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LEMOYNE, François

di Jean Jacques Gruber - Enciclopedia Italiana (1933)
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LEMOYNE (Le Moine), François

Jean Jacques Gruber

Pittore, nato nel 1688 a Parigi, ove morì suicida il 4 giugno 1737. Allievo forse di Tournière, poi di Louis Galloche, ebbe nel 1711 il grande premio di pittura. Un S. Giovanni nel deserto (1714), eseguito per la chiesa di S. Eustacchio, ricorda nei toni caldi delle carni il Lafosse, che influì sulla sua prima maniera. La sua seconda maniera, più luminosa, compare nel Tancredi e Clorinda (1722, museo di Besançon). Si è voluto riallacciarla alla presenza a Parigi nel 1718 di Sebastiano Ricci, i cui due quadri del museo di Vicenza furono più tardi copiati dal Fragonard.

Il L. due anni dopo strinse relazione con il Pellegrini, artista veneziano di minore importanza, incaricato di decorare per la Banca Law (ora Bibl. Nazionale), il soffitto per il quale il L. preparò uno schizzo per puro capriccio, intendendo egli di risvegliare in Francia la grande decorazione. Nel 1723 iniziò la decorazione della vòlta dei Giacobini (La Trasfigurazione). Verso la fine di quell'anno partì per l'Italia, dove visitò Venezia, Roma e Napoli. A Venezia dovette incontrare il giovane Tiepolo, che solo poteva completare gl'insegnamenti del Ricci. Di ritorno in Francia, nel 1724, il L. toccò la pienezza della sua arte; l'Ercole e Onfale del Louvre, in cui passa come un riflesso dell'arte del Correggio, rivela il futuro maestro del Boucher.

Il suo capolavoro è la decorazione del Salone d'Ercole a Versailles, terminato nel 1736, celebrato dal Voltaire. La sala è male rischiarata e la luce proviene dalla tavolozza del L, che sembra abbia realizzato nel campo del colore uno sforzo che non pareva allora rispondente al carattere della pittura francese.

Se gli ultimi veneziani influirono su lui, si deve riconoscere all'opera del L. una sua semplicità che a quelli manca. Solo con il Delacroix si rinnoverà la tradizione decorativa che il L. aveva sviluppato molto meglio dei Coypel e il cui splendore sarà uguagliato nel sec. XVIII dai soli arazzi del Boucher e del de Troy.

Bibl.: P. Mantz, F. Boucher, L. et Natoire, Parigi 1880; Nonnotte, Vie du peintre F. L., in Réun. de soc. des beaux-arts, XXVI (1902), pp. 520-40; H. V., in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXIII, Lipsia 1929.

Vedi anche
Jean-Étienne Liotard Liotard ‹liotàar›, Jean-Étienne. - Pittore (Ginevra 1702 - ivi 1789). Formatosi a Parigi presso il miniatore e incisore Jean-Baptiste Massé (1687-1767), solo dopo un soggiorno a Roma (1736) e un lungo viaggio nelle isole dell'Egeo e a Costantinopoli, dove rimase per cinque anni, ebbe successo come ritrattista ... Jean-Baptiste Pigalle Pigalle ‹piġàl›, Jean-Baptiste. - Scultore (Parigi 1714 - ivi 1785). Allievo di R. Le Lorrain e Pigalle, Jean-Baptiste-L. Lemoyne, completò la sua formazione (1736-39) all'Accademia francese di Roma (pur non avendone ottenuto il premio). Tra la corrente classicista e quella barocca, i suoi interessi ... arazzo Panno istoriato con motivi araldici, ornamentali o narrativi, eseguito con tecnica particolare su un telaio verticale (alto liccio) od orizzontale (basso liccio): sui fili (in genere di lino, canapa o stame) che costituiscono l’ordito (catena), divisi alternativamente in modo da formare due piani di ... Reggia di Versailles Castello che domina Versailles, città della Francia settentr. divenuta residenza reale nel 1682 per volere di Luigi XIV. Il primo nucleo della Reggia fu un padiglione di caccia di Luigi XIII (1624), poi restaurato e ampliato da Luigi XIV. Nel 1668 L. Le Vau (1612-1670) rivestì tre lati di questo edificio ...
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