MISTRAL, Frédéric
Nacque l'8 settembre 1830 a Maillane (Bocche del Rodano), ivi morì il 25 marzo 1914. Il padre era un proprietario di campagna; ed egli crebbe nei primi anni all'aria aperta. A otto anni lo misero in un piccolo collegio di villaggio perché vi apprendesse il francese; ma fece più corse per i campi che non studiasse in scuola. Poi ad Avignone (1843-47) frequentò in un liceo i corsi secondarî, imparando anche storia locale e leggendo i poeti dialettali. Vi conobbe J. Roumanille, che vi faceva l'istitutore, già autore di versi in lingua d'oc, e dalla comunione spirituale con lui attinse la convinzione che la poesia meridionale avrebbe potuto risalire in dignità; e mise mano a un poema in 4 canti d'imitazione virgiliana, Li Meissoun (Le raccolte, 1848).
Laureatosi in legge ad Aix (1851), invece che alla pratica forense si diede alla poesia. Il momento era buono, poiché se in Provenza non si era mai tralasciato di scrivere in dialetto, proprio allora, per effetto del movimento culturale generale, si era ridestato l'interesse per la letteratura trovadorica, per la storia regionale, per le costumanze locali, per le parlate meridionali e si erano inoltre avuti nuovi poeti, particolarmente a Marsiglia, come P. Bellot, G. Benedit, V. Gelu, ammirati da tutti per il loro vigoroso realismo. Però questi poeti mancavano d'arte; e si sentiva bisogno di cultura, di quella cultura estetica che possedevano Roumanille, il M. e di cui facevano prova in una prima raccolta, intitolata Li Prouvençalo, edita nel 1854 con prefazione del Saint-René Taillandier, che dava il tono alla pubblicazione.
Dopo due congressi, che furono preparati in seguito a codesta prima manifestazione (Arles 1852, Aix 1853), e una famosa riunione a Font-Segugno (21 maggio 1854), dove si fondò un'associazione che ebbe il nome misterioso di Felibrige, e ove il M. prese impegno di fornire alla nuova letteratura la sua lei (legge), egli pubblicò un poema epico rusticano, Mirèio (Mirella), col quale nel 1859 cominciò la sua storia di poeta. Ebbe a dire egli stesso che se fino a quel momento la sua biografia consisteva nelle cose che sono state fin qui ricordate, da allora in poi essa si identificava con la storia dei suoi poemi.
Dopo Mirèio vennero: Calendau (Natale, 1867), che ha per soggetto le prove sostenute da un giovane pescatore per liberare e fare propria una dama dell'antica nobiltà provenzale, caduta in mano di un brigante, in realtà l'impresa del M. stesso per la rivendicazione dell'indipendenza spirituale del Mezzogiorno francese contro lo spirito accentratore del Settentrione; Nerto (Mirtilla, 1884) novella in versi scherzosi e sentimentali, che, sotto specie di narrare la storia di una fanciulla promessa dal padre al diavolo e liberata da Dio insieme col giovane galante che avrebbe voluto trarla a perdizione, ricorda la storia del papato in Avignone; Lou pouèmo dóu Rose (Il poema del Rodano, 1897) opera di grande originalità e il secondo capolavoro mistraliano dopo Mirèio, nel quale è rappresentata la vita che si conduceva sul Rodano da coloro che vi navigavano con navicelli a rimorchio, distrutti ormai dalla navigazione a vapore, con senso di rimpianto, ma anche con speranza in un adattamento del passato al presente, che è la speranza animatrice di tutta l'opera mistraliana. Ai poemi sono da aggiungere un dramma, La Rèino Jano (La regina Giovanna, 1890), dove in Giovanna I d'Angiò si glorifica la civiltà provenzale irradiatasi in tutto il mondo latino, contrapposta a quella germanica; e due volumi di liriche, Lis Isclo d'or (Le isole d'oro, 1875) e Lis Óulivado (La raccolta delle ulive, 1912) che contengono sirventesi politici, romanze storiche, espressioni patriottiche, novelle morali, sfoghi sentimentali. In generale sono poesie d'occasione, di combattimento e perfino testamentarie. Il M. ebbe una dottrina da sostenere e da trasmettere ai successori.
L'opera poetica sua, infatti, fu accompagnata da una vivacissima azione culturale, morale, politica. Il M. bandì una dottrina di rivendicazione della libertà spirituale, della libertà di costumanze, della libertà di parlare il proprio volgare, se non di un decentramento amministrativo o di un separatismo vero e proprio, che pur sarebbe stato possibile nel regime repubblicano. Per questo anzi, il M., che era nato e cresciuto in ambiente monarchico, accettò la repubblica, combattendo Napoleone III quando la abolì, e aderendo nel 1871 alla terza repubblica. E con tutti i seguaci, raccolti nella grande associazione fondata a Font-Segugno, dotata di statuti idonei nel 1862, nel 1876 e più tardi nel 1909, si occupò di raccogliere tutti i volonterosi che volessero contribuire alla rinascita letteraria della Provenza, organizzando feste, riunendo accademie, pubblicando giornali, riviste, ma anche rivendicando glorie del passato, esaltando attività del presente, con un tono, se non con parole, che faceva insospettire gli uomini preoccupati dell'unità politica francese. Però il M. ad attentare all'unità statale francese non pensò mai, e fu con i migliori patrioti a sostenere la Francia contro i Prussiani, nel 1870. La sua idea, anzi, si trasformò in una vaga aspirazione a una specie di unione non solo provenzale e francese, ma di tutte le nazioni latine, per l'affermazione di un Empèri fantasti dóu Solèu, di un regno ideale della bellezza, della verità, della giustizia, sotto il sigillo di Roma e di Cristo. Per questo convocò nel 1879 a Montpellier i rappresentanti dei popoli latini, e compose l'ode La Raço latino (1879).
Questo regno ideale fu il mondo che egli tradusse in poesia, con i mezzi d'espressione fornitigli dall'essere egli provenzale e dal conoscere e amare egli la Provenza come nessun altro la conobbe e l'amò. Della qual cosa sono testimoni due altre opere da lui compiute: il Museon Arlaten, collezione etnografica mirabilmente raccolta, ordinata e illustrata da quel perfetto etnografo che viveva in lui accanto al poeta, dedicando a essa persino il valsente del premio Nobel conferitogli nel 1904; e il Tresor dóu Felibrige (Il tesoro dei Felibri, 1879-1888), vocabolario di poeta che vivifica il filologo. E come nel museo si trova tutta la realtà provenzale in forma di oggetti, così nel grande dizionario si ha il piacere di trovarla raccolta sotto specie di parole: le quali, se non furono riconosciute tutte come abbastanza contadine e popolane, per essere state trovate nel passato e nel presente nei documenti degli scrittori e sulle bocche dei parlanti e per essere state vagliate e vivificate dalla scienza e dall'arte del M., sono però un mirabile strumento che ha servito alla sua grande poesia.
La poesia del M., sta nelle cose che egli vede d'intorno a sé, connaturate con l'ambiente fisico, sta in codesto ambiente fisico ch'egli fa vivere con e per le creature del suo sogno. Fra poeta e natura esiste un'intimità che nasce dal fatto segnalato in principio, e cioè che il poeta è figlio della natura, come essa è figlia di Dio. C'è nella poesia del M. il senso religioso del legame che stringe l'uomo e l'ambiente ove è nato, e quindi del rispetto, dell'amore che l'uomo deve a codesto ambiente. Di qui anzi una delle caratteristiche più significative della figura del M.: il suo attaccamento allo stesso piccolo paese che gli fu culla, e dal quale non si volle allontanare, nonostante gli allettamenti della gloria di cui, dopo il riconoscimento del Lamartine, gli fu largo il mondo intero. Il presidente della repubblica andò a salutarlo a Maillane. E a Maillane il M. scrisse le ultime sue opere: Memòri e raconte (Ricordi e racconti, 1906), mirabile poema in prosa in onore del villaggio, del paese, della regione natale considerati come fonti delle proprie opere, e Genèsi, traduzione del libro biblico, col quale il poeta si preparò alla morte.
Bibl.: Una bibliografia generale del M. a cura di E. Lefèvre, Bibliographie Mistralienne, Marsiglia 1903. Dello stesso è anche una bibliografia intorno al Cinquantenaire de Mirèio, Marsiglia 1909. Per l'iconografia, v. Ch. Roux, Le cinquantenaire de Mireille avec 169 gravures, Parigi 1909. Cfr. inoltre: J. Vincent, F. M., Parigi 1918; P. Lasserre, F. M., Parigi 1918; E. Ripert, La Renaissance provençale, 1800-1860, Parigi 1918; id., La versification de M., Parigi 1918; id., Le Felibrige, Parigi 1924; C. Boissy, De Sophocle à M., Aix 1920; J. Veran, De Dante à M., Parigi 1922; A. Rey, F. M. poète républicain, Avignone 1929; M. André, La vie harmonieuse de F. M., Parigi 1928; F. Mistral (il nipote), Gloses sur Maillane et M., Avignone 1928; M. Coulon, Dans l'univers de M., Parigi 1930; L. Ripert, Mireille, mes amours, Parigi 1930; A. Tibaudet, M. ou la République du Soleil, Parigi 1930; A. Dagan, F. M., sa vie, son oeuvre, Avignone 1930; M. Casella, F. M. e G. Bertoni, Dittico Mistraliano, in Provenza e Italia, raccolta di studî pubblicata sotto la direzione di V. Crescini in occasione del centenario mistraliano, Firenze 1930; A. Farinelli, M., Roma 1930. - Per le traduzioni italiane: Mirella, trad. di M. Chini (autore anche di un profilo del Mistral, Genova 1914), con pref. di P. E. Pavolini, Milano 1905, poi, riveduta, Firenze 1930, ediz. del centenario, cui è annessa, con saggi di altre opere, la trad. del Poema del Rodano; e, a cura dello stesso, La regina Giovanna, Lanciano 1914: Memorie e racconti, trad. C. Di Pierro, Lanciano 1923; Calendau, trad. L. Graziani, Firenze 1925; saggi di Nerto e delle Isole d'oro, trad. di D. Valeri, Milano 1918.