Poeta francese (n. Parigi 1431 - m. dopo il 1463); di cognome Montcorbier, portò quello di un ecclesiastico, Guillaume de V., che lo protesse giovinetto. Baccelliere nella facoltà delle Arti dell'univ. di Parigi (1449), licenziato e dichiarato maestro (1452), si abbandonò a una vita irregolare e sciagurata, partecipando a risse, rapine, ecc.; infine fu bandito per dieci anni dal territorio di Parigi nel 1463. L'opera di V. (pubbl. 1489) comprende due poemetti, il Lais e il Testament, detti anche Le petit e Le grand Testament (di cui il secondo riprende con più largo sviluppo il tema trattato nel primo, raffigurando burlescamente una serie di "lasciti"), liriche sparse, per la maggior parte ballate, e poesie in gergo, non tutte di attribuzione sicura. V. ha sentito ed espresso la nostalgia per la caducità della bellezza (in specie nella Ballade des dames du temps jadis), la pietà di sé e degli altri uomini stretti, fra il delitto e il castigo, in una sola catena di sventure. La sua arte ha toni aspri, amari, cinici, inquieti, ma sempre su un fondo di sofferta umanità; secondo la sua luminosa parola egli ha il "riso in pianto". I moderni hanno riconosciuto in lui il primo grande lirico che abbia avuto la Francia.