FRANCO-PROVENZALE
. Si chiama franco-provenzale "un tipo idiomatico (usiamo le parole di chi, primo, l'ha individuato, G. I. Ascoli), il quale insieme riunisce, con alcuni suoi caratteri specifici, più altri caratteri, che parte son comuni al francese, parte lo sono al provenzale, e non proviene già da una tarda confluenza di elementi diversi, ma attesta bensì la sua propria indipendenza istorica non guari dissimile da quella per cui fra loro si distinguono gli altri principali tipi neolatini". Il tipo franco-provenzale è costituito da una catena di vernacoli che si estendono per tutta la Savoia, per la Svizzera detta francese o romanda (cantoni di Ginevra, di Vaud, di Friburgo, parte del Vallese, e una sezione del cantone di Berna fra il Giura e il Lago di Bienne), per la Franca-Contea al sud di Besançon, per l'Ain, per una parte del Lionese, per il Delfinato settentrionale e per le valli d'Aosta e di Soana.
È carattere saliente del franco-provenzale la palatalizzazione di ca- all'iniziale e nell'interno di parola dopo consonante e di ga- in identica condizione. Ad Usseglio: ćardúñ "cardo selvatico", ćáù "caldo", bućı "bocca"; ǵalina "gallina", ǵoë "piacere" (da gaudium), ecc. A Gruyères (cant. di Friburgo): tsoϑe "pantaloni", tsou "cavolo", tsotæ "estate" (da calidum tempus), tsavó "cavallo" ecc. A Frib. tsó "scompartimento di una cassa" (calăthus). A Blonay (Vaud): tsã "campo". A Val d'Illiez: tsê "carne", dzouta "gota" (gabăta), dzourə "godere" (gaudere), ecc.
Ma la nota fonetica più caratteristica di questa serie di dialetti è costituita dal conservarsi di á, come in provenzale, salvo dopo consonante palatale, nella quale condizione abbiamo e, ie, i (tratto francese), p. es. prā "prato", tsãtê "cantare", ma baillié, tsé "carne", ecc. (cfr. francia: Lingua). La palatale intacca anche l'-a finale (p. es. mürágli "muraglia"). I dialetti del Giura bernese che hanno á in e anche quando la consonante non è palatale (o hanno, cioè, lo sviluppo francese) resterebbero già esclusi, per questa ragione, dal dominio franco-provenzale.
Per ciò che spetta in particolare all'Italia, trarremo gli esempî dalle parlate di Usseglio, da Val Soana e da Aosta. A Usseglio: mare "madre", anvál "uguale", ma ćévra "capra", ćéire "cadere", avanzi di una condizione di cose che doveva estendersi anche laddove oggi è tramontata, p. es. negli infiniti: vëiá "vegliare", sëá "asciugare", ecc., dove ora si ha á, come nei verbi dove ad a non precede palatale (alá, muntá, lavá). Ma, alla finale, la palatalizzazione è ben ferma e la vocale è scaduta a i: bući "bocca", øëi "ago", urëi "orecchia", avëi (da apicula) "ape", ecc. In Val Soana: bagnér "bagnare", minǵér "mangiare" vacci "vacca", manǵi "manica", ecc.; palëi "paglia" rabi "rabbia" (ma ala "ala", alar "andare"). Ad Aosta (valle della Dora Baltea): ćévra "capra", vazze "vacca", paille "paglia", ecc. In gran parte dei dialetti della Svizzera romanda l'á in condizioni normali si colora in å, o (p. es. Blonay, cant. di Vaud: tsãtå "cantare", nå "naso", tsåno "quercia"; Gruyères, cant. di Friburgo: vï "bara" (da vasu), ætrevï "domandare" (interrogare), fïva "fava", ï "ape"; (Certoux, cant. di Ginevra: pwóu "potare", nou "naso", mïr "madre", ecc.). Abbiamo, invece, a conservata a Montana (Vallese): prā "prato", tsãta "cantare", ecc. Quando, però, l'á sia preceduta da consonante palatale, compare netto e distinto il tratto franco-provenzale: Blonay kõdzi "congedo", tsouhí (da calceare), tsivra "capra", ecc. Gruy.: èeëí "falciare" da secare, dzüyí "giocare", tsertsí "cercare", apyeyí "aggiogare i buoi", ecc. Alla finale, a Gruyères: važüva "vacca sterile" (da vaciva), fárna "farina", epelüva "scintilla" da expelluta, ùípa "vespa", di fronte a: gŏùə "flaque d'eau", fîrtse "forca", ecc.
Altri tratti notevoli di questo dominio sono: lo sviluppo di -tr- in -dr-, -ßr-, -r- alla francese (pāre, māre, frāre, ecc.); la risoluzione di -mn- in -n- (fena "femmina"); l'oscillazione dell'accento (fárna "farina", pérdya "perduta", vyá "vita", ecc.), lo svolgimento, soprattutto nei dialetti romandi, di suoni ignoti al francese, come f da sp (efé???na "spina", wéfa "vespa"), ϑ (th) da st (tiϑa "testa", fiϑa "festa"), χl da cl- (per es. χlotse "campana", da clocca).
Com'è naturale, dentro la vasta estensione di questo tipo linguistico si possono individuare altre parziali caratteristiche. Per es., in una sezione del Vallese, dopo ī si sviluppa una gutturale (ligbra, rigva "riva") e, in un'altra sezione, si nota una preziosa distinzione fra l'articolo maschile al nominativo e all'accusativo (il tsã ye sø "il campo è secco", ma traversā lo tsã "traversare il campo"). Il plur. -as è reso in molta parte del dominio da -ə (vatse "vacche"). Nella sezione italiana, in particolare, ma anche altrove, rimane inalterato l'-o finale. Interessante è lo sviluppo dei participî in -atu e in -ata, ecc.
I più antichi testi franco-provenzali (dopo il frammento di Alessandro del sec. XI che potrebbe essere ascritto a questo tipo in base a voci come lanci "lancia", fayllenti "fallenza"), sono: le farse edite da P. Aebischer in Archivum rom., IV, p. 342; VII, p. 288; XV, p. 512; la Chanson de l'Escalade de Genève (sec. XVII) edita e studiata da O. Keller (Ginevra 1931); il Conte dau Craizu (sec. XVIII) esaminato da L. Gauchat, in Bulletin du Glossaire de la Suisse romande, V (1906); la traduzione delle Bucoliche di Virgilio dovuta all'avv. Python (Friburgo 1788). Preziosi sono i canti popolari romandi, fra cui è celebre il Ranz des vaches.
G. I. Ascoli, Schizzi franco-prov., in Arch. glott. ital., III (1878), pp. 61-120; L. Gauchat, langue et patois de la Suisse romande (con una copiosa bibliografia), in Dictionnaire géographique de la Suisse, Neuchâtel 1907; Gauchat-Jeanjaquet-Tappolet-Muret, Tableaux phonétiques de patois suisses romands, Neuchâtel 1925. Per il Glossaire des patois de la Suisse romande e per la Bibl. ling. de la Suisse rom., v. gauchat, lous. I dialetti franco-provenzali sono stati inclusi nell'Atlas ling. de la France di J. Gilliéron e E. Edmont. Un Petit Atlas phon. du Valais ha dato J. Gilliéron nel 1880.
Bibl.: P. Vouga, Essai sur l'origine des habitants de Val de Travers, Halle s. S. 1906; F. Frankhauser, Das Patois von Val d'Illiez, Amburgo 1911; J. H. Hubschmid, Zur Bildung des Imperfekts im Francoprovenzalischen, Halle 1914; O. Keller, Der Genferdialekt dargestellt auf Grund der Mundart von Certoux, Zurigo 1919; W. Pierrehumbert, Dict. hist. fu parler neuchâtelois, Neuchâtel 1926; W. Gerster, Die Mundart von Montana, Aarau 1927; O. Keller, La flexion du verbe dans le patois genevois, Ginevra 1928. Per la sezione italiana: C. Nigra in Arch. glott. ital., II, pp. 1-60 (sul dial. di Val Soana); C. Salvioni, in Lettura, I, p. 717; K. Jaberg, Notes sur l's final libre dans les patois franco-prov. et prov. du Piémont, Berna 1912; B. Terracini, in Arch. glott. ital., XVII (sul dial. di Usseglio); C. Merlo in Rend. Ist. Lomb., s. 2ª, XLIV (su Valtournanche); A. Duraffour, in Revue ling. rom., VIII (1932), pp. 1-280.