VENTURI, Franco
– Nacque a Roma il 16 maggio 1914, da Lionello (v. la voce in questo Dizionario) e da Ada Scaccioni.
A Torino, dove il padre assunse la cattedra universitaria di storia dell’arte, compì i suoi studi sino all’ultimo anno di liceo classico, durante il quale (gennaio 1932) fu tenuto brevemente agli arresti per attività antifascista. Liberato su intervento del nonno paterno, Adolfo (v. la voce in questo Dizionario), senatore e docente di storia dell’arte a Roma, raggiunse a Parigi il padre – dispensato dal servizio per non aver prestato il prescritto giuramento di fedeltà al regime – e vi concluse gli studi liceali.
Studiò alla Sorbonne, allievo di studiosi come Pierre Renouvin, Henri Hauser, Gustave Glotz, Charles Seignobos, Daniel Mornet, Henri Bédarida, laureandosi nel 1936. Presto (nel 1933) prese a collaborare con il movimento Giustizia e libertà di Carlo Rosselli e con l’omonimo settimanale, divenendone in seguito uno dei dirigenti e partecipando a iniziative di propaganda clandestina contro il fascismo. Il XVIII secolo e l’Illuminismo furono subito i suoi temi di ricerca, in particolare il mondo dell’Encyclopédie, donde nacque il volume Jeunesse de Diderot (de 1713 à 1753) (Paris 1939), nel quale restituiva all’opera del pensatore francese tutto il suo valore politico.
«Per professione ed attitudini, Venturi era un intellettuale, ma fu anche, fin dai primissimi esordi, uomo d’azione», osservò Michael Confino (in Franco Venturi e la Russia, 2004, p. XVI). Inseparabili l’attività intellettuale e quella politica: dalla lezione paterna e dalle giovanili letture gobettiane derivò l’attenzione agli individui e, in particolare, all’intelligencija, vista come quel gruppo sociale che possedeva la capacità di elaborare, proporre e cercare di introdurre nella vita dei popoli migliori condizioni per una libera esistenza. Di qui il largo uso della biografia nei suoi lavori.
Nell’Illuminismo egli individuò il grande movimento modernizzatore della società europea e, come affermerà pure in un interrogatorio di polizia, l’origine delle idee democratiche moderne. Ne colse anche la caratteristica di religione laica e umanistica, fatta di lotta contro la Chiesa, di passione, di vitalismo immanentistico, di impulso morale. Attraverso il padre fu in contatto con varie personalità della politica e della cultura italiana ostili al fascismo (Francesco Saverio Nitti, Benedetto Croce, Gaetano Salvemini, Adolfo Omodeo, tra gli altri), formandosi alla loro lezione e nelle discussioni con Andrea Caffi, Nicola Chiaromonte e, soprattutto, con Aldo Garosci e Leo Valiani, spesso vertenti sulla natura e il destino del comunismo, nelle cui radici illuministiche cercò di cogliere le prospettive evolutive (di qui le ricerche su Dom Deschamps e Filippo Buonarroti). La sua fu una ‘storia politica delle idee’ nel loro impatto con la realtà, senza però una teorizzazione precisa. Al contrario, «fare storia delle idee era per Venturi una sfida metodologica permanente, da accogliere ad ogni nuova ricerca. Tutto accade in concreto, nella ricerca stessa» – scrisse Bronisław Baczko (in F. Venturi, Pagine repubblicane, a cura di M. Albertone, 2004, p. X). Nel mestiere di storico non ammise interferenze delle scienze sociali: «Personalmente mi pare – affermò – che la storia senza additivi sia del tutto sufficiente a riempire tutta intera una vita di ricerche e studio» (la Repubblica, 23 ottobre 1984).
L’occupazione tedesca di Parigi nel giugno del 1940 impedì la discussione della sua thèse dottorale su Francesco Dalmazzo Vasco e lo spinse a lasciare la Francia. Arrestato al confine spagnolo e detenuto nelle terribili prigioni franchiste, fu estradato in Italia nel marzo del 1941, assegnato al campo di concentramento di Monteforte Irpino e poi confinato ad Avigliano, in Basilicata, dove rimase sino al 25 luglio 1943. In quegli anni tornò ai suoi studi sulle origini del comunismo, ma poté anche prendere contatti con l’antifascismo torinese (Alessandro e Carlo Galante Garrone, Giorgio Agosti, Dante Livio Bianco) e con la casa editrice di Giulio Einaudi.
Caduto il fascismo, Venturi raggiunse l’organizzazione romana del Partito d’azione (Pd’A). Tra i fondatori del Movimento federalista europeo (Milano, agosto 1943), dopo l’8 settembre partecipò alla costituzione delle prime formazioni partigiane in Val Pellice e prese poi parte alla Resistenza in Piemonte come membro del Comitato esecutivo del Pd’A, ispettore delle formazioni Giustizia e libertà e responsabile della stampa azionista subalpina. Pubblicò allora, frutto delle discussioni con Garosci e Valiani, Socialismo di oggi e di domani (s.l. 1943), il suo più ampio saggio politico, dove indicò la necessità di un nuovo socialismo – rinnovato dal contatto con le correnti democratiche e liberali e ripudiante classismo e statalismo – per contribuire alla rivoluzione democratica postfascista.
Dopo la Liberazione Venturi diresse il quotidiano torinese Giustizia e libertà sino all’aprile del 1946. Da allora tornò alla storia, pur senza rinunciare a seguire la vicenda politica italiana (nel 1953 si presentò nelle liste di Unità popolare), anche dopo la rapida disgregazione del Pd’A. Tra il 1947 e il 1950 fu addetto culturale all’ambasciata italiana di Mosca, dove conobbe l’Unione Sovietica del tardo stalinismo e avviò studi sul Settecento russo. Ma la vera scoperta fu il movimento populista, del quale illustrò la vicenda nella seconda metà del XIX secolo – dai suoi ispiratori, Aleksandr I. Herzen, Michail A. Bakunin, Nikolaj G. Černyševskij, sino alle organizzazioni Zemlja i volja «Terra e libertà» e Narodnaja volja «Libertà popolare» e all’attentato contro Alessandro II, nel 1881 – vedendovi sia la radice del movimento socialista e rivoluzionario russo del Novecento sia una pagina del socialismo europeo (Il populismo russo, 1952). L’opera ebbe vasta risonanza, anche grazie alla traduzione inglese introdotta da Isaiah Berlin, e fu subito riconosciuta come una pietra miliare nella storiografia da studiosi come Alexander Gerschenkron o Hugh Seton-Watson.
L’ingresso nel mondo universitario nel 1951, auspice l’amico Federico Chabod, segnò una svolta nella vita di Venturi, sposato dal 1945 con Gigliola Spinelli, partigiana e sorella di Altiero, dalla quale ebbe Antonello (nato nel 1953).
Docente negli atenei di Cagliari, Genova e infine a Torino, pur senza abbandonare mai i suoi interessi per la storia russa (e il mondo della dissidenza), tornò all’antico disegno di realizzare quello «studio ampio, molto ampio sul settecento europeo», annunciato a Croce nel 1942 (B. Croce - F. Venturi, Carteggio, a cura di S. Berti, 2008, p. 36). Una sua torsione sulla dimensione italiana, per gli ovvi limiti di mobilità derivanti dall’impegno di docente, gli venne suggerita anche dalla chiamata di Raffaele Mattioli a curare i volumi sugli illuministi italiani nell’opera La letteratura italiana storia e testi, edita da Ricciardi e codiretta dal banchiere. Gli ‘Illuministi’ vi divennero ‘riformatori’, nella convinzione che, scrisse più tardi, il «moto riformatore [fosse] il filo rosso del nostro Settecento» (Settecento riformatore, I, 1969, p. XV). Riforma, però, era un termine che conteneva implicazioni di radicale trasformazione. Quei volumi antologici, comparsi fra il 1958 e il 1965, con ampi brani di intellettuali riformatori italiani e loro robusti profili biografici, furono anche la base della grande opera della maturità venturiana, Settecento riformatore.
Venturi concepì l’Illuminismo italiano come un filone autonomo, tra i vari presenti nell’Illuminismo europeo, da lui mai concepito come francocentrico. Un illuminismo ‘politico’, considerato volgendo «le spalle [...], ad ogni sentiero che rischiasse di condur[lo] in Parnaso» (ibid., p. XIII), intendendo come riformatori non puri teorici o esecutori ma coloro che avevano avuto un concreto rapporto con il mondo dell’economia e dell’amministrazione e ne avevano progettato e sostenuto la riforma. I cinque volumi dell’opera, in sette tomi, l’ultimo dei quali uscito nel 1990, partono da un quadro dei lumi in Italia dagli anni Trenta ai Sessanta del Settecento, e dall’inevitabile loro confronto con la Chiesa (II, 1976), per distendersi in un ritratto del formarsi di un’opinione pubblica riformatrice con le sue reazioni agli avvenimenti mondiali dai tardi anni Sessanta alla Rivoluzione francese (III e IV, 1979 e 1984) e tornare poi a L’Italia dei lumi (V): una serie di tomi per seguirne il cammino nei singoli Stati italiani, per lo stesso periodo. Solo due furono però pubblicati, dedicati l’uno alla Corsica, alle carestie degli anni Sessanta e alla Lombardia (1987), l’altro alla Repubblica di Venezia (1990).
Mantenere nella ricerca una dimensione cosmopolitica rimase suo intento costante, a cominciare dal volume su Alberto Radicati di Passerano (1954), concepito come primo di una serie di Saggi sull’Europa illuminista (anticipando il fortunato filone di studi dedicato al radical Enlightenment). Esso si ritrova nell’intervento (L’illuminismo nel Settecento Europeo) al Convegno internazionale di Stoccolma del 1960 e nelle notissime George Macaulay Trevelyan Lectures (Cambridge 1969) pubblicate nel 1970 come Utopia e riforma nell’illuminismo nelle quali l’Illuminismo venne indagato «sotto le luci incrociate di alcuni problemi della storia delle idee»: dal «valore della tradizione repubblicana nella formazione e lo sviluppo dei lumi», per arrivare «al cuore stesso del rapporto tra utopia e riforma», sia pure solamente riguardo al diritto di punire, concludendo con il «ripercorrere la distribuzione geografica e il ritmo differenziato di sviluppo dell’illuminismo nell’Europa settecentesca» (p. 27). La stessa dimensione fu alla base dello sguardo europeo verso l’Italia analizzato prima nel disegno dell’immensa fortuna del Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria (1965) e poi nel poderoso saggio, L’Italia fuori d’Italia (1973), per il terzo volume della Storia d’Italia einaudiana, che si spingeva, dal Settecento, fino all’Unità.
Importante fu per Venturi la Rivista storica italiana. Assuntane la direzione (1959-94) su indicazione di Chabod con il sostegno di Arnaldo Momigliano e di Walter Maturi, non solo ne mutò la struttura e ne ampliò le tematiche, ma ne fece uno strumento di sprovincializzazione della storiografia italiana, coinvolgendovi giovani studiosi, con dibattiti e analisi delle storiografie straniere (ben noti la discussione di Alexander Gerschenkron delle tesi di Rosario Romeo e quella con gli storici sovietici, e i numeri dedicati alle storiografie olandese, russa e giapponese). Analogo obiettivo ebbe anche la sua lunga collaborazione con l’editore Einaudi (affievolitasi con le tensioni del Sessantotto, cui Venturi fu avverso): vi promosse la pubblicazione di opere della storiografia recente francese (illustrata già in Jean Jaurés e altri storici della rivoluzione francese, Torino 1948), in particolare quelle afferenti alle prime Annales, e di altre del mondo anglosassone e russo.
Ricchissima di contatti e riconoscimenti fu la sua vita di studioso, di storico italiano più internazionalmente noto del secondo Novecento, docente in università inglesi, statunitensi, giapponesi, svizzere, australiane, in vivo dialogo con i maggiori storici del tempo. Ma egli fu anche fedele a un più ristretto circolo di amici costituitosi nella giovinezza e nella Resistenza, composto da studiosi come Garosci, Valiani, Momigliano, Agosti, Carlo Dionisotti, Alessandro Galante Garrone, che fu coautore del suo ultimo libro, edizione di uno scritto buonarrotiano (1992): ritorno al rivoluzionario pisano e alla Russia settecentesca.
Professore emerito dell’Ateneo torinese, si spense a Torino il 14 dicembre 1994.
Opere. Una bibliografia (519 titoli) delle opere di Venturi, curata da P. Bianchi - L. Casalino, è in Il coraggio della ragione. Franco Venturi intellettuale e storico cosmopolita, Atti del Convegno internazionale..., a cura di L. Guerci - G. Ricuperati, Torino 1998, pp. 441-478. Tra le maggiori: Jeunesse de Diderot (de 1713 à 1753), Paris 1939 (trad. it. Palermo 1988); Jean Jaurès e altri storici della rivoluzione francese, Torino 1948; Il populismo russo, I-II, Torino 1952 (nuova ed. con nuova Introduzione, Torino 1972, trad. inglese London 1960; New York 1966; francese Paris 1972); Alberto Radicati di Passerano, Torino 1954 (nuova ed. a cura di S. Berti, Torino 2005); La circolazione delle idee, in Rassegna storica del Risorgimento, 1954, n. 2-3, pp. 203-222; Illuministi italiani, III, Riformatori lombardi, piemontesi e toscani, a cura di F. Venturi, V, Riformatori napoletani, a cura di F. Venturi, VII, Riformatori delle antiche repubbliche, dei ducati, dello Stato pontificio e delle isole, a cura di G. Giarrizzo - G. Torcellan - F. Venturi, Milano-Napoli 1958-1965; C. Beccaria, Dei delitti e delle pene. Con una raccolta di lettere e documenti relativi alla nascita dell’opera e alla sua fortuna nell’Europa del Settecento, a cura di F. Venturi, Torino 1965; Historiens du XXe siècle. Jaurès, Salvemini, Namier, Maturi, Tarle et Discussion entre historiens italiens et soviétiques, Genève 1966; Settecento riformatore, I, Da Muratori a Beccaria, II, La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti (1758-1774), III, La prima crisi dell’Antico Regime (1768-1776), IV, La caduta dell’Antico Regime (1776-1789), 1, I grandi Stati dell’Occidente, 2, Il patriottismo repubblicano e i grandi imperi dell’Est, (trad. inglese Princeton 1989-1991), V, L’Italia dei lumi (1764-1790), 1, La rivoluzione di Corsica. Le grandi carestie degli anni Sessanta. La Lombardia delle riforme, 2, La Repubblica di Venezia (1761-1797), Torino 1969-1990; Utopia e riforma nell’illuminismo, Torino 1970 (trad. inglese Cambridge 1971); L’Italia fuori d’Italia, in Storia d’Italia, III, Dal primo Settecento all’Unità, Torino 1973, pp. 987-1481; F. Buonarroti, La Riforma dell’Alcorano, a cura di A. Galante Garrone - F. Venturi, Palermo 1992. Pubblicazioni postume: La lotta per la libertà. Scritti politici, a cura di L. Casalino, Torino 1996; Saggi preparatori per Settecento riformatore, nota intr. di E. Gabba - A. Venturi, in Atti della Accademia nazionale dei Lincei. Memorie, s. 9, 2002, vol. 14, n. 2, pp. 41-183; Pagine repubblicane, a cura di M. Albertone, Torino 2004; Comunismo e socialismo. Storia di un’idea, a cura di M. Albertone - D. Steila - E. Tortarolo - A. Venturi, Torino 2014.
Fonti e Bibl.: La corrispondenza è conservata nell’Archivio Lionello Venturi, presso l’Università La Sapienza di Roma e presso gli eredi a Torino; cospicue parti sono edite in L. Valiani - F. Venturi, Lettere (1943-1979), a cura di E. Tortarolo, Scandicci 1999; G. Imbruglia, Illuminismo e storicismo nella storiografia italiana. In appendice il carteggio Venturi-Cantimori dal 1945 al 1955, Napoli 2003, pp. 361-478; F. Venturi, Lettere da Mosca, a cura di A. Viarengo, in Franco Venturi e la Russia, a cura di A. Venturi, Milano 2004, pp. 27-130; B. Croce - F. Venturi, Carteggio, a cura di S. Berti, Napoli-Bologna 2008; A. Galante Garrone - F. Venturi, «La logica dell’amicizia e della ricerca storica convergono». Corrispondenza, 1947-1985, in Iid., Vivere eguali. Dialoghi inediti intorno a Filippo Buonarroti, a cura di M. Albertone, Reggio Emilia 2009, pp. 129-172; parte della biblioteca, manoscritti delle opere e altro materiale sono presso la Fondazione Luigi Einaudi di Torino. Per la sua attività politica antifascista la documentazione è a Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Casellario politico centrale; cfr. inoltre L. Casalino, Influire in un mondo ostile. Biografia politica di Franco Venturi (1931-1956), Aosta 2006.
Dei molti studi su Venturi, vari si trovano in Atti di Convegni: Il coraggio della ragione..., cit., 1998; F. V. e la Russia, a cura di A. Venturi, Milano 2004; Rivista storica italiana, CVIII (1996), 2-3, monografico a lui dedicato; Il repubblicanesimo moderno. L’idea di repubblica nella riflessione storica di F. V., a cura di M. Albertone, Napoli 2006. Una biografia complessiva è A. Viarengo, F. V. Politica e storia nel Novecento, Roma 2014.