BERNIS, François-Joachim de Pierre de
Nato nel 1715 a Saint-Marcel-d'Ardèche da una famiglia nobile decaduta e avviato, come cadetto, alla carriera ecclesiastica, fu ammesso ai capitoli di Brioude e di Lione. Il suo spirito, la sua eleganza e la sua cultura gli apersero la via nei cenacoli letterarî della capitale e alla corte, ove ricercò il favore della marchesa di Pompadour. I suoi versi facili, graziosi, mondani, ispirati alla galante mitologia del secolo, furono lodati anche da Voltaire, che forse non senza una punta d'amichevole ironia diede all'abate il soprannome di Babet la bouquetière. Membro dell'Académie Française a ventinove anni, il B. smise da allora di far poesie leggiere.
La sua nomina ad ambasciatore a Venezia fu criticata come frutto d'intrigo, ma il re Luigi XV poté subito rendersi conto dei grandi servigi che era in grado di prestargli il diplomatico improvvisato: grazie alla sua mediazione la Serenissima poté infatti comporre una vertenza che aveva aperta con la Santa Sede. A Venezia il B., che da tanti anni vestiva l'abito di abate, ma conduceva vita molto mondana, ricevette dal patriarca il suddiaconato. Fu richiamato a Parigi per partecipare ai negoziati che nel 1756 condussero al cosiddetto "rovesciamento delle alleanze". L'esito della guerra dei Sette anni, che fu il risultato di questa nuova politica, non parve giustificarla e gettò un discredito retrospettivo sull'opera del B. come promotore degli accordi con Vienna. In realtà nel breve periodo in cui il B. fu incaricato ufficialmente da Luigi XV di tenere il portafoglio degli esteri, si mostrò ansioso di limitare la portata degli oneri derivanti alla Francia dagli obblighi assunti con la corte di Vienna; avviò ben presto trattative con la Spagna, attraverso le quali voleva giungere a un'intesa con l'Inghilterra. Anzi la proposta da lui fatta alla marchesa di Pompadour di chiamare a Parigi il conte di Choiseul, ambasciatore francese a Vienna, per potersi valere della sua collaborazione nel resistere alle esigenze della corte asburgica, fu l'occasione della sua disgrazia. Alla fine di novembre il Choiseul gli era sostituito come ministro degli esteri e il mese seguente il B. fu relegato dal re nell'abbazia di Vic-sur-Aisne. Quivi lo raggiunse il breve pontificio con cui papa Clemente XIII lo nominava cardinale. Fu solo a Vic-sur-Aisne che il nuovo principe della chiesa, ancora semplice suddiacono, divenne prete. Nel 1764 il re acconsentì alla sua nomina ad arcivescovo di Albi, sede che egli seppe governare in modo da far cadere ogni prevenzione superstite contro di lui. Nel 1769 si recò a Roma per il Conclave. Nello stesso tempo ricevette anche l'incarico di succedere al marchese d'Aubeterre come ambasciatore di Francia presso la Santa Sede. L'elezione di Clemente XIV fu attivamente promossa dal B., che con molta abilità e misura consigliò poi il pontefice per ottenere da lui la soppressione dei gesuiti, insistentemente chiesta dalle corti borboniche, come condizione della pacificazione religiosa. Studî recenti farebbero anche dubitare che il cardinale fosse intimamente convinto della necessità e meno ancora della giustizia di una pressione qualsiasi sul papa; sicché gli Spagnoli gli imputarono come colpa di aver preso le difese dei gesuiti stessi. Può considerarsi assodato che il B. temesse di forzare la mano al papa nell'esercizio del suo ministero spirituale, dacché egli era pieno di fiducia nell'indipendenza e nella scrupolosità di Clemente XIV. Della coscienza con la quale il B. si consacrò per oltre un ventennio al suo ufficio di ambasciatore, conciliandolo con le esigenze della porpora cardinalizia, fu indubbia manifestazione il suo atteggiamento di fronte alla Rivoluzione francese. Non esitò ad esporsi alla perdita di onori e ricchezze, quando gli fu chiesto un giuramento di adesione alla costituzione civile del clero, che egli non poteva prestare. Dal 1792 al 1794, data della sua morte, rimase a Roma senza carattere diplomatico, prodigandosi per l'assistenza del clero francese rifugiatosi a Roma.
La sua salma fu trasportata nella cattedrale di Nîmes, ma i precordî sono a Roma nella chiesa di San Luigi de' Francesi, in un monumento disegnato dal Laboureur. Dopo la sua morte fu pubblicato un suo poema d'ispirazione ben differente da quella dei versi giovanili, La Religion vengée.
Bibl.: Mémoires et lettres de B. (1714-58), ed. da F. Masson, voll. 2, Parigi 1878; F. Masson, Le cardinal de B. depuis son ministère (1758-1794), Parigi 1884; J. Gravigny (G. Marchand), Abbés galants et libertine aux XVII et XVIIIe siècle, Parigi 1911.