FRANCHI
Architetti, scultori e scalpellini, quasi tutti originari di Carrara, attivi dal Seicento all'Ottocento, i cui legami di parentela non sono sempre chiari. Fra i nativi di Carrara, Campori (1873) menziona, per il Seicento, Venezio e Francesco, per il Settecento Giacomo, Giuseppe, il più conosciuto, e Orazio, attivo nell'Ottocento. Furono inoltre scultori Antonio, Isidoro e Iacopo Pompeo.
Domenico fu fra i collaboratori di Giovanni Baratta nella decorazione della cappella maggiore del santuario di Montenero, messa in opera nel 1721. Nel 1742 venne affidata a Domenico la direzione dei lavori e delle maestranze, e l'incarico di procurare i marmi per la "gloria". Gli ultimi arredi marmorei, commissionati tra il 1761 e il 1764, balaustra e pavimento del presbiterio, sono di Giacomo, chiamato dai padri del santuario "il nostro marmorino". Nel 1775 si ha notizia che Giacomo forniva marmi per "nuovi lavori intrapresi" nel giardino di Boboli (Arch. di Stato di Firenze, Regie Fabbriche 55, ins. 6-7).
Iacopo Pompeo, figlio di Domenico, presentò con Giovanni A. Cybei il disegno in grande dell'altare maggiore del santuario di Montenero (Livorno, 1752-1755); a partire dal 1769 fu inoltre attivo alla certosa di Calci (Pisa), per la quale fornì, con Diego Jori, le statue della facciata e i pavimenti marmorei.
Originario di Carrara fu anche Isidoro, che nel 1684 risulta iscritto come matricola all'Accademia del disegno di Firenze. Nel 1690 è accettato come "accademico" (Arch. di Stato di Firenze, Accademia del disegno 28, c. 91). Negli anni seguenti a più riprese fu eletto "console scultore" (1698, 1702, 1705, 1715, 1717, 1720; Ibid. 61, cc. n.n.). Si accostò ad A.F. Andreozzi, al ritorno di questo da Roma nel 1686. Insieme occuparono la loggia Rucellai, appena lasciata da G.B. Foggini, e Isidoro vi rimase fino al 1701 quando ne cedette una parte al pittore Pietro Paolo Lapi (Firenze, Arch. Rucellai, filza XII, ins. 5, fasc. 5, cc. n.n.: copia di una causa intentata da Filippo Rucellai e dai fratelli nel 1723). Partecipò alla decorazione plastica della cappella Feroni nella basilica della Ss. Annunziata a Firenze (1691-93; Lankheit, 1962), sotto la direzione di G.B. Foggini del quale era "sottoposto" (Arch. di Stato di Firenze, Accademia del disegno 152, cc. n.n.).
Nel 1693 fu inaugurata la cappella Feroni nella Ss. Annunziata, dove Isidoro lavorò insieme con l'Andreozzi realizzando in marmo le figure allegoriche della Fedeltà e della Diligenza, assise sul sarcofago di Francesco Feroni, e la coppia di angeli, sempre in marmo, del pennacchio a sinistra dell'altare. Difficile l'identificazione delle parti spettanti ai due scultori, tuttavia i modi dell'Andreozzi sembrano rivelarsi nelle teste delle allegorie percorse da un'accentuazione patetica e nella florida pienezza dei busti, che contrasta con la usuale gracilità delle sculture di Isidoro. Nel 1694 questi fu saldato da Leon Battista Del Chiaro per quattro busti in marmo destinati come sovrapporta della scala del palazzo di via Ginori a Firenze (non rintracciati). Sono rimaste nella dimora le statue, poco minori del naturale, di Ercole che lotta con il leone nemeo e Ercole con la clava e la pelle ferina nelle nicchie della scala (Arch. di Stato di Firenze, Compagnie religiose soppresse 1676, Filza di ricevute Del Chiaro 1693-1701, cc. n.n., Ibid., Carte Tolomei Biffi 130, cc. 44, 46v, 47).
Nuovamente accanto all'Andreozzi Isidoro operò per il salone grande di palazzo Corsini in Parione fornendo nel 1696 i busti di Bacco, di una Menade, di Diana e di un Fauno involto nella pelle di porco. Nel 1697 Filippo Corsini commissionò a Isidoro il busto di Minerva in funzione di sovrapporta nella grotta al piano terreno del palazzo, cui si può accostare il busto, parimenti marmoreo, di Mercurio, e quattro statue in pietra maggiori del naturale a ornamento del cornicione del palazzo (1697-1699). Traslate a terra e portate nella villa Corsini a Castello, ora si trovano presso il laboratorio di restauro della Soprintendenza nel giardino di Boboli.
A un periodo in cui perdurava la società con l'Andreozzi si colloca la serie di statue e busti di palazzo Del Sera (ora Guicciardini Corsi Salviati), che negli ultimi anni del Seicento Cosimo Del Sera si accingeva a costruire e decorare.
Si tratta delle statue marmoree a grandezza naturale di Paride in atto di porgere la mela d'oro a una delle tre dee, Venere, Giunone e Minerva, collocate nelle nicchie corrispondenti dello scalone. Oltre a queste, due busti femminili collocati come sovrapporta sembrano risentire dell'influenza dell'Andreozzi.
Negli ultimi anni del secolo Isidoro continuò a lavorare per il Corsini. Nel 1699 scolpì in marmo la statua di Apollo, maggiore del naturale, a sostituzione di un'opera antica nel giardino del casino Corsini sul Prato. Il confronto con l'antico impone la menzione del Fauno con il capretto, copia ridotta della celeberrima statua antica nella collezione del duca di Devonshire a Chatsworth (Derbyshire; cfr. Visonà, G.B. Foggini…, 1990, fig. 25), firmata. Nella stessa raccolta si trova dagli inizi del Settecento anche la figura di Venere assisa con il delfino (comunicazione epistolare di Jennifer Montagu).
Nel 1698 Isidoro iniziò a collaborare alla decorazione della villa Corsini a Castello. Il primo lavoro consisté nella "rassettatura" dello stemma staccato dalla facciata di via e ricollocato sopra il portale della facciata sul prato. Fra il 1702 e il 1703 scolpì le Quattro stagioni in pietra, a grandezza naturale, poste sul "contorno" semiovato del prato disegnato dal Foggini. In pessime condizioni, giacciono in parte in quel che resta del giardino, in parte nel laboratorio restauri della Soprintendenza a Boboli. Nel 1706 Isidoro risulta creditore del Corsini per i modelli dello stemma in marmo da porsi nel palazzo in Parione e per aver restaurato un puttino in marmo per il giardino.
Isidoro coltivò anche la ritrattistica. Nel 1699 scolpì in marmo il ritratto di Cosimo Villifranchi per la "memoria" funeraria nell'andito che conduce al primo chiostro della Ss. Annunziata (non rintracciato; Firenze, Bibl. Riccardiana, ms. Ricc. 1852, c. 119v). Nel 1705 fu chiamato per eseguire lo stemma in marmo posto sulla facciata verso il giardino di palazzo Capponi (Firenze, Bibl. nazionale, Arch. Capponi 197, c. 425).
Dal 1702 al 1710 si prolunga la commissione e la causa intercorsa fra Isidoro e Paolo Rucellai, che, per il tramite del protettore dello scultore Pier Giovanni Del Chiaro, aveva ordinato quattro leoni in pietra, dispersi, per la propria dimora di Carmignano (villa di Trefiano). Pur avendoli lasciati abbozzati, Isidoro venne pagato dal committente che gli aveva ordinato anche otto putti in terracotta e una statua (Firenze, Arch. Rucellai, filza 10, ins. III, fasc. 2, cc. n.n.). Nel 1705 Isidoro si occupò della fornitura di "ambrogette" per la chiesa di S. Cresci in Valcava (Mugello), che il Foggini andava ristrutturando (Arch. di Stato di Firenze, Scritoio delle Fortezze e Fabbriche medicee 161, Copia lettere1698-1717, S. Cresci, cc. n.n.: lettere del 22, 28 apr., 2, 9 giugno 1705).
Al 1707 risale l'ultima opera conosciuta, il bassorilievo marmoreo con S. Carlo Borromeo in preghiera ordinato dal materassaio Francesco Fracassi per il tabernacolo dirimpetto al convento della Ss. Annunziata. Scomparsa ogni struttura architettonica, il marmo si trova all'interno del convento (Firenze, Bibl. nazionale, Fondo G. Capponi 305, Memorie d'alcune cose più ragguardevoli seguite in Firenze, o altrove da l'anno 1600, c. 189v).
L'ultima notizia su Isidoro è la sua elezione a "console scultore" presso l'Accademia del disegno (17 apr. 1720). Non è perciò lui quell'Isidoro di Jacopo Franchi sepolto il 6 ag. 1719 (Firenze, Bibl. nazionale, A. Cini, Necr. fiorentino, ms., vol. VIII).
Nel 1711 è documentata la partecipazione di un Antonio F. alla decorazione plastica del castrum doloris eretto il 14 ottobre in S. Lorenzo a Firenze per le esequie dell'imperatore Giuseppe I. Egli modellò in cartapesta due delle virtù che circondavano l'arca funebre, il Consiglio e la Speranza. Nel 1707 aveva preso parte alla realizzazione dell'altare maggiore della chiesa di S. Salvatore a Fucecchio (Valdarno di Sotto), per cui ricevette il compenso di 535 scudi nel 1711-12; i disegni menzionati nel contratto, non pervenuti, erano stati forniti dal Foggini.
I marmi bianchi apuani e mischi di Stazzema sarebbero stati provvigionati da Francesco (documentato tra il 1676 e il 1728), lo scultore che, stando alle fonti, fu il più stretto collaboratore del Foggini e come tale è menzionato nel contratto. L'opera fu compiuta nel 1717. La personalità di Francesco acquista definizione precisa nella menzione di F.S. Baldinucci (1725-1730 c.), che lo pone fra gli allievi del Foggini. Stando alla testimonianza di G. Richa (1759), l'opera più antica conosciuta risale al 1676 e riguarda i progetti della nuova chiesa del monastero fiorentino di S. Maria degli Angeli. Nel 1705 ricevette da Francesco Maria de' Medici la commissione di scolpire due statue in pietra per la villa di Lappeggi (Firenze). Nel 1709 il suo nome iniziò a comparire nelle carte dell'amministrazione medicea come restauratore delle antichità degli Uffizi. Dopo quell'anno, dal 1710 al 1715 e ancora nel 1717, Francesco continuò a restaurare un numero rilevante di sculture di proprietà granducale. I pagamenti vanno avanti nel 1718 e 1721. Lavorò a un busto di Solone e ad alcuni ritratti della serie degli imperatori romani. Nelle liste contabili Francesco descrive puntualmente le integrazioni, le aggiunte, gli scambi di teste e i busti frammentari. Esempio dell'utilizzo di una statua antica per realizzarne una completamente nuova è il soldato frigio, il cosiddetto Attis degli Uffizi, su cui egli appose la firma e la data (1712). Giunta largamente mutila, infatti, fu da lui pesantemente reintegrata. Nella campagna di restauri intrapresa fra il 1711 e il 1713 il F. rifece due dita della mano sinistra del S. Giovanni, una statua marmorea collocata, con la Vergine e il Crocifisso, sull'altare della cripta della cappella dei Principi in S. Lorenzo. Nel 1711 fornì marmo giallo di Carrara al cantiere delle cappelle medicee. Lo stesso anno firmò il monumento funebre parietale dedicato a Filippo Guidi nella chiesa di S. Francesco a Volterra. Per affinità stilistica è assegnato a Francesco il busto di Camillo Guidi inserito nel monumento funebre della parete opposta. L'iscrizione, dettata da A.M. Salvini, reca la data 1719. Di imponente effetto compositivo è la panoplia di trofei guerreschi, occidentali e turcheschi. A conferma dell'apprezzamento di cui godeva, il 15 dic. 1711 fu eletto "console scultore" nell'Accademia del disegno di Firenze, carica nuovamente assegnatagli il 17 apr. 1721 e il 17 ag. 1722 (Arch. di Stato di Firenze, Acc. del disegno 61, cc. n.n.). Dal 1722 al 1727 lavorò ancora per Volterra, dove per l'altar maggiore della chiesa dei Ss. Giusto e Clemente su disegno di F. Ruggieri, allievo del Foggini, Francesco scolpì le statue dei due santi titolari, l'urna in marmi colorati sovrastata da due angeli e ornata ai lati da cherubini, oltre alle cartelle laterali della mensa e al secondo gradino. Il contratto di allogazione fu stipulato a Carrara. L'opera più tarda di Francesco si trova a Livorno, ove forse si recò al seguito del Foggini. Si tratta di due angeli sopra le porte del coro ai lati dell'altar maggiore nella chiesa della Concezione. Il putto che regge il libro reca la firma; la datazione potrebbe risalire al 1728, anno in cui furono realizzati l'altare maggiore e il coro.
L'architetto Giovanni di Tommaso, di origine fiorentina, è l'unico a essere ricordato da F.M.N. Gabburri nelle Vite di Pittori (1719-1741). In qualità di ingegnere della magistratura dei Capitani della parte guelfa (lavori pubblici), dove era stato eletto il 20 genn. 1707, si occupò del governo delle acque della Chiana. All'inizio del Settecento fu chiamato dai camaldolesi per lavorare all'ampliamento del monastero fiorentino di S. Maria degli Angeli, per il quale fornì il disegno del noviziato (ora distrutto) e della nuova chiesa. Il Richa (1759) gli attribuisce anche la scala. Per le monache dello stesso Ordine disegnò la decorazione della chiesa di S. Giovanni Battista di Boldrone (Firenze; Farulli, 1710, p. 246). Morì nel 1741, all'età di circa settant'anni.
In pieno Ottocento era attivo Pietro di Francesco (Carrara, 1817-1878; cfr. R. Carozzi, 1993). Nel 1839 conseguì la medaglia d'argento al concorso triennale d'invenzione indetto dall'Accademia di belle arti di Carrara con il bassorilievo Giulio Cesare che s'impossessa dell'erario pubblico, conservato nella collezione dell'Accademia. In seguito aprì un laboratorio a Carrara da cui spedì opere a Costantinopoli, a New York e altrove. Realizzò in marmo le due Portatrici d'acqua di villa Pazzi a Montemurlo (Firenze; Visonà, 1991). Altre opere lasciate nello studio alla sua morte sono elencate dal Carozzi.
Fonti e Bibl.: G. Farulli, Istoria cronologica del nobile ed antico monastero degli Angioli di Firenze…, Lucca 1710, pp. 244, 246; F.S. Baldinucci, Vite di artisti… (1725-1730 c.), a cura di A. Matteoli, Roma 1975, p. 387; G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine divise ne' suoi quartieri, VIII, Firenze 1759, pp. 167 s.; G. Campori, Mem. biografiche degli scultori, architetti, pittori nativi di Carrara, Modena 1873, pp. 107, 111; G. Palagi, La villa di Lappeggi e il poeta G.B. Fagiuoli, Firenze 1876, p. 14; K. Lankheit, Florentinische Barockplastik…, München 1962, pp. 88, 164, 294 s.; P. Bocci Pacini - P. Cassinelli Lazzeri, La serie degli imperatori romani nella Galleria degli Uffizi e gli esordi di Carlo Lasinio, in Bollettino d'arte, s. 6, LXXVIII (1988), 50-51, pp. 29 s., 32, 35 s., 47 s., 68 s.; F. Paliaga, Per la conoscenza di Francesco F., collaboratore del Foggini, in Paragone, XXXIX (1988), 465, pp. 48-58, figg. 30-37; M. Visonà, Gli scultori per il salone di palazzo Corsini a Firenze, in Antichità viva, XXVII (1988), 2, pp. 24 s.; P. Bocci Pacini, La Galleria delle statue nel Granducato di Cosimo III, in Riv. dell'Istituto naz. d'archeol. e storia dell'arte, s. 3, XII (1989), pp. 226, 231, 254 (Appendice II); A. Matteoli, Per G.C. Ciabilli: un catalogo delle opere e note documentarie, in Rivista d'arte, s. 4, XLI (1989), p. 145; M. Visonà, G.B. Foggini e gli altri artisti nella villa Corsini a Castello, ibid., XLII (1990), pp. 172, 174-177; Id., Cappella Feroni alla Ss. Annunziata, in Cappelle barocche a Firenze, a cura di M. Gregori, Milano 1990, pp. 244 s., figg. 5, 10 s., 13, 23; Id., Ville e dimore di famiglie fiorentine a Montemurlo, Firenze 1991, p. 196, figg. 79 s.; S. Bellesi, Nuove acquisizioni alla scultura fiorentina…, in Antichità viva, XXX (1992), 5-6, p. 43 fig. 14; S. Bellesi - S. Blasio, in Repertorio della scultura fiorentina del Seicento…, a cura di G. Pratesi, Firenze 1993, I, pp. 47 s., 83; R. Carozzi, Gli artisti, in Scultura a Carrara. Ottocento, Bergamo 1993, pp. 240 s.; M.T. Lazzarini, Gli apparati decorativi, in A.M. Giusti - M.T. Lazzarini, La Certosa di Pisa a Calci, Pisa 1993, pp. 89, 98, fig. 2, tav. I; Id., La cupola del Santuario di Montenero…, Pisa 1995, pp. 55, 60, 63 s.