CASAVOLA, Franco
Nacque a Modugno (Bari) il 13 luglio 1891 da Donato e da Giovanna Russo. Iniziati gli studi al liceo musicale di Bari con P. La Rotella, li proseguì in seguito a Milano con Luigi Mapelli e infine a Roma con Ottorino Respighi. La sua intensa attività, che lo mise tra l'altro in contatto con i maggiori esponenti del mondo musicale italiano, tra cui Umberto Giordano, fu interrotta durante la prima guerra mondiale, cui partecipò con il grado di capitano, meritandosi una decorazione al valore sul Carso. Al termine del conflitto aderì al movimento futurista, di cui tra il 1920 e il '27 fu uno dei rappresentanti più significativi, e redasse tra l'altro cinque manifesti: La Musica futurista (primo della serie pubblicato su Il Futurismo. Rivista sintetica illustrata, 11 dic. 1924), Le Atmosfere cromatiche, Le Versioni scenico-plastiche, Teatro degli attimi dilatati, Le Sintesi visive (quest'ultimo redatto e firmato con A. S. Luciani e S. Mix). Nel 1924 il C. partecipò al primo congresso futurista italiano accanto ai citati Luciani e Mix, nonché a L. Russolo. Tra l'altro, sempre nell'ambito del futurismo, il C. svolse in questo periodo un'intensa attività di direttore d'orchestra e di compositore per archi enarmonici, intonarumori e altri strumenti nati dalla fantasia di L. Russolo. Particolarmente significativo fu il contributo da lui dato allo sviluppo delle teorie già espresse dal Russolo nel manifesto L'arte dei rumori (1913); in La Musica futurista sostenne infatti il principio di "identificare l'esecutore con il creatore, portare l'improvvisazione nell'insieme orchestrale"; "poiché l'intensità delle vibrazioni visive è infinitamente superiore e la sensazione luminosa più rapida di quella auditiva, non dovranno corrispondere, come finora si è tentato di fare, i colori analoghi ai singoli suoni della melodia, ma alle fondamentali armoniche date dai pedali della dominante di ciascuna tonalità". La creazione musicale fu così prospettata dal C. come "eminentemente sintetica"; in tal senso egli poteva auspicare la morte del melodramma; sostituito, oltre che dall'opera in musica (della quale non fu ben chiarita l'essenza), dalle sintesi visive, dalle atmosfere cromatiche e dalle versioni scenico-plastiche.
Delle sue musiche futuriste, in gran parte balletti, eseguiti al teatro degli Indipendenti a Roma, si ricordano in particolare: Anikani del 2000 (di F. Depero), Danza dell'elica e Il cabaret epilettico (entrambi di F. T. Marinetti), Piedigrotta (dal poema parolibero di F. Cangiullo), Ranocchi al chiaro di luna (definito dall'autore balletto romantico), La ballata degli gnomi la notte di San Pietro (sutesto di E. Cavacchioli). Compose inoltre le musiche di scena per Ritornello azzurro di A. Rossato (Milano 1924)e per I Prigionieri di Marinetti (Parigi 1926). Molti dei suoi balletti furono rappresentati con notevole successo a Parigi, ove nel 1927furono eseguite e replicate per due mesi le pantomime Mercanti di cuori e Tre momenti, eseguite al teatro della Madeleine con scenari di G. Prampolini e L. Folgore. Su invito di S. P. Diagilev musicò il dramma mimico Hop Frog di E. A. Poe e successivamente due balletti di V. Velcek, con cui si staccò dal movimento futurista.
Dopo il 1927 il C. andò gradualmente accostandosi all'opera verista e in particolare a Mascagni; frutto di questo ripensamento fu l'atto unico Il gobbo del califfo, scritto anche per esortazione di T. Serafin e risultato vincitore nel concorso bandito nel 1929 dal governatorato di Roma. Il lavoro, presentato in prima esecuzione il 4 maggio dello stesso anno al teatro dell'Opera di Roma, incontrò un caloroso successo e fu poi più volte replicato alla Scala di Milano, al Colón di Buenos Aires, al Petruzzelli di Bari, oltre che a Stoccarda in lingua tedesca (1931), in Egitto e in Norvegia. L'opera, briosa e grottesca, denunciò chiaramente l'abbandono radicale del futurismo e segnò l'inizio di una nuova attività creativa. Compose infatti i balletti Ilcastello del bosco (Roma, teatro dell'Opera, 1931), L'alba di Don Giovanni (Venezia, teatro Goldoni, 1932) e l'opera giocosa Le astuzie d'amore (libretto di A. Rossato, Bari, teatro Petruzzelli, 1936) con cui si riallacciava al filone dell'opera lirico-sentimentale. Negli ultimi anni il C. modificò ulteriormente il suo stile arrivando a recuperare aspetti peculiari del linguaggio romantico rivissuto in una nuova ambientazione drammatica; nacque così Salammbô (libretto di E. Mucci da G. Flaubert, Roma, teatro dell'Opera, 1948), che riscosse un considerevole successo. Intensa fu negli ultimi anni anche l'attività di critico musicale che il C. aveva già svolto negli anni giovanili scrivendo per Il Corriere delle Puglie (1921-22). Fu infatti critico de Il Tempo dal 1944 al '47 e del Corriere della Nazione nel 1947. Fondò e diresse la rivista Modernità e in occasione del centocinquantesimo anniversario della morte di N. Piccinni scrisse una serie di articoli pubblicati nella Gazzetta del Mezzogiorno di Bari (aprile-maggio 1951), poi raccolti nell'Archivio storico pugliese, IV (1951), 2, pp. 32-67. Alle celebrazioni di Piccinni partecipò inoltre allestendo la riesumazione dello Sposo deluso e componendo su musiche del compositore barese il balletto Passo d'addio. Sempre nel 1951, in occasione delle celebrazioni pirandelliane che si tenevano ad Agrigento e a Palermo, compose musiche di scena per La sagra del Signore della nave. Postumo uscì uno studio su Tommaso Traetta (Tommaso Traetta di Bitonto, 1727-1779. La vita e le opere, Bari 1957). Negli anni futuristi scrisse inoltre due romanzi: Avviamento alla pazzia (con prefazione di F. T. Marinetti, Milano 1924) e Diario di guerra di Leonardo Coffres (Napoli 1924).
Morì a Bari il 7 luglio 1955.
Il C. incarna in maniera esemplare la vicenda del musicista italiano di cultura sostanzialmente conservatrice, ma aperta alle più ampie suggestioni europee. Il suo ruolo fu, nell'ambito del futurismo, quello di un notevole comprimario ricco di spunti geniali e di idee inedite. Soprattutto a lui va riconosciuto il merito di un acuto senso di ricerca nel campo della strumentazione con il tentativo di inilizzare i nuovi timbri provenienti dagli strumenti inventati dal Russolo, anche all'interno di una compagine tradizionale. In tal senso il C. si mostrò assai sensibile alle sollecitazioni della più raffinata cultura europea (si veda soprattutto la Danza dell'elica scritta per flauto, clarinetto, violino, timpano e macchina del vento). Successivamente l'attività del C., se da un lato tese a un progressivo recupero del linguaggio tradizionale, si aprì dall'altro in campi fino ad allora poco esplorati da musicisti culturalmente impegnati, quale appunto la musica da film. Negli ultimi anni notevole importanza ebbe per il C. l'attività di organizzatore culturale: egli infatti concepì un ambizioso progetto che la morte gli impedì di portare a termine: la creazione di un Euroteatro che permettesse un attivo scambio tra i paesi del M.E.C.; lavorò al progetto per circa quattro anni, ma alla sua morte la cosa era ancora lontana dalla possibilità di una pratica attuazione.
Dal 1936 si dedicò intensamente alla composizione di musiche per film: Si ricordano: Sette giorni all'altro mondo; La damigella di Bard (1936); Hanno rapito un uomo; Il destino in tasca; Fuochi d'artificio (1938); L'ultimo scugnizzo; Terra di nessuno; Montevergine; Fascino (1939); Casa lontana; Mare (1940); Leggenda azzurra; L'uomo del romanzo; Il pozzo dei miracoli; La Regina di Navarra (1941); Se non son matti non li vogliamo; A che servono questi quattrini?; Carmela (1942); Canal Grande; Tempesta sul golfo (1943); Resurrezione (1944); Addio mia bella Napoli; Aquila nera (1946); Furia; Eleonora Duse (1947); Anni difficili (1948); La sepolta viva (1949); Il falco rosso; Quel fantasma di mio marito; Ippodromi all'alba; Alina (1950); Contro la legge; La figlia del mendicante; Sigillo rosso (1951); I due derelitti (1952); Amore rosso (1953). Si ricordano inoltre le musiche di scena per: Arzigogolo del Lasca (1938); Antigone di Sofocle (Roma, teatro dell'Università, 1950); l'opera comica Don Cesare di Bazan (libr. C. Giardini da Dennery, 1921); i balletti: Canidia (danza per coro e percussione, 1943, non rappresentata); Il Cantico dei cantici (danza per coro e percussione, 1951, non rappresentata); Operazioni aritmetiche (1948; Roma, teatro dell'Opera, 1954). Compose inoltre pezzi orchestrali tra i quali si segnalano Mattino di primavera, liriche per tenore e pianoforte su testi di D'Annunzio, Bovio, Moscardelli, Pascoli; due frammenti per violino e piano, nonché pezzi infantili per pianoforte.
Fonti e Bibl.: Notizie in Il Tempo, 24 ag. 1961; S. A. Luciani, rec. delle Astuzie di Amore, in L'Italia letteraria, Milano-Roma 9 febbr. 1936; U. Manferrari, Dizionario universale delle opere melodrammatiche, I, Firenze 1954, pp. 210 s.; R. Rossellini, Umani ricordi, in IlMessaggero, 24 genn. 1964; A. Giovine, Musicisti e cantanti in terra di Bari, Bari 1968, ad Indicem; Discoteca-Alta fedeltà, genn.-febbr. 1971, pp. 43-48; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 169; The Macmillan Encyclopedia of music and musicians, II, London 1954, p. 106; Enc. d. Spett., III, coll. 164 s.; Enc. della musica Ricordi, I, p. 423; La Musica, Diz., I, Torino 1968, p. 362.