SUÁREZ, Francisco
Teologo; noto anche con l'appellativo di doctor eximius. Nacque a Granata il 5 gennaio 1548, e a 13 anni fu inviato a Salamanca per studiarvi diritto canonico. La sua prima richiesta per essere accettato nella Compagnia di Gesù fu respinta, perché il postulante fu giudicato manchevole d'intelligenza e di salute; tuttavia il 16 giugno 1564 egli fu accettato, ma come "indifferente", cioè con la riserva lasciata ai superiori di decidere se egli sarebbe divenuto sacerdote o soltanto fratello laico. Cominciò il noviziato a Medina del Campo, ma dopo pochi mesi fu inviato a studiare filosofia a Salamanca; la riuscita nello studio era tuttavia da principio così scarsa, che il S. stesso domandò di passare tra i fratelli laici. A un tratto, però, avvenne un mutamento radicale, ed egli si segnalò fra i migliori studenti. Negli anni 1566-70 studiò teologia a Salamanca; insegnò quindi filosofia (1570-73), e teologia dapprima a Segovia (1575-76) e a Valladolid (1576-80), quindi a Roma (1580-85); tornato per malattia in Spagna, fu ad Alcalá (1585-93), a Salamanca (1593-97) e a Coimbra (1597-1617); nel periodo 1603-06 fu a Roma in occasione della controversia circa la "Confessio et absolutio absentis"; nel 1617 si trasferì a Lisbona, ove morì il 25 settembre dello stesso anno.
Le prime opere pubblicate dal S. avevano ancora la forma di commenti alla parte III della Summa Theol. di S. Tommaso: egli vi segue la stessa ripartizione e chiarisce il testo di S. Tommaso, aggiungendovi profonde discussioni sulle relative questioni; nelle opere tardive, invece, il S. tratta le questioni secondo una ripartizione del tutto sua. Anche le sue Disputationes metaphysicae non sono trattate come commento ad Aristotele. Animato nei suoi lavori dalla sola ricerca della verità, il S. fu un dichiarato avversario del metodo in quel tempo ancora diffuso, secondo cui i professori si occupavano unicamente del compito accademico assegnato loro, senza affaticarsi ad approfondire ulteriormente le questioni. Quando per tal motivo egli fu accusato di essere un "innovatore" gli fu naturalmente assai facile giustificarsi.
Il suo metodo di trattare le questioni fu in sostanza sempre lo stesso: da principio egli dà esatta informazione sulle ricerche fatte fino a quel punto sulla questione, chi ne ha scritto, in che senso, su quali fondamenti, e a quali conclusioni sia giunto; quindi passa a presentare in chiara maniera tutto lo stato della questione; in ciò egli si mostra bene informato della letteratura relativa, e non di rado offre una vera storia della questione. La discussione di questo ricco materiale lo porta quindi a una sua propria conclusione, ch'egli motiva con sode ragioni. Il S. non poteva limitarsi a ripetere semplicemente ciò che era stato detto dagli altri, né ad accettarlo per la sola ragione che era già stato affermato. In questo egli si mostra vero discepolo di S. Tommaso, il quale non aveva seguito immutabilmente un dato autore, bensì aveva cercato la verità ovunque fosse. In tal modo, il S. ha cercato un suo proprio sistema, il quale si si riporta in sostanza a quello di S. Tommaso.
Né dal sistema di S. Tommaso si discosta il S. nella questione, allora agitatissima, della conciliazione o concordia della Grazia efficace con il libero arbitrio. Il S. vi difese il suo confratello Molina (v.) dalle ingiuste accuse di chi voleva spiegata l'efficacia della grazia dvina ab intrinseco, ossia indipendentemente dal libero arbitrio mediante una predeterminazione fisica della volontà creata, da lui esclusa come lesiva della libertà, ed accettò in sostanza, non senza nuovi chiarimenti, la spiegazione moliniana che deriva l'infallibile connessione della grazia col consenso dalla futurizione condizionata del consenso stesso, sotto l'ausilio della grazia, da Dio preveduto mediante la scienza media, ossia dalla congruenza della grazia, data da Dio in quelle circostanze in cui prevede che non mancherà il consenso della libera volontà umana. Di qui il nome di congruismo dato al sistema come svolgimento del molinismo.
Infine le opere del S. avendo trattato con singolare profondità l'intera metafisica e quasi tutte le questioni di teologia, di morale, e molte di diritto, hanno esercitato fino al nostro tempo grande influenza non soltanto presso i teologi e i filosofi cattolici, ma anche press0 i non cattolici in varie questioni di filosofia e di diritto.
Scritti: De Incarnatione Verbi (1590); De Mysteriis vitae Christi (1592); De Sacram. Baptismi, Confirmationis, Eucharist. (1595); Disputationes metaphysicae, I-II (1597); Varia opuscula theologica (1599); De Poenitentia, Extrema Unctione, Purgatorio, Indulgentiis (1602); De Censuris (1603); De Deo uno et trino (1606); De virtute et statu religionis, I (1608), II (1609); De legibus (1612); Defensio fidei catholicae (1613). Dopo la sua morte apparvero: De gratia, I e III (1619); De angelis (1620); De opere sex dierum et de anima (1621); De fide, spe et charitate (1621); De virtute et statu religionis, III (1624), IV (1625); De ultimo fine, etc. (1628); De gratia, II (1651); De vera intelligentia auxilii efficacis (1655); Opuscula sex inedita (1859).
Un'edizione totale delle sue opere in 23 volumi apparve a Venezia nel 1740-51, e una in 28 volumi a Parigi nel 1856-61. Manca un'edizione completa corrispondente alle esigenze moderne.
Bibl.: C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnia di Jésus, VII, pp. 1661-1687; IX, pp. 867-868. La migliore biografia è di R. de Scoraille, F. S., voll. 2, Parigi 1911, con giudizio critico sulle biografie precedenti; ulteriore bibliografia in M. Grabmann, Gesch. d. kathol. Theol., Friburgo 1933, p. 330.