FOUQUÉ, Friedrich Heinrich Karl de la Motte
Poeta tedesco, nato a Brandenburg sulla Havel il 12 febbraio 1777, morto a Berlino il 23 gennaio 1843. Di nobile antica famiglia oriunda di Francia, ricca di tradizioni militari, si avviò giovinetto alla vita delle armi, partecipando alla campagna sul Reno nel 1794. Incline ai sogni e alla vita fantastica, si volse contemporaneamente anche alla poesia, cui si dedicò presto esclusivamente, lasciando l'esercito, per riprendere le armi soltanto nella guerra di liberazione. Scrittore fecondissimo, sposo in seconde nozze (1803) alla non meno facile scrittrice Karoline von Briest (1773-1831), esplicò poi un'instancabile attività letteraria, componendo a getto continuo liriche, romanzi, racconti, poemi, drammi, che gli diedero grande, ma non duratura popolarità. Discepolo del Hülsen, che l'iniziò allo studio del Böhme, onde trasse alimento la sua religiosità, e poi di A. W. Schlegel, che pubblicò la sua prima opera, Dramatische Spiele (1804, sotto lo pseudonimo Pellegrin), si accostò alla scuola romantica, di cui non tanto comprese il vangelo filosofico, quanto sentì e fece proprie l'esaltazione della primitiva poesia germanica e la celebrazione del Medioevo cattolico e cavalleresco, e la visione di una natura vivente di una vita complessa e misteriosa.
Di tale contenuto si sostanzia la sua poesia, ispirata sempre ad alte idealità civili e umane, nella quale rivivono gli eroi delle saghe germaniche, come nella trilogia Der Held des Nordens (I, Sigurd der Schlangentödter, 1808; II, Sigurds Rache, III, Aslauga, 1810), che drammatizza in versi, spesso allitteranti, la saga dei Nibelunghi, secondo la redazione dell'Edda; o si agitano, in fantasiose visioni e avventurose vicende, nobili cavalieri e belle dame, come nelle Romanzen vom Tale Ronceval (1805), nella Historie vom edlen Ritter Galmy und einer schönen Herzogin von Bretagne (1806), nei romanzi Allwin (1808), Der Zauberring (1813), Sängerliebe (1816), e nel poema epico in ottave Corona (1814); oppure s'intessono ora vaghi, ora paurosi motivi fiabeschi, come nei racconti Das Galgenmännlein (1810), Sintram und seine Gefährten (1814), e specialmente in quello che rimane la sua opera migliore, Undine (1811) - presto popolare anche fuori di Germania, - in cui una ninfa bellissima acquista bensì, secondo il pensiero di Paracelso sugli spiriti elementari dell'acqua, una anima nell'unione con un uomo che l'ama, però insieme con l'anima acquista anche i nostri dolori, e nell'infedeltà dello sposo è infelice, e allo sposo è costretta dalla legge che governa gli spiriti delle acque, e contro la passione del suo cuore, a recare la morte. Vi accompagnò la sua musica il Hoffmann. Abbastanza felice nei racconti fantastici e nei toni sentimentali, il F. è meno sicuro nella pittura del mondo eroico e cavalleresco, scambiando spesso il gesto con la forza, l'intrigo e la coreografia con la vita.
Ediz.: Non esiste un'edizione completa delle opere. Un'ampia scelta ne diede il poeta stesso: Ausgewählte Werke, Ausgabe Letzter Hand, Halle 1841 (12 voll.) e buone scelte ne curarono M. Koch (Coll. Deutsche National-Literatur, vol. 146) e W. Ziesemer (Coll. Goldene Klassiker Bibliothek. Numerosissime le edizioni di Undine, fra cui quella di J. Dohmke (coll. Meyer-Klassiker).
Versioni italiane di Undine diede A. Wagner e, recentemente, G. Celenza, Milano 1928.
Bibl.: W. Pfeiffer, Über Fouqués Undine, Heidelberg 1902; E. Hagemeister, F. als Dramatiker, Greifswald 1905; F. Braun, Fouqués Lyrik, Berlino 1907; O. E. Schmidt, F., Apel, Miltitz, Lipsia 1908; M. Kämmerer, Fouqués Held des Nordens, Berlino 1910 (diss. Rostock); H. Hirsch, Fouqués Held des Nordens. Seine Quellen u. seine Komposition, Berlino 1910; L. Jeuthe, F. als Erzähler, Breslavia 1910; Th. Krämer, Das romant. Ritterepos bei F., Münster 1913.