in poi - ma con sempre maggiore rarità e stanchezza - viene pubblicando (tra cui: Philosophische Untersuchungen über das Wesen der menschlichen Freiheit, nelle Philosophische Schriften, Landshut 1809; Denkmal der Schrift Jacobis von den göttlichen Dingen, Tubinga 1812; Über die Gottheiten von Samothrake, Stoccarda-Tubinga 1815; Erste Vorlesung in Berlin, ivi 1841) si manifesta quel nuovo orientamento del pensiero dello Sch. che ha poi il suo documento ultimo nelle lezioni di Philosophie der Mythologie e Philosophie der Offenbarung tenute a Berlino e pubblicate postume. Il sistema dell'identità è ora considerato dallo Sch. come mera "filosofia negativa", che il Hegel ha solo ridotto in astratta forma logica, mentre conviene integrarla con la "filosofia positiva", la quale deve cogliere, al di là del razionale, l'irrazionale. In funzione di questa esigenza dualistica la dialettica dello Sch. prende di conseguenza a suo oggetto il mondo della religione cristiana, ed elabora un nuovo sistema teologico destinato, secondo il suo intento, ad informare la chiesa dell'avvenire, facendo trionfare il cristianesimo giovanneo del logos tanto su quello petrino del cattolicismo quanto su quello paolino del protestantesimo.
L'edizione fondamentale delle opere dello Sch. è quella che, dopo la sua morte, fu curata dal figlio, in voll. 14 (Stoccarda e Augusta, 1856 segg.: i primi 10 voll. costituiscono la prima Abteilung, gli altri la seconda). Essa contiene anche, in larga misura, materiale lasciato manoscritto dallo Sch. Una riproduzione fotografica di questa edizione (ma con diversa disposizione degli scritti, ordinati in modo che in 6 Hauptbände siano raccolti tutti gli scritti principali ogni volume venendo a corrispondere a un fase della sua evoluzione, e in 6 Ergänzungsbände sia dato tutto il resto, e cioè principalmente il materiale pubblicato postumo dal figlio) è stata intrapresa da M. Schröter: ne sono usciti finora i 6 Hauptbände (Monaco 1927-28). Una larga scelta è stata curata, in 3 volumi (Lipsia 1907) da O. Weiss, con prefazione di A. Drews. Delle lettere vi sono varie sillogi: la più ampia è stata compiuta da G. L. Plitt, in 3 voll. (Lipsia 1869-70); notevole, inoltre, il carteggio col re Massimiliano II di Baviera, edito da L. Trost e F. Leist (Stoccarda 1891). Delle poesie v. l'edizione di O. Baensch, Jena 1917. Per indicazioni di altre minori raccolte, e in genere delle edizioni parziali, v. Ueberweg-Oesterreich, Grundriss d. Gesch. d. Philosophie, IV, 12ª ed., Berlino 1923, pp. 37-56 e la bibliografia sotto citata del Fost. Fra le traduzioni italiane v.: Sistema dell'idealismo trascendentale, di M. Losacco, Bari 1908; Esposizione del mio sistema filosofico, di G. De Ferri, Bari 1923; Ricerche filosofiche sull'essenza della libertà umana, di M. Losacco, Lanciano 1910; Bruno, di M. Florenzi Waddington, Firenze 1859 e di A. Valori, Torino 1906; Le lezioni sull'insegnamento accademico, di L. Visconti, Palermo 1912. Tradotto in italiano (Le veglie di Bonaventura, a cura di L. Bertoni, Como 1897) è anche il romanzo pessimistico Nachtwachen von Bonaventura (Penig 1805; tra le nuove ediz. v. quelle di H. Michel, Berlino 1904, e di E. Frank, Heidelberg 1912) che, lungo tempo attribuito allo Sch., è ora, dopo le critiche del Dilthey, attribuito da alcuni a Wetzel e da altri a Brentano. Per un elenco più completo delle traduzioni italiane v. M. Losacco, Schelling, Palermo s. a., p. 431.
Bibl.: Per la bibliografia fino al 1927 v. F. Fost, Schelling-Bibliographie, Bonn 1927. (Minori bibliografie possono trovarsi in Ueberweg-Oesterreich, cit., pp. 674-76 e in M. Losacco, op. cit., pp. 429-36; una rassegna sullo stato degli studî schellinghiani è quella di O. Braun, Die Schelling-Forschungen der Gegenwart, in Die Geisterwissenschaften, I, 1913-14, n.37). Tra gli ascritti posteriori al 1927 v.: H. Knittermeyer, Sch. und. die romantische Schule, Monaco 1929 (e per i rapporti dello Sch. con l'ambiente romantico v. la bibliografia di V. Santoli nella sua versione di O. Walzel, Il romanticismo tedesco, Firenze 1924). Tra gli scritti italiani, oltre alla monografia cit. del Losacco, v. B. Croce, Dal primo al secondo Sch., in Saggio sullo Hegel seguito da altri scritti, Bari 1913, pp. 343-52 (e, per le concezioni dell'arte, Estetica, 5ª ed., Bari 1922, nei luoghi a cui rinvia l'indice s. v. Sch.). Tra gli scritti d'insieme non italiani - oltre al saggio del Hegel, Differenz der Fichteschen und Schellingschen Systeme der Philosophie, che, pubblicato a Jena nel 1801 (e ristampato nei Sämtliche Werke, I, pp. 160-296 - pp. 32-168 della riproduzione anastatica del Glockner - e nel vol. I, pp. 1-113 dell'edizione critica del Lasson) costituisce la prima grande individuazione critica della filosofia schellinghiana subito dopo la pubblicazione del Sistema dell'idealismo trascendentale - sono principalmente da citare i seguenti: K. Fischer, Sch.s Leben, Werke und Lehre (vol. VIII della Geschichte der neuren Philosophie), 4ª ed. a cura di H. Falkenheim, Heidelberg 1923; E. von Hartmann, Sch.s. philosophisches System, Lipsia 1897; E. Bréhier, Sch., Parigi 1912.