relative, frasi
Le frasi relative (dette anche semplicemente relative) sono frasi subordinate (➔ subordinate, frasi) che hanno la peculiarità di modificare un elemento nominale (detto antecedente o, meno spesso, testa o punto di attacco della relativa) che si trova in una frase reggente (detta frase matrice, non necessariamente la principale) attribuendogli caratteristiche o predicazioni che servono a identificarlo, come in (1), o caratterizzarlo, come in (2):
(1) ho incontrato l’uomo [che può risolvere tutti i tuoi problemi]
(2) ho parlato con Giovanni [che può risolvere tutti i tuoi problemi]
Sia in (1) che in (2) le relative modificano un nome che fa parte di un ➔ sintagma nominale o preposizionale (rispettivamente l’uomo e con Giovanni). Esse possono però modificare anche un pronome (3) o un’intera frase (4), che trattano come un nome:
(3)
a. ho parlato con lui che può risolvere tutti i tuoi problemi
b. ho incontrato uno che mi ha molto colpito
(4) ho visto Giovanni sorridere al suo amico, il che mi ha fatto molto piacere
Siccome le relative sono essenzialmente modificatori di un nome (sono le uniche subordinate che abbiano questa proprietà), la loro funzione è simile a quella che gli ➔ aggettivi hanno rispetto ai nomi. Per questo motivo esse sono chiamate anche relative attributive (o, meno spesso, aggettive) (Fiorentino 1999; Scarano 2002).
La frase relativa e la frase matrice sono tenute in coesione dal nome (o pronome) che fa da antecedente: nella relativa, infatti, il nome è cancellato e sostituito da un pronome relativo (➔ relativi, pronomi) oppure da un avverbio o congiunzione relativi (➔ relative, congiunzioni), mentre nelle relative implicite (v. oltre) esso è semplicemente cancellato.
Il pronome relativo può avere tutte le funzioni sintattiche: soggetto (5), oggetto (6) e complemento indiretto (7-9). L’operazione con cui l’antecedente è ripreso da un pronome relativo si dice relativizzazione (➔ pronomi di ripresa):
(5) La mamma parla a Giovanni il quale le risponde con un sorriso
(6) Giovanni è il compagno che preferisco
(7) Giovanni sorrise alla ragazza a cui tu avevi rivolto la parola
(8) Giovanni, di cui parliamo sempre con emozione, tornerà domani
(9) andrò al mare a Capri con gli amici con cui sono partita a Pasqua
L’antecedente di una frase relativa non può essere indeterminato, ma è necessariamente accompagnato da articolo o dimostrativo, a meno che non si tratti di un nome proprio:
(10) mi sono recata *in casa / in una casa / nella casa che mi ha segnalato l’assistente sociale.
Rispetto alla frase matrice, la relativa può avere tre posizioni: incassata nella frase matrice (11), posposta (12) o anteposta (13) (FRel = frase relativa; SN = sintagma nominale):
(11) [il ragazzo]SN [che è appena entrato]FRel [si chiama Giovanni]
(12) [Mario conosce [la ragazza]SN] [con cui stavi parlando]FRel
(13) [a segnalare l’errore]FRel [sono stato [il primo]SN]
In italiano la posizione anteposta è rara e si incontra con le relative all’infinito o con quelle introdotte dai relativi ‘doppi’ (v. oltre). Un altro tipo di relativa anteposta è quello di (14):
(14) che conosca bene il latino c’è solo Virginia
La relativa è infatti perlopiù collocata subito dopo il suo antecedente. La sua diversa posizione non comporta differenze di significato. La relativa incassata (11) però è considerata più complessa, soprattutto se è lunga, perché impone a chi legge o ascolta di lasciare in sospeso l’analisi della frase matrice per riprenderla dopo che sia stata conclusa l’analisi della relativa.
In contesti letterari o formali, l’antecedente può essere separato dal pronome (15). In questo caso esso talvolta viene ripetuto prima del relativo (16), soprattutto in periodi lunghi (è la figura chiamata anche ➔ anadiplosi):
(15) Allor fu la paura un poco queta
che nel lago del cor m’era durata
(Dante, Inf. I, 19-20; cit. da Serianni 1989: 313)
(16) Giovanni non ama situazioni ambigue e poco chiare dal punto di vista finanziario, situazioni in cui peraltro si ritrova spesso pur non volendo.
Un altro criterio di classificazione delle relative si basa sul modo del verbo. I casi sono due:
(a) le relative possono essere implicite, cioè con verbo di modo non finito (➔ modi del verbo): in questo caso il predicato è formato dal costrutto da + infinito (17); vengono trattate come relative (dato che hanno la stessa funzione) e assimilate a questo tipo le strutture al ➔ participio presente (18) o passato (19), prive di elemento di collegamento:
(17) cerco un libro [da leggere in vacanza]
(18) le indicazioni [concernenti la compilazione del modulo] sono reperibili in rete
(19) la sua famiglia [arrivata poco fa dall’India] abita con lui
(b) le relative con verbo al modo finito (relative esplicite), introdotte da pronomi relativi o da congiunzioni relative, hanno il verbo all’indicativo (20), al condizionale (21) o al congiuntivo (22):
(20) l’albergo [in cui ho soggiornato] era molto confortevole
(21) il paese [in cui mi piacerebbe vivere] è la Nuova Zelanda
(22) non conosco neppure un ragazzo [che ami ballare].
Talvolta le frasi relative introdotte da che + congiuntivo si avvicinano ad altri tipi di subordinate avverbiali come le finali (➔ finali, frasi), le consecutive (➔ consecutive, frasi), le condizionali e le ipotetiche (➔ periodo ipotetico): tutte queste frasi sono definite dalla grammatica tradizionale relative improprie. Il che relativo con verbo all’indicativo può anche sfumare semanticamente in una subordinata causale (➔ causali, frasi) come in (23):
(23) vieni alla lavagna tu che [= dato che] sai scrivere bene
Come si è detto (cfr. esempi 5-9) nelle relative esplicite non c’è alcuna limitazione rispetto alla funzione sintattica del relativo. Nelle relative implicite invece ci sono due tipi di restrizione: il nome antecedente non può essere il soggetto della relativa all’infinito (24 e 26) e non può essere altro che il soggetto nelle relative al participio (25 e 27):
(24) cerco una segretaria *da arrivare / che arrivi sempre in orario
(25) cerco una ragazza *da arrivare / arrivata [= che è arrivata] da un’ora
(26) cerco un libro da portare / che (io) porti in viaggio
(27) cerco un libro portato [= che è stato portato, passivo] da te poco fa
Un tipo particolare di relative (dette talvolta relative indipendenti; Cinque 1988: 483) è costituito dalle frasi senza antecedente, introdotte o da pronomi relativi ‘doppi’ (chi, quanto, e le forme in -unque) che inglobano un pronome dimostrativo o indefinito che fa da antecedente, o da congiunzioni relative ‘doppie’ (quando, come, dove/ove, onde/donde dovunque/ovunque):
(28) chiunque [= colui che] abbia fame può servirsi da solo
(29) penso spesso a quanti [= coloro che] non hanno mezzi adeguati
(30) chi [= colui che] rompe paga
Nelle relative indipendenti i due elementi nominali inglobati nel pronome o nella congiunzione possono avere la stessa funzione sintattica (31-32) o due diverse funzioni (33-34):
(31) e quanto a’ numi è caro chi a la patria versò l’anima (Giosuè Carducci, “Omero”, in Juvenilia)
(32) non sono mai andato dove mi consigli di andare
(33) sono certo dell’innocenza di chi hai accusato
(34) è una carriera interessante per chiunque la intraprenda
Dalle frasi relative propriamente dette sono tenute distinte frasi con verbi di percezione, come ho visto Giovanni che piangeva o lo trovai che dormiva, le quali, pur condividendo molte proprietà delle relative, se ne separano perché l’elemento relativizzato (ripreso dal che) può essere solo soggetto (➔ percezione, verbi di). Tali frasi sono dette pseudorelative.
La funzione attributiva delle relative dà luogo a due tipi di relazione con l’antecedente, come avviene per gli ➔ aggettivi. Si distingue di solito tra:
(a) le relative restrittive, come quella in (1), la cui funzione è di specificare l’antecedente e di consentirne l’identificazione restringendo il dominio di referenti a cui esso può essere assegnato;
(b) le relative appositive (dette meno spesso anche descrittive), come quella in (2), che aggiungono informazione a un antecedente già noto e identificato, caratterizzandolo e descrivendolo ulteriormente.
Da un punto di vista logico e pragmatico, restrittive e appositive svolgono funzioni completamente diverse: la restrittiva modifica il nome costituendo parte integrante della sua definizione; l’appositiva, di natura puramente accessoria, è esterna al sintagma nominale a cui fa riferimento.
In italiano le due categorie si caratterizzano per proprietà ben determinate.
(a) Nel parlato, tra l’antecedente e la relativa appositiva può esserci una pausa (segnalata nello scritto da una virgola), e la curva intonativa (➔ curva melodica) propria da incidentale segnala che l’informazione veicolata ha carattere incidentale e accessorio:
(35) Giovanni, che tu conosci bene, ha appena vinto le elezioni
(b) Solo la relativa restrittiva ammette il predicato al congiuntivo, con valore eventuale (36), e il predicato all’infinito (37):
(36) cerco un’interprete che conosca bene cinese e coreano
(37)
a. cerco un’interprete a cui affidare subito un lavoro
b. mi piacerebbe un lavoro da fare a casa
Il congiuntivo e l’infinito indeboliscono il grado di certezza circa l’esistenza del referente specifico indicato dalla relativa. Per questo motivo i due modi sono esclusi da una frase appositiva, il cui antecedente deve avere un’alta specificità referenziale ed esistenziale.
(c) La relativa appositiva seleziona i pronomi relativi in maniera peculiare: il quale in funzione di soggetto e oggetto si usa quasi solo nell’appositiva (40-41), mentre nelle restrittive non compare mai come soggetto (38) o oggetto (39):
(38) *i ragazzi i quali amano la montagna sono partiti per un’escursione
(39) *ho parlato al ragazzo il quale hai invitato
(40) i miei figli, i quali amano la montagna, sono partiti per un’escursione
(41) la nostra patria, la quale tutti onoriamo e amiamo, va difesa in ogni occasione
Le restrittive non ammettono che il pronome relativo che le introduce sia un sintagma complesso (42), mentre con le appositive ciò è possibile (43):
(42) *il professore, parlare col quale è sempre un gran piacere, ci riceverà domani
(43) Gianni, parlare col quale è sempre un gran piacere, ci riceverà domani
Le restrittive non possono avere come testa i quantificatori tutto, entrambi, ambedue (44-45), le appositive invece sì (46):
(44) *ho imparato tutto che c’era da studiare
(45) *ho salutato tutti e due che stavano partendo
(46) ho salutato tutti e due, i quali stavano partendo
Solo le appositive possono avere come testa un’intera frase, relativizzata col pronome il che (47) (o anche la qual cosa), talvolta anche in funzione obliqua preceduto da preposizione (48):
(47) Mario ha invitato tutti i colleghi al ristorante, il che (o la qual cosa) ha fatto piacere a molti, per festeggiare la promozione
(48) Mario si abbandonò a un pianto inconsolabile, al che tutti si commossero, quando vide sua madre partire
Le frasi appositive modificano in genere i nomi propri che non necessitano di una caratterizzazione; se il nome proprio è preceduto da articolo, però, anche una restrittiva può modificarlo (► nomi propri):
(49) il Mario che conosci tu non è la persona di cui sto parlando
Infine per le stesse ragioni solo le relative appositive modificano un antecedente pronominale; inoltre, mentre il pronome costui vuole dopo di sé le appositive, il pronome colui seleziona le relative restrittive:
(50) lui, che guarda sempre fuori, ha forse qualcosa da dirci
(51) costui [a cui ti sei rivolta con fiducia] si è rivelato un vero impostore
(52) colui a cui ti sei rivolta con fiducia si è rivelato un vero impostore
Un altro tipo di relativa riconosciuto è la cosiddetta relativa trasparente (Grosu 2003), che si ha nel caso seguente:
(53) ha conosciuto una persona che [so che] era quella giusta
In un caso siffatto il pronome relativo è separato dal suo predicato dall’interposizione di una frase (tra parentesi quadre in 53) che resta ‘trasparente’, dato che può essere cancellata senza che il resto della struttura ne risenta.
Il tipo delle relative italiane, introdotte da pronomi specializzati, è un fenomeno comune tra le lingue europee, ma come costrutto è unico tra le lingue del mondo. In effetti esso costituisce uno dei tratti della Lega linguistica europea (chiamata anche SAE, Standard Average European «europeo medio standard»). Dato che questo tipo di frase relativa ‘europea’ era già attestato in diverse lingue indoeuropee, ma non in tutte, si ritiene che esso si sia diffuso in Europa anche tra lingue di diversa filiera genetica per motivi di prossimità geografica.
La particolarità della relativa europea rispetto ai costrutti relativi di altre lingue è data sia dall’esistenza di una serie di pronomi specializzati (i pronomi relativi) sia dal fatto che essi, collocandosi a inizio di frase, quale sia la funzione sintattica che hanno, attirano anche gli altri elementi del sintagma di cui fanno parte, in particolare le preposizioni. Il fenomeno è definito da alcuni, con allusione scherzosa, pied piping, perché il costituente relativo, spostandosi a inizio di frase porta con sé anche la preposizione ed esercita su di essa un’attrazione simile a quella che esercitava sui bambini il Pifferaio Magico (in ingl. pied-piper) di Hamelin.
Per quanto riguarda gli elementi che introducono la relativa quasi tutte le lingue europee hanno una marca invariabile (it. che, ingl. that) simile al complementatore omofono, usata per relativizzare soggetto, oggetto e qualche volta gli obliqui; hanno inoltre una serie di pronomi (it. quale, spagn. cual, fr. lequel), derivati dall’aggettivo interrogativo, preceduti dall’articolo definito, che è stato poi anche nelle lingue germaniche modello di una formazione analoga (oland. het/de welk(e), ted. welcher, sved. vilken, ingl. which). Infine esiste una serie di pronomi (it. chi, ingl. who / whom) connessi col pronome interrogativo.
L’attrazione dei pronomi relativi è la stessa esercitata dalle parole interrogative (➔ interrogativi, aggettivi e pronomi): quale bambino hai accompagnato? / *quale hai accompagnato bambino?.
Per le frasi relative si registra una forte divaricazione tra ➔ lingua scritta e ➔ lingua parlata. In particolare, nell’italiano colloquiale (➔ colloquiale, lingua), la frase relativa è realizzata in modo nettamente diverso dallo standard: in italiano colloquiale infatti non si trova quasi mai il pronome relativo il quale, né come soggetto né come complemento; anche cui compare raramente negli obliqui. L’unico introduttore della relativa in questa varietà è che, che svolge tutte le funzioni, sia dirette sia oblique. Si vedano in (54)-(56) casi di che usato per relativizzare complementi di vario tipo:
(54) ho sentito delle cose che al limite non avevo fatto caso
(55) è una cosa che l’ha detta il ministro
(56) sono cose che uno ne deve parlare
Il costrutto preposizione + che (invece di cui o il quale) è un esempio del processo di ➔ semplificazione del paradigma dei pronomi relativi, che in questo modo passa a una sola forma. Allo stesso tempo il che adoperato come marca di relativa documenta l’indebolimento dello statuto pronominale del che. Varie considerazioni teoriche (cfr. Cinque 1978, 1988; Salvi & Vanelli 2004), oltre che il confronto tra le lingue (Keenan & Comrie 1977, 1979a, 1979b), inducono a ritenere che il che invariabile usato come introduttore di relative sia non un pronome, ma una congiunzione generica (o un ‘complementatore’ generico; ➔ oggettive, frasi).
La relativa introdotta da questo che privato dello statuto di pronome è perciò chiamata relativa debole (Fiorentino 1999). La relativa debole si realizza in due tipi, già illustrati negli esempi: il primo ha solo la marca di subordinazione che, il secondo contiene anche un elemento di ripresa, di solito un pronome (➔ pronomi di ripresa), che indica quale sia l’antecedente relativizzato (un oggetto diretto come in 54 e un complemento obliquo come in 56). La relativa debole è dunque un caso del più ampio fenomeno della generalizzazione di che come marca di subordinazione, a causa del quale che sostituisce congiunzioni semanticamente più precise (perché, affinché, ecc.; ➔ che polivalente).
Esempi come quelli da (54) a (56) possono essere prodotti anche da parlanti poco competenti, nel qual caso costituiscono una tipica spia di incompleto apprendimento (➔ acquisizione dell’italiano come L2) e indizio di lingua colloquiale, in particolare di ➔ italiano popolare.
Nelle frasi relative della varietà colloquiale si può anche avere il caso (da considerarsi erroneo, e tipicamente parlato) di un relativo accompagnato da un clitico co-referente, il quale ultimo fornisce in modo ridondante informazione circa la funzione sintattica dell’antecedente:
(57)
a. dobbiamo introdurre il concetto di semiconduttore di cui ne avevamo già parlato
b. questo è un albergo in cui ci siamo già stati
La relativa debole è attestata nella storia della lingua italiana fin dalle origini, sia introdotta solo da che (58-59) sia introdotta da che + pronome di ripresa (60):
(58) Usavansi allora le medaglie in Firenze, che le due valevano un danaio (Novellino XCVI)
(59) ma non trovavan gusto a piangere e a sospirare sur una cosa che non c’era rimedio (Alessandro Manzoni, I promessi sposi XXX)
(60) e forse uscirò d’impaccio per quella via che ne sono usciti mille altri infelici amanti (Pietro Aretino, La Cortigiana, scena V).
Cinque, Guglielmo (1978), La sintassi dei pronomi relativi “cui” e “quale” nell’italiano moderno, «Rivista di grammatica generativa» 3, pp. 31-126.
Cinque, Guglielmo (1988), La frase relativa, in Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di L. Renzi, G. Salvi & A. Cardinaletti, Bologna, il Mulino, 3 voll., vol. 1° (La frase. I sintagmi nominale e preposizionale), pp. 443-503.
Fiorentino, Giuliana (1999), Relativa debole. Sintassi, uso, storia in italiano, Milano, Franco Angeli.
Grosu, Alexander (2003), A unified theory of “standard” and “transparent” free relatives, «Natural language and linguistic theory» 21, pp. 247-331.
Keenan, Edward L. & Comrie, Bernard (1977), Noun phrase accessibility and universal grammar, «Linguistic inquiry» 8, pp. 63-99.
Keenan, Edward L. & Comrie, Bernard (1979a), Data on the noun phrase accessibility hierarchy, «Language» 55, 2, pp. 333-351.
Keenan, Edward L. & Comrie, Bernard (1979b), Noun phrase accessibility revisited, «Language» 55, pp. 649-664.
Salvi, Giampaolo & Vanelli, Laura (2004), Nuova grammatica italiana, Bologna, il Mulino.
Scarano, Antonietta (2002), Frasi relative e pseudo-relative in italiano: sintassi, semantica e articolazione dell’informazione, Roma, Bulzoni.
Serianni, Luca (1989), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.