DIEZ, Friedrich Christian
Fondatore della glottologia romanza, nato a Giessen il 15 marzo 1794; morto a Bonn il 29 maggio 1876. Frequentò il ginnasio e l'università di Giessen, dove, sotto la guida di F.G. Welcker, si dedicò dapprima agli studî classici. Nel 1813 partecipò alla guerta d'indipendenza contro la Francia. Si diede subito dopo agli studî di diritto e quindi definitivamente alla filologia moderna. Un suo incontro col Goethe (1818) decise del suo avvenire: il Goethe gli parlò delle poesie dei trovatori, che il Raynouard in Francia faceva conoscere in un'ampia silloge ed esaminava, per la prima volta, con grande impegno; il D., che, sotto l'influsso romantico, s'era già volto allo studio delle romanze spagnole, allora di moda, e ne aveva tradotte alcune (Altspanische Romanzen übersetzt, Francoforte s. M. 1818), non esitò a seguire il consiglio di quel grande. Ne uscirono due opere, che segnarono due date importanti nella storia della filologia neolatina: Die Poesie der Troubadours, Zwickau 1826; e Leben und Werke der Troubadours, Zwickau 1829. Ma continuò a dare opera, in pari tempo, all'indagine dell'antica letteratura spagnola (Altspanische Romanzen, besonders von Cid un Karl's Paladinen, Berlino 1821). È di questo periodo un suo celebre saggio sulle corti d'amore (Beiträge zur Kenntnis der rom. Poesie, Berlino 1825). Intanto, era passato a Utrecht, come insegnante in una casa privata; nel 1820 era stato nominato docente nell'università di Bonn, dove tre anni dopo ebbe il grado di straordinario e poi, nel 1830, di ordinario, e donde non si mosse più.
I primi libri fondamentali del D. sono consacrati all'antico provenzale. Nella Poesie aveva tracciato una nuova e bella storia della letteratura occitanica; in Leben und Werke aveva raccontato la vita dei maggiori trovatori. Anche qui, come per le romanze spagnole, aveva tradotto in delicati versi tedeschi alcuni dei migliori componimenti. Nei Beiträge aveva dimostrato la falsità della vecchia teoria delle corti d'amore (v. corte, XI, p. 547). All'antico francese il D. si volse con passione più tardi: studiò i giuramenti di Strasburgo e la sequenza di Sant'Eulalia negli Altromanische Sprachdenkmale, Bonn 1846, dove compare anche una monografia sul poema frammentario provenzale di Boezio; e indagò nello scritto Zwei altroman. Gedichte (Bonn 1852) la lingua del poemetto della Passion du Christ e della vita in versi di Saint Léger, proponendo al testo acuti emendamenti e sciogliendo varî problemi di lingua.
Nel secondo e più glorioso periodo della vita, l'attività del D. fu data quasi esclusivamente agli studî linguistici. Suo proposito fu di tessere la storia delle lingue romanze seguendo l'esempio di Jacob Grimm, che nella Deutsche Grammatik (1° vol. 1819) aveva dato un saggio insigne di linguistica comparata. Questa lunga e memoranda fatica si conchiuse con la stampa dei tre volumi della Grammatik der romanischen Sprachen (Bonn, 1° vol. 1836, 2° vol. 1838, 3° vol. 1843) e del grande Etymologisches Wörterbuch der romanischen Sprachen (Bonn 1853): due opere che, con altre minori, ma importantissime, edite durante gli stessi anni (cioè i già citati Altromanische Sprachdenkmale e gli Zwei altroman. Gedichte) guadagnarono all'autore il titolo di sistematore della filologia romanza. L'unità linguistica del mondo neolatino apparve allora pienamente dimostrata. L'ipotesi di una lingua intermediaria (il provenzale) fra latino e romanzo fu distrutta con argomenti e prove irrefutabili. Le parti trattate con maggiore diligenza e profondità nella Grammatik furono la fonologia e la sintassi. Rigore severo, congiunto ad eleganza di esposizione, proporzione, simmetria, chiarezza e luminosità (specialmente nella sintassi) costituiscono i pregi di quest'opera grandiosa, che nelle sue linee fondamentali e in talune sezioni ha quasi il privilegio dell'arte, cioè di non invecchiare. Moltissimi integramenti e molte correzioni sono stati fatti così alla grammatica, come al vocabolario; ma, tuttavia, si ricorre sempre, con grande profitto, all'una e all'altra opera, con cui ebbe inizio una nuova disciplina.
Il D. fu insomma un grande sistematore, ma anche un creatore, un uomo di dottrina, ma anche di genio. Studiosi quali Gaston Paris, Adolfo Tobler, Ugo Angelo Canello e altri insigni perfezionarono alla sua scuola il loro abito scientifico e la loro mentalità severa, e, con il loro intelligente e costante lavoro improntato del metodo del maestro, contribuirono largamente al progresso della filologia neolatina in Europa. A lui, "fondatore della scienza dei linguaggi neolatini", G. I. Ascoli dedicò nel 1873 i suoi stupendi Saggi ladini (1° vol. dell'Archivio glottologico italiano) i quali apersero la via agli studî della dialettologia italiana. Il Vocabolario etimologico e la Grammatica ebbero tre ristampe durante la sua vita (notevole la terza edizione del primo, Bonn 1869); altre due edizioni dell'uno e dell'altro capolavoro furono fatte dopo la sua morte.
La Grammatik fu tradotta in francese; le opere Leben und Werke der Troubadours e la Poesie der Troubadours furono ripubblicate da K. Bartsch, (Lipsia 1882, 1883). In francese fu pure tradotta un'altra opera capitale pubblicata dal D. nel 1865 (Altromanische Glossare). "Nulle part (scriveva G. Paris nell'introduzione alla versione francese di A. Bauer, Parigi 1870) les rares qualités du fondateur de la philologie romane ne se sont rencontrées avec plus d'évidence que dans ces études d'étymologie et de phonétique qu'il a groupées autour des deux plus anciens monuments lexicographiques romans". I due glossarî erano quello di Reichenau e quello di Cassel. Nella versione francese furono aggiunte le pagine scritte dal D. nel 1867 sul glossario di Vienna. L'ultimo suo libro, il primo saggio, che si sia avuto, di semantica romanza, apparve un anno prima della morte (Über romanische Wortschöpfung, Bonn 1875). Saggi e articoli di minor mole furono poi raccolti da H. Breymann, col titolo di Kleinere Arbeiten und Rezensionen (1883). Del D. si può dire, senza esagerazione, che non abbia mai scritto invano una sola pagina. Sono preziose anche le più brevi rassegne; da quella sulla Floresta de rimas del Böhl (Jahrb. f. wissensch. Kritik, 1825) a quella sull'Ètude sur le rôle de l'accent latin di G. Paris (Jahrb. f. roman. und englische Literatur, V, 1864). Sia che abbia discorso della Disciplina clericalis di Pietro Alfonso (1830), sia che abbia toccato del Fierabras o della Cronaca del Cid (ediz. Huber, 1844), il D. ha sempre disseminato nei suoi scritti osservazioni e notamenti di grande rilievo.
Non gli mancarono, in vita e dopo morto, alti e giusti riconoscimenti. Nel 1872 si celebrò a Bonn il suo giubileo di dottore. Nel 1894, per onorare il primo centenario dalla sua nascita, l'Accademia di Berlino fondò il premio Diez per la filologia romanza e alle onoranze parteciparono studiosi di tutte le nazioni, dove ufficialmente veniva impartito nelle università l'insegnamento della disciplina da lui sistemata.
Bibl.: H. Breymann, F. D., Monaco 1878 e (in nuova forma), Lipsia 1894; W. Foerster, F. Diez et la philologie romane, in Félibrige latin, Montpellier 1894; U.A. Canello, Saggi, Bologna 1880, p. 245 segg.; L. Biadene, in Ras. bibl. della lett. ital., II, p. 93; Haupt, in Zeitschrift f. franz. Sprache u. Liter., XXX, p. 347; G. Gröber, in Grundriss d. roman. Philologie, I, 2ª ed., Strasburgo 1904-05, p. 104. Altri studî sul D. sono registrati nei suppl. della Zeitschr. f. roman. Philologie, 1876 (n. 89 segg.), 1877 (n. 104 seg.), 1878 (n. 74 segg.), 1879 (n. 133 seg.), 1894-95-96 (nn. 790, 1175, 1091 segg.), in cui sono registrate le pubblicazioni del centenario (v. anche Romania, XXIII, p. 289).