Schlegel, Friedrich von
Filosofo, critico, letterato (Hannover 1772 - Dresda 1829), tra i maggiori teorici ed esponenti del Romanticismo tedesco; si occupa a varie riprese di D. e della sua opera (soprattutto della Commedia). Più che prestare un'attenzione puntuale all'opera dantesca, egli mira a una sua caratterizzazione e interpretazione complessiva nel quadro della propria concezione dello sviluppo storico e spirituale della letteratura europea.
Così nel saggio edito nel 1797, Ueber das Studium der griechischen Poesie, lo S. cita la Commedia (" quest'opera colossale, questo fenomeno sublime nella fosca notte di quell'età di ferro ") come conferma della sua tesi che anche le forme più antiche di poesia moderna non hanno un'origine naturale, non derivano dall'impulso, ma sono guidate da concetti, sia pur oscuri, e si distinguono in tal modo dalla poesia classica non per grado, ma per specie. La stessa presenza, anzi il predominio nella Commedia di quella " barbarie " che è la rima, l'imposizione di questo " ornamento gotico " come legge della poesia, dimostrano che il poema dantesco è frutto di arte e non di natura.
Meno schematico il giudizio che si trova nel Gespräch über die Poesie del 1800, dove, tracciando la storia delle varie epoche della poesia, lo S. definisce D. " padre e fondatore della poesia moderna ", in quanto ha saputo raccogliere ed esprimere potentemente nella sua opera la sua nazione e la sua epoca, la Chiesa e l'Impero, la sapienza e la rivelazione, la natura e il regno di Dio, dando alla nuova lingua volgare una dignità e una forza classica, e nobilitando l'arte provenzale della rima. A D. viene pure riconosciuto il merito di essere stato l'unico ad aver trovato e formato, con forza gigantesca, una " sorta di mitologia " quale allora era possibile; questo apprezzamento tuttavia nell'edizione del 1823 risulta attenuato, nel quadro complessivo di un inasprimento del giudizio dello S. su D., da alcune osservazioni sul fatto che gli elementi vari ed eterogenei dell'opera di D. (verità cristiana, allegoria di origine biblica, risonanze di mitologia antica, concezione aristotelica della natura, astronomia medievale, fantasia dell'artista medesimo) non confluiscono armonicamente in un tutto e lasciano sussistere un senso di contrasto insuperato.
Sempre nel Gespräch über die Poesie, lo S., riprendendo un motivo degli Athäneum-Fragmente, dove aveva disegnato una traiettoria ideale della poesia moderna che va dall'opera " profetica " di D. attraverso l'universalità di Shakespeare alla più perfetta " poesia della poesia " che è quella di Goethe (fr. 247), insiste sul parallelismo tra D., come fondatore di una nuova poesia nel Medioevo, e Goethe come fondatore di una nuova poesia per la sua epoca e la posterità. Poco dopo, nella Nachricht von den poetischen Werken des J. Boccaccio del 1801, esalta D. come " profeta e sacerdote della natura e della fede cattolica " e giudica la sua opera come di gran lunga superiore e incommensurabile rispetto alle altre opere di poesia della nazione italiana.
Successivamente nella Geschichte der europäischen Literatur (1803-1804), inquadrando D. nella storia della letteratura italiana come fondatore della poesia, definisce la Commedia come un tentativo di annunziare ciò che vi è di più alto per l'uomo, o d'innalzare l'uomo a ciò che vi è di più alto, l'infinito, e, in questo senso, come incarnazione viva e splendida della più pura teologia e filosofia, animata dallo spirito cattolico e realizzante un'unità quale non sarebbe stata possibile allo spirito greco, per il quale poesia e filosofia erano ancora nettamente divise.
Ma la Commedia, secondo lo S., si distingue pure dalle tendenze romantiche in quanto non attinge a frivole fiabe o invenzioni del tutto fantastiche, ma all'intera storia del suo tempo che cerca di conciliare poeticamente con la religione, riportando così la religione alla sua forma originaria. Nelle lezioni viennesi del 1812 infine (Geschichte der alten und neuen Literatur), muovendo dalle difficoltà intrinseche a ogni poesia che voglia ispirarsi al cristianesimo, lo S. sostiene che anche in D. poesia e cristianesimo non sono riusciti ad armonizzarsi interamente, e che la Commedia, in molte parti, è soltanto un poema dottrinale teologico, la cui comprensione richiede oltretutto una somma di conoscenze ormai in gran parte desuete. Con asprezza anche maggiore imputa a D. una " durezza ghibellina " che influisce non solo estrinsecamente sulla sua poesia, ma ne intacca anche l'interna bellezza e l'ispirazione; e, proprio per questa passionalità ghibellina, la poesia di D., per quanto elevata, ha, secondo lo S., un valore " nazionale " assai inferiore a quello della poesia spagnola.
Bibl. - F.S., Kritische... Ausgabe, a. c. di E. Behler, H. Eichner e J.J. Anstett, 24 voll., Monaco-Paderborn-Vienna 1958 ss.; A. Farinelli, D. in Spagna, Francia, Inghilterra e Germania, Torino 1922; E. Auerbach, Die Entdeckung Dantes in der Romantik, in " Deutsche Vierteljahrschrift " VII (1929) 682-692 (ora in Gesammelte Aufsätze zur romanischen Philologie, Berna 1967, 176-183); W.P. Friedrich, Dante's Fame Abroad 1350-1850, Roma 1950, 387-388.