ORSINI, Franciotto
ORSINI, Franciotto. – Nacque nel 1473 da Orso, detto Organtino, signore di Monterotondo, e da Costanza Savelli.
In virtù del matrimonio della zia Clarice Orsini con Lorenzo il Magnifico, fu educato a Firenze, presso la corte medicea. Suo compagno di studi fu Giovanni de’ Medici, il futuro papa Leone X; suoi maestri Gregorio da Spoleto, Urbano Valeriano e Demetrio Calcondila. Inoltre, ebbe modo di conoscere Angelo Poliziano, che gli rimase sempre legato. Sempre a Firenze, in una data imprecisata, comunque prima del 1489, intraprese la carriera delle armi, assumendo il comando di 50 lancieri.
In giovane età sposò Violante Orsini di Mugnano, dalla quale ebbe Costanzo, Ottavio, Orso, Clarice e Cecilia. Ebbe inoltre un figlio naturale, Annibale, che divenne arcivescovo di Nicosia e canonico della basilica Vaticana.
Nel 1494, a seguito della cacciata dei Medici da Firenze, lasciò la Toscana per raggiungere i castelli fortificati della sua famiglia e contribuire, a fianco dei cugini del ramo di Bracciano, alla difesa delle proprietà degli Orsini in una fase estremamente delicata per la vita politica della penisola italiana. Nel 1497, in un momento di grande tensione fra il suo casato e il papa Alessandro VI, fu per un certo tempo tenuto prigioniero dai Colonna, alleati del pontefice. In quegli anni il padre gli cedette la contea di S. Valentino nel regno di Napoli, poi venduta nel 1507 a Giacomo Frangipane della Tolfa.
Il 9 ottobre 1502, dopo la presa di Urbino e Camerino, nella fortezza di Magione, non lontano dal lago Trasimeno, Orsini prese parte – insieme con il cardinale Giovanni Battista Orsini, Francesco Orsini duca di Gravina, Paolo Orsini, Ermete Bentivoglio (figlio e inviato di Giovanni, signore di Bologna), Antonio da Venafro (rappresentante di Pandolfo Petrucci, signore di Siena), Gentile e Giampaolo Baglioni, Oliverotto da Fermo e Vitellozzo Vitelli – all’elaborazione di un piano politico e militare contro Cesare Borgia, figlio del pontefice. Dopo la conquista di Senigallia, Borgia propose un accordo ai congiurati e li invitò a un incontro, ma Orsini non vi andò e riuscì così a salvarsi: Paolo e Francesco Orsini, Vitellozzo e Oliverotto invece furono uccisi da Borgia, mentre il cardinale Giovanni Battista Orsini, imprigionato a Castel S. Angelo, trovò la morte di lì a poco.
Nel febbraio 1503, a pochi mesi dalla formazione dell’alleanza antiborgiana da parte di Colonna e degli Orsini, Franciotto partecipò ad alcune scorribande nelle campagne presso Roma, insieme con Muzio Colonna, Troilo Savelli e Fabio Orsini: azioni che, in contemporanea a quelle compiute da Prospero Colonna e da altri colonnesi nelle vicinanze di Fondi, avevano lo scopo di intimidire il pontefice e di indebolire il suo controllo politico e militare dell’Urbe e dello Stato pontificio. Nello stesso anno, si trovò a difendere con alcuni parenti la rocca di Ceri, assediata da Cesare Borgia: gli assediati si arresero, negoziando la possibilità di raggiungere Pitigliano, feudo di un ramo della famiglia Orsini sotto la protezione veneziana, e anche in questo caso Franciotto riuscì a scampare alla morte.
Nel 1511 fu uno dei componenti della famiglia Orsini convenuti dinanzi ai Conservatori di Roma per sottoscrivere la pace con la famiglia Colonna. Ripresi i contatti con l’amico di infanzia Giovanni de’ Medici, nel 1512 ritornò con lui a Firenze. L’anno successivo, alla morte di Giulio II, fu inviato a Bologna per domare le intemperanze dei Bentivoglio. Ritornò a Roma alla notizia dell’ascesa al soglio pontificio di Giovanni.
Alla cerimonia dell’incoronazione, occupò una rilevante posizione nel corteo di nobiluomini romani che precedette il papa in processione verso la basilica Lateranense, un onore dovuto da un lato alla sua appartenenza familiare, dall’altro ai legami personali con il nuovo pontefice.
Alla morte della moglie, avvenuta in data imprecisata ma prima del 1517, Orsini abbracciò la condizione ecclesiastica. Fu quindi nominato protonotario apostolico. Nel 1517 venne confermato dal papa nella signoria di Monterotondo, San Polo, Stimigliano, Collevecchio e Fianello. Negli stessi anni, si dedicò alla modifica in senso monumentale della rocca di famiglia a Monterotondo.
Il 1° luglio 1517 fu creato cardinale diacono, insieme con altri sette esponenti della nobiltà romana: Alessandro Cesarini, Paolo Emilio Cesi, Domenico Jacobacci, Andrea Della Valle, Francesco Conti, Domenico de Cupis e Pompeo Colonna.
Il 6 luglio 1517 gli venne attribuito il titolo di S. Giorgio al Velabro, che nel 1519 fu mutato in quello di S. Maria in Cosmedin. Fu inolte nominato arciprete della basilica Vaticana. Da principio, Orsini, al pari dell’amico e rivale Pompeo Colonna, non aveva alcuna inclinazione per la vita religiosa, avendo maturato maggiore esperienza come condottiero piuttosto che come ecclesiastico, e infatti, durante il pontificato di Leone X, appassionato cacciatore, si distinse soprattutto per la capacità di dirigere le cacce e di ospitare nei castelli di famiglia il pontefice durante battute di un mese intero. Nel 1519, Leone X lo nominò amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Boiano, che mantenne fino al 1523. Nel 1524, Clemente VII gli conferì l’amministrazione della Chiesa di Frejus, che detenne per un anno, e nel 1528 della Chiesa di Rimini.
Nel corso di tutta la sua vita politica, Orsini fu attento a coltivare buoni rapporti sia con gli emissari francesi sia con quelli imperiali, nonché soprattutto con i rispettivi alleati italiani, in particolare con il cardinale Colonna. Tuttavia, l’appartenenza alla famiglia Orsini lo qualificava come filofrancese.
Nel giugno 1520, quando l’ambasciatore di Carlo V riunì a Roma gli eventuali sudditi fedeli all’imperatore in modo da concertarne l’azione, Orsini non fu presente; da qui la nota delll’ambasciatore: «a la verdad nunca está ni será bueno para el servicio del Vuestra Magestad segun me han dicho e conosco» (Londra, British Library, Additional Mss. 28573).
L’ostilità nei confronti del partito imperiale emerse pienamente durante il conclave aperto il 27 dicembre 1521, in cui fino all’ultimo Orsini si dimostrò contrario ad Adriano di Utrecht, antico precettore di Carlo V, che però venne eletto al soglio pontificio il 9 gennaio 1522.
Malgrado ciò, insieme con i cardinali Pompeo Colonna e Alessandro Cesarini, Orsini fu insignito del titolo di legato con il compito di recarsi in Castiglia, dove risiedeva il nuovo papa, e invitarlo a raggiungere al più presto Roma. Al pontefice i legati avrebbero dovuto presentare una professione di fede e di impegno a promuovere la fede cattolica e a combattere l’eresia luterana, nonché a non trasferire la sede papale senza il consenso del collegio cardinalizio. Tuttavia, la voce diffusa di una malattia del papa, della sua imminente morte o, ancora, del decesso già avvenuto, trattenne i cardinali a Roma, in vista di un nuovo conclave. Nel corso della primavera, fu solo Cesarini a partire alla volta della penisola iberica e ad accompagnare il papa nel viaggio verso a Roma. Il 25 agosto 1522, quando Adriano VI giunse a Civitavecchia, ad attenderlo vi erano Orsini e Pompeo Colonna.
Contrario alla politica del pontefice, nell’estate del 1523, quando Francesco I di Francia si apprestava alla riconquista di Milano e Adriano VI entrò in una lega antifrancese con l’imperatore, Enrico VIII d’Inghilterra, l’arciduca Ferdinando d’Asburgo, Francesco Sforza duca di Milano, Firenze, Genova, Siena e Lucca, Orsini, insieme con i cardinali Antonio Ciocchi del Monte, Niccolò Fieschi e Agostino Trivulzio, si oppose.
Anche nel conclave che si aprì il 1° ottobre 1523, si schierò contro l’elezione del candidato patrocinato da Carlo V, Giulio di Giuliano de’ Medici, osteggiato anche dal cardinale Pompeo Colonna. Dopo più di un mese di conclave, in una situazione stagnante che vedeva tre fazioni cardinalizie incapaci di arrivare a un accordo, il francese Francesco de Clermont propose sia al partito imperiale sia a quello colonnese di convergere su Orsini; diplomaticamente Giulio di Giuliano de’ Medici dichiarò di appoggiare la candidatura di un esponente di una famiglia che poteva vantare molteplici legami con il casato mediceo, un’affermazione che preoccupò Colonna e lo spinse a far dirigere i voti di cui disponeva proprio su Medici, il quale il 19 novembre fu eletto con il nome di Clemente VII.
Non si hanno notizie di Orsini per gli anni successivi, fino alla morte, se si eccettua il ruolo di ostaggio da lui sopportato in occasione del sacco di Roma.
Nel dicembre 1527, per favorire la liberazione dalla prigionia a Castel S. Angelo del pontefice, rinchiuso nella fortezza da sette mesi, Orsini e il cardinale Cesi furono consegnati ai Colonna, come garanzia di ingenti somme che dovevano essere versate agli imperiali. Nel febbraio dell’anno seguente i due cardinali, che erano stati tradotti a Grottaferrata e lì trattati con ogni riguardo dal cardinale Pompeo, furono scarcerati dietro il pagamento di 20.000 ducati.
Orsini morì a Roma il 10 gennaio 1534 e venne sepolto nella basilica Vaticana.
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