SCHLEGEL, Friedrich von
Letterato e filosofo tedesco, nato a Hannover il 10 marzo 1772, morto a Dresda il 12 gennaio 1829. Destinato dapprima al commercio, studiò poi a Gottinga e a Lipsia, dove un'avventura amorosa lo avvolse in debiti che l'oppressero tutta la vita. Visse successivamente a Dresda (1794), a Jena (1796) e (1797) a Berlino, dove, in un circolo goethianizzante dominato da intelligenti ebree, incontrò Dorothea (v.), si fece amico di L. Tieck e di F. Schleiermacher, e fondò, col fratello, August Wilhelm (v.) l'Athenaeum, organo della nuova scuola romantica. Tornato a Jena (1799), ebbe scarso successo come libero docente di filosofia (1800-01). Dopo varie peregrinazioni, si trasferì nel 1803 a Parigi, allora più che mai centro della vita europea. Là s'iniziò allo studio del persiano e del sanscrito. Tornò quindi in Germania e nel 1808, convertitosi pubblicamente al cattolicismo, andò a Vienna, segretario presso la cancelleria imperiale. Fu nel 1809 al quartiere dell'arciduca Carlo, autore di proclami antinapoleonici e redattore dell'Österreichische Zeitung (24 giugno-16 dicembre). Al Congresso di Vienna presentò un progetto di costituzione della Germania che fu passato agli atti. Consigliere di legazione, partecipò alla dieta di Francoforte (1815), ma, venuto in urto col suo capo, fu richiamato (1818). Viaggiò col Metternich in Italia nella primavera-estate 1819. Passò in strettezze gli ultimi anni.
Esordì quale scrittore nel 1794 con articoli sui Greci, nei quali il corso della civiltà ellenica era paragonato a una parabola: generata dalla natura, essa doveva sprofondarsi nella sensualità. Il saggio su Diotima sosteneva invece un ideale di cultura: la donna, essere umano, doveva venire educata all'umanità. Erano, questi, elementi di un sistema la cui prima formulazione complessiva si trova nella dissertazione Vom Wert des Studiums der Griechen und Römer (1795), uno dei primi tentativi di costruire su fondamenta kantiane una metodologia della storia. Nello stesso tempo essa opponeva la civiltà antica, naturale o circolare, alla moderna, razionale o lineare: contrapposizione che - insieme con la distinzione fra politica ed etica - ritorna nel parallelo Caesar und Alexander (1796). Svolgimento più ampio e sistematico diede lo Sch. alle sue idee sui Greci nel saggio Über das Studium der griechischen Poesie, che è sostanzialmente una critica del barocco e dello "Sturm und Drang" in nome di un gusto winckelmann-goethiano: Goethe pareva infatti allo Sch. annunciare una nuova età, di arte "oggettiva". Nella prefazione (1796) la distinzione di antico od oggettivo e di moderno o interessante tendeva a trasformarsi nella distinzione fra l'arte e le altre forme dello spirito. A questa estetica metastorica seguì un'opera che intendeva fondere insieme filosofia e storia, essere una storia estetica della poesia e nello stesso tempo un'enciclopedia della civiltà antica: la Geschichte der Poesie der Griechen und Römer (1794-98), scritta sotto l'influenza dei Prolegomena di F. A. Wolf. Contemporaneamente lo Sch. tendeva a una sistemazione dei concetti di letteratura, storia e filologia, all'identificazione della filologia intesa come storia con la filosofia.
Dopo il 1797 gl'interessi estetici e filosofici divengono dominanti, e lo Sch. si volge sempre più verso i moderni. I "frammenti" - un genere letterario che i romantici misero di moda - del Lyceum (1797) e dell'Athenaeum (1798) contengono un'estetica in nuce, formulano "l'unità e distinzione della filosofia e della poesia, della prassi e della poesia", sostengono i diritti della ragione, il concetto della storiografia come filosofia, la distinzione fra economia e diritto da una parte ed etica dall'altra. Le Ideen (1800) segnano invece, sotto l'influenza di Novalis e dello Schleiermacher, un'esperienza di religiosità, di umana religione, e sono insieme un abbozzo di un sistema dei distinti. Un'altra novità delle Ideen è costituita da chiari accenni all'estetismo. Nel Gespräch über die Poesie (1800) i motivi più interessanti sono l'esoticismo indianizzante, l'identificazione di romanticismo e biografismo, la celebrazione della "confessione".
Come saggista, lo Sch. portò nella critica spirito filosofico, ma anche, con uno scarso gusto umanistico, un'astratta sottigliezza. Notevoli le pagine sul Goethe (1797, 1800, 1808); migliore di tutti il saggio sul Lessing (1797).
Arabeschi e confessioni giudicava lo Sch. essere "gli unici prodotti naturali romantici". E arabesco e confessione è anche il suo romanzo Lucinde (1799): opera esteticamente nulla, ma notevole come interpretazione cerebrale del piacere dei sensi quale libero giuoco, arte e valore infinito, e, insieme, ricordo di personali esperienze. Imitazione estrinseca di forme ricevute, e versi d'occasione, patriottici e pii, sono anche le sue Gedichte. Esercitazione a freddo è pure il dramma in due atti Alarcos (1802).
Dilettante, e anche teorico del dilettantismo, lo Sch. mancava di una salda regola ideale. Questo spiega come, volte le spalle ai Greci, dopo essersi interessato di passata al Boccaccio (1801) e alle letterature neolatine, provenzale, spagnola, portoghese (1802-03), lo Sch. abbandoni quasi d'un tratto la cultura di tipo winckelmann-goethiano e il cosmopolitismo ereditato dal Settecento per volgersi sempre più verso arcaici ideali teutonizzanti e medievalizzanti. Le Gemählde-Beschreibungen aus Paris und den Niederlanden, 1802-04, e i Grundzüge der gothischen Baukunst, con le loro preferenze per la pittura tedesca e olandese antica e la celebrazione del gotico (allora reputato di origine tedesca) sono già significativi per questo ideale di un'arte cristiano-tedesca. Lo Sch. capiva poco di pittura e nulla di architettura, e questi scritti sono da considerarsi una specie di manifesto di un'arte che fosse simbolo o geroglifico dei "misteri divini". Ugualmente, più tardi, per ragioni di contenuto, sosterrà i nazareni.
Ben altro pregio ebbero invece i suoi studî orientali. Già nel Dialogo sulla Poesia aveva scritto che "nell'Oriente dobbiamo cercare ciò ch'è più altamente romantico". Ora, a Parigi, fra il 1802 e il 1803, si buttò al sanscrito e al persiano, sotto la guida di A. Hamilton. Della progettata grammatica persiana non fece nulla, ma nel 1808 uscì il libro Über die Sprache und Weisheit der Indier, ein Beitrag zur Begründung der Altertumskunde, che parve aprire "le porte di un nuovo mondo". Esso appartiene ancora alla preistoria della linguistica, contiene però idee notevoli, come sull'affinità nella struttura grammaticale fra il sanscrito e altre lingue indoeuropee.
Utilizzando un decennio di letture e di studî, tenne dal 1804 al 1806 lezioni di filosofia, di evidente ispirazione cristiano-cattolica, pur nella cura di salvare i motivi fondamentali della filosofia romantica. Messosi per questa via, lo Sch. venne abbracciando sempre più strettamente gl'ideali politici e religiosi della Restaurazione. L'idoleggiamento del Medioevo cattolico, il dispregio della civiltà moderna, la magnificazione del ceto nobiliare tedesco formano la trama delle superficiali lezioni viennesi Über die neuere Geschichte (1810). Analoghi spiriti aleggiano nelle lezioni sulla Geschichte der alten und neuen Literatur, anch'esse glorificazione del Medioevo germanico col connesso "disconoscimento della moderna civiltà intellettuale" (G. Mazzini). Gli ampî quadri e certe novità, come la considerazione dell'India e delle letterature germaniche medievali, assicurarono tuttavia loro, nonostante la mancanza di un vincolo unitario e parecchie bizzarrie, culminanti nell'interpretazione dell'ebraico, larga diffusione. Nel 18'1z-13 redasse il Deutsches Museum, rivista antiliberale e anticapitalista, che ebbe, fra gli altri, collaboratori A. Müller e Z. Werner; nel 1820-23 la Concordia, la quale sostenne un ideale di stato cattolico fondato su "stati" e eorporazioni, intollerante verso i partiti, acostituzionale. Un lungo periodo di sterilità fu interrotto dai cicli di lezioni sulla Philosophie des Lebens (1827), Philosophie der Geschichte (1828), Philosophie der Sprache und des Wortes (1829). In esse il tentativo di conciliare idealismo e cattolicesimo fu definitivamente abbandonato. Filosofia ed arte vennero giustificate solo in relazione alla teologia, e l'esperienza considerata forma esteriore della rivelazione.
Ediz.: Prosaische Jugendschriften, a cura di J. Minor, voll. 2, Vienna 1882 (rist., 1906); A. Wilhelm und F. Sch., in Auswahl, a cura di O. Walzel, nella Deutsche National- Literatur del Kürschner, vol. 143, Stoccarda [1891-94]; Zur Philologie, a cura di J. Körner, nel Logos, XVII, 1928, pp. 16-66; Lucinde, Berlino 1799; Neue philos. Shriften, a cura di J. Körner, Francoforte 1935; Lesstngs Geist aus seinen Schriften, Lipsia 1804; Philosophische Vorlesungen aus den Jahren 1804 bis 1806, nebst Fragmenten, a cura di Windischmann, Bonn 1836-37; Von der 8eele, già in Concordia, nuova ed. di G. Müller, Augusta-Colonia 1927; Sämmtliche Werke, voll. 10, Vienna 1822-25; 2ª ed., voll. 15, ivi 1846 (da essi sono esclusi gli scritti sopraelencati). Diresse le riviste: Athenaeum (con A. Wilhelm), voll. 3, Berlino 1798-1800; Europa, voll. 2, Francoforte 1803; Deutsches Museum, mensile, Vienna 1812-13; Concordia, 6 fasc., ivi 1823. Degli epistolarî i più importanti sono i Briefe an seinen Bruder A. Nilhelm, a cura del Walzel, Berlino 1890. Tutte le lettere a stampa di F. Schlegel e a lui indirizzate sono elencate da J. Körner, Briefe von und an F. und Dorothea Sch., Berlino 1926, pp. 607-59. Traduzioni: Frammenti critici e scritti di estetica, trad. di V. Santoli, Firenze 1936; Lucinda, trad. di E. de Ferri, Genova 1924; Storia della letteratura antica e moderna, trad. Ambrosoli, Milano 1828 (6ª ed., napoletana, Napoli 1858); Filosofia dell'istoria, 2ª ed., Napoli 1858.
Sullo Sch. giovanile: R. Haym, Die romantische Schule, 3ª ed., Berlino 1914; V. Santoli, Introduzione ai Framm. critici e scritti di estetica, Firenze 1936, pp. 1-178; F. Gundolf, F. S., nel vol. Romantiker, Berlino 1930, pp. 9-140. Inoltre: I. Rouge, F. S. (1791-97), Bordeaux 1904; C. Enders, F. S., Lipsia 1913; J. Körner, Romantiker und Klassiker, Berlino 1924. Su singoli punti: K. Borrles, Die Romantik und die Geschichte, ivi 1925; V. Santoli, Filologia storia e filosofia nel pensiero di F. S., in Civiltà Moderna, II (1930), pp. 117-39; F. Schleiermacher, Lettere sulla Lucinde, tr. ital., Bari 1927; I. Rouge, Erläuterungen zu F. S.s Lucinde, Halle 1905; J. Körner, Neues vom Dichter der "Lucinde", nei Preuss. Jahrbücher, 1921, voll. 183 e 184; P. Kluckhohn, Die Auffassung der Liebe in der Literatur des 18. Jahrhunderts und in der deutschen Romantik, Halle 1922; E. Gorra, Un dramma di F. S. [l'Alarcos], in N. Antol., CIL e CL (1896); E. Sulzer-Gebing, Die Brüder A. Wilhelm und F. S. in ihrem Verhältnis zur bildenden Kunst, Monaco 1897; W. Waetzold, Deutsche Kunsthistoriker, I, Lipsia 1921, pp. 252-72; E. R. Curtius, F. S. und Frankreich, nella Zeischfrit f. d. französischen und englischen Unterricht, XXXI (1932), pp. 1-17; R. Volpers, F. S. als politischer Denker und deutscher Patriot, Berlino-Lipsia 1917; E. Wieneke, Patriotismus und Religion in F. S.s Gedichten, Monaco 1913; R. Lorenz, F. S.s wiener Vorlesungen über die neure Geschichte, nella Deutsche Vierteljahrsschrift f. Literaturwissenschaft und Geistesgeschichte, IV (1926), pp. 696-717. Sulla storia della letteratura antica e moderna: G. Mazzini (1828), in Scritti, ed. naz., I, Imola 1906, pp. 113-24; B. v. Wiese, F. S., Berlino 1927; F. Stepphun, F. S., Philosophie des Lebens, in Logos, 1910; B. Lederbogen, F. S.s. Geschichtsphilosophie, Lipsia 1908.