freemium
s. m. inv. Modello economico, diffuso soprattutto nella rete telematica, che prevede servizi aggiuntivi a pagamento, per incentivare l’utente a usufruirne mediante abbonamento.
• Una antenna [web] su due (il 52%) produce contenuti ottimizzati anche per una fruizione su dispositivi mobili e addirittura un 9% ha sviluppato una applicazione con contenuti «freemium», ovvero gratuiti e a pagamento. (Anna Rita Rapetta, Sicilia, 1° maggio 2013, p. 17, Noi Oggi) • Apple Music entra nella scia di Spotify, Deezer, Google Play Music, Tim Music, Rdio e così via. Senza accettare il modello freemium di alcuni rivali, che offrono una versione gratis con pubblicità e funzioni ridotte. Apple per tradizione non regala nulla: dà 3 mesi di prova gratuita (non pochi) e poi chiede, come i rivali, 9,99 dollari al mese. (Paolo Ottolina, Corriere della sera, 9 giugno 2015, p. 27, Cronache) • Nessuna magia però, solo le tendenze della nuova economia digitale. Supercell opera lì dove si incrociano due delle più ricche: la costante passione del mondo per i videogame, industria da cento miliardi di dollari, e la sua crescente dipendenza da dispositivi mobili. Si gioca sempre di più sul cellulare, piuttosto che da Pc e console. Titoli più semplici, ovviamente, e modello «freemium»: l’app si scarica gratis ma poi offre bonus, vite, poteri speciali a pagamento. (Filippo Santelli, Repubblica, 23 giugno 2016, p. 33, Economia).
- Espressione inglese a sua volta composta dall’agg. free ‘libero’ e dal s. (pre)mium ‘premio, incentivo’.
- Già attestato nella Repubblica del 12 novembre 2009, p. 14 (Angelo Aquaro).