SAVORGNAN, Franco Rodolfo
– Nacque a Trieste il 30 agosto 1879 da Alessandro Leonardo Emilio, esponente dell’antica famiglia aristocratica friulana dei Savorgnan, e da Virginia Narducci.
Dopo aver frequentato il ginnasio nella città natale, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Graz, dove divenne l’allievo prediletto di Ludwig Gumplowicz, uno dei maggiori sociologi dell’ambiente asburgico, con il quale rimase in contatto epistolare anche dopo la laurea, conseguita nel 1903. Più tardi, tornato a Trieste, prese in moglie la triestina Eugenia Giulia Monti, da cui ebbe i tre figli Alessandro (1908), Lucio (1910) ed Emilio (1918). Alessandro ed Emilio avrebbero seguito la carriera diplomatica divenendo ambasciatori, mentre Lucio sarebbe divenuto architetto.
A Trieste Savorgnan fu molto attivo come collaboratore della Rivista italiana di sociologia, principale testata della scuola positivista, adoperandosi per diffondere le opere del suo maestro in Italia e svolgendo così, negli anni di inizio Novecento, un importante ruolo di mediazione tra gli ambienti sociologici austriaci e quelli italiani. Cominciò a sviluppare in quegli anni anche un interesse per i temi demografici ed economici. Nel 1908 iniziò la carriera di professore presso la Scuola superiore di commercio di Trieste, di cui fu direttore fra il 1912 e il 1915.
Come molti giovani della sua generazione e della sua estrazione sociale, negli anni precedenti il conflitto mondiale Savorgnan fu pienamente inserito nelle organizzazioni nazionaliste triestine, fra cui la Società Minerva. Fu nel 1909 che iniziò a tenere un carteggio con Roberto Michels, durato fino al 1927, attraverso il quale contribuì a sensibilizzare quest’ultimo sul tema dell’irredentismo. In quegli anni si diede alla politica attiva, come militante tra le file del Partito liberal-nazionale, divenendo fra il 1911 e il 1914 consigliere comunale e membro della Dieta di Trieste. Allo scoppio della prima guerra mondiale si rifugiò in Italia, dove fu tra gli organizzatori del comitato dei fuoriusciti, circostanza che gli valse una condanna per alto tradimento da parte dell’Austria-Ungheria. Nel 1915, appena fuggito da Trieste, ottenne un incarico temporaneo presso l’Università di Padova. Si trasferì poco dopo all’Università di Cagliari, dove tenne la cattedra di statistica fino al 1920. La sua carriera accademica avrebbe comportato un suo successivo trasferimento a Messina (1921-22), poi a Modena (1922-26), quindi a Pisa (1927-28).
Dopo la guerra Savorgnan ricoprì diversi rilevanti incarichi istituzionali come tecnico: nel 1921 fu relatore per la regolazione del debito pubblico austriaco e nel 1925 fu membro della Commissione per la gestione del debito pubblico con gli Stati Uniti d’America. Nel 1926, anno di fondazione dell’Istat, fu nominato membro del Consiglio superiore di statistica. Successivamente, nel 1929, ottenne la cattedra di statistica e demografia all’Università di Roma, che avrebbe tenuto fino al 1954.
Membro di diverse società scientifiche italiane e straniere, la sua attività di studioso si rivolse prevalentemente agli aspetti sociologici della vita demografica ed economica. Tra i suoi contributi più significativi nel campo della statistica economica si ricordano quelli sulle caratteristiche della ripartizione regionale della ricchezza, pubblicati fra gli anni Dieci e Venti su importanti riviste fra cui Metron, la testata fondata da Corrado Gini nel 1920. Fra gli studi maggiormente orientati verso le tematiche sociodemografiche si segnalano quelli sull’omogamia e sugli effetti demografici delle guerre: nel 1918 diede alle stampe il volume La guerra e la popolazione, seguito da Demografia di guerra (1921) e dagli Studi critici di sociologia (1925-1927). Nel 1927, sul Giornale degli economisti diretto da Giorgio Mortara, pubblicò un saggio intitolato La composizione razziale della popolazione americana, nel quale i concetti di razza superiore e inferiore costituivano la base dell’argomentazione. Sarebbero seguiti negli anni successivi diversi studi per lo più di carattere demografico (fra cui un Corso di demografia, la cui prima parte uscì nel 1929), nonché gli studi di ‘microstatistica’ sulla fecondità delle aristocrazie e sull’estinzione dei gruppi sociali più elevati, pubblicati negli anni Quaranta.
Il maggiore incarico che Savorgnan ottenne come statistico istituzionale, oltre alla vicepresidenza dell’Istituto internazionale di statistica dal 1934 al 1947, fu senz’altro la presidenza dell’Istituto centrale di statistica, che ottenne nel 1932 e mantenne fino al 1943. Nominato alla guida dell’Istat con r.d. dell’8 febbraio 1932, sarebbe stato confermato in questa carica nel 1936 e infine nel 1940. La scelta del nuovo presidente dell’Istat ricadde su uno dei membri di maggiore esperienza del Consiglio superiore di statistica, dotato altresì di una sufficiente esperienza internazionale. Nella gestione dell’Istituto e delle sue indagini la presidenza del predecessore, Corrado Gini, aveva inteso rimarcare la propria autonomia rispetto al governo fascista e ai suoi dicasteri, creando notevoli problemi a Benito Mussolini nel rapporto con i suoi ministri. Savorgnan fu quindi preferito a Gini anche per il suo atteggiamento più accomodante e meno accentratore, circostanza che favorì un maggiore protagonismo del direttore generale dell’Istituto, Alessandro Molinari, che divenne per molti versi il vero interlocutore di Mussolini per la gestione dell’Istat in anni in cui l’Istituto fu sempre più sottoposto alle sollecitazioni politiche provenienti dal regime. Nel complesso la presidenza di Savorgnan si limitò a consolidare le innovazioni apportate da Gini, senza ampliare o approfondire in modo significativo i campi di indagine e i risultati conoscitivi dell’Istituto e senza portare avanti fino in fondo il processo di accentramento dei servizi statistici avviato da Gini.
Vincitore nel 1938 del premio Mussolini, Savorgnan fu tra i dieci scienziati italiani firmatari del Manifesto della razza apparso su La difesa della razza, periodico dove pubblicò anche un articolo sulla necessità di un’inchiesta antropometrica in Italia (1938, n. 1). Il 5 settembre 1938 fu nominato membro del Consiglio superiore demografia e razza, presso il ministero dell’Interno. Dopo la caduta del fascismo e la decisione di trasferire l’Istat a Venezia, nella nuova Repubblica sociale italiana, il 26 ottobre 1943 Mussolini accettò le dimissioni di Savorgnan, sostituito da Giuseppe Adami con funzioni di commissario. Dopo la fine della guerra Savorgnan non fu coinvolto da procedimenti di epurazione e concluse la propria carriera universitaria ottenendo nel 1954 il titolo di professore emerito. Morì a Roma l’8 aprile 1963.
Opere. Una dettagliata bibliografia degli scritti è riportata in Bibliografia di Franco Savorgnan, a cura di F. Trocini in appendice a Lettere di Franco Savorgnan a Roberto Michels (1909-1927), a cura di F. Trocini, in Annali della Fondazione Luigi Einaudi, XLII (2008), pp. 374-391. Il saggio introduttivo di Federico Trocini traccia al contempo un accurato profilo biografico di Savorgnan, basato su molteplici fonti edite e inedite. Una precedente bibliografia era apparsa in Bibliografie con brevi cenni biografici, Bologna 1959. Le relazioni di Savorgnan al Consiglio superiore di statistica in qualità di presidente dell’Istat sono pubblicate nei volumi degli Annali di statistica, 1933-1940.
Fonti e Bibl.: Molte delle lettere ricevute da Savorgnan sono custodite nell’archivio privato del figlio Emilio, fra cui le 117 firmate da Gumplowicz; alcune lettere di Savorgnan a Gumplowicz sono conservate a Varsavia presso l’Archivio della Biblioteca Narodowa; il carteggio con Corrado Gini, precedente alla fondazione dell’Istat, è nel Fondo Gini all’Archivio centrale dello Stato (Corrispondenza, b. 7); le lettere a Roberto Michels sono conservate presso la Fondazione Luigi Einaudi di Torino; carte d’archivio relative alla carica di presidente dell’Istat, incluso un fascicolo personale, sono presso l’Archivio storico dell’Istat, nonché all’interno dei fondi Presidenza del Consiglio dei Ministri e Segreteria particolare del Duce presso l’Archivio centrale dello Stato.
Chi è? Dizionario degli italiani d’oggi, Roma 1957, s.v.; G. De Meo, F.R. S. (1879-1963), in Revue de l’Institut international de statistique, 1963, vol. 31, n. 3, pp. 456 s.; G. Leti, L’Istat e il Consiglio superiore di statistica dal 1926 al 1945, in Annali di statistica, s. 10, 1996, vol. 8; C. Ipsen, Demografia totalitaria. Il problema della popolazione nell’Italia fascista, Bologna 1997; R. Strassoldo, La sociologia austriaca e la sua ricezione in Italia: la mediazione di F. S., in Teoria, società e storia: scritti in onore di Filippo Barbano, a cura di C. Marletti - E. Bruzzone, Milano 2000; B. Weiler, Ludwig Gumplowicz (1838-1909) e il suo allievo triestino F. S. (1879-1963): analisi del rapporto fra la sociologia austriaca e quella italiana, in Sociologia, XXXVII (2003), 1, pp. 9-34; S. Misiani, I numeri e la politica. Statistica, programmazione e Mezzogiorno nell’impegno di Alessandro Molinari, Bologna 2007; F. Cassata, “La Difesa della razza”. Politica, ideologia e immagine del razzismo fascista, Torino 2008; A. Baffigi - M. Magnani, Giorgio Mortara, in Le leggi antiebraiche del 1938, le società scientifiche e la scuola in Italia. Atti del Convegno, Roma... 2008, in Biblioteca dell’Accademia nazionale delle Scienze detta dei XL, Roma 2009, pp. 237-254; D. Cocchi - G. Favero, Gli statistici italiani e la “questione della razza”, ibid., pp. 207-235; S., in Annuario della nobiltà italiana, XXXIII (2015-2017), s.v.