FRANCESCOd'Assisi (Franciscus Bartholi de Assisio)
Figlio di Bartolo, nacque ad Assisi sulla fine del sec. XIII. Ignoriamo il nome della madre, l'origine e le condizioni sociali della sua famiglia.
"Bartholi", assunto da alcuni studiosi come cognome di F. è in realtà il suo patronimico. Ce ne accerta il cod. 2697 della Biblioteca universitaria di Bologna ove egli è registrato come "Francesco de Bartolo da Scesi". Il Papini, il Faloci e il Sabatier, seguendo il cod. 334 della Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, aggiungono "Rubee" ("della Rossa"), quale soprannome del casato: ma, per il Mercati, tale identificazione è errata.
Entrato nell'Ordine dei frati minori, nel 1312 fu inviato a Perugia per studiare teologia: quindi, nel 1316, fu mandato a proseguire gli studi in Germania, a Colonia, dove conseguì il titolo di baccelliere della stessa materia. A Colonia raccolse numerose reliquie, per le quali si fece rilasciare da quell'arcivescovo, il 16 sett. 1317, attestazione di autenticità. Fu anche a Parigi, dove ricevette in dono dalla principessa Bianca, figlia del santo re Luigi IX entrata nell'Ordine delle clarisse, reliquie di quel sovrano.
Tornato in Italia, fu "lector thelogiae" presso il convento della Porziuncola, vicino ad Assisi, dal 1320 al 1326 e, in seguito, responsabile della "custodia castellana". Nominato dal vicario di Michele da Cesena - allora ministro generale dell'Ordine - lettore di teologia presso il convento di Borgo Sansepolcro, quando nel 1328 esplose in conflitto aperto il dissidio tra la Sede apostolica e i francescani per la questione della povertà, F., confermando una scelta da lui compiuta alcuni anni prima, fu tra coloro che si rifiutarono di sottomettersi al magistero della Chiesa.
Il contrasto si era aperto allorché Giovanni XXII (il Papato in quel periodo risiedeva ad Avignone), con le costituzioni "Ad conditorem" dell'8 dic. 1322, "Cum inter nonnullos" del 12 nov. 1323 e "Quia quorundam" del 10 nov. 1324, aveva condannato come ereticale la proposizione secondo cui Cristo e gli apostoli nulla avevano posseduto per diritto di proprietà né singolarmente né collettivamente, riconosciuta invece come ortodossa, il 30 maggio 1322, dal capitolo generale dei minori riunito a Perugia sotto la presidenza del ministro generale Michele da Cesena. Eletto per la seconda volta ministro generale dell'Ordine - contro il volere del papa - nel capitolo generale tenutosi a Bologna nel 1328, Michele da Cesena e i dissidenti non esitarono a fare causa comune con il grande avversario di Giovanni XXII, l'imperatore Ludovico IV il Bavaro: dichiarato eretico e perciò decaduto il pontefice (parlamento romano del 18 aprile e sentenza imperiale del 28 aprile), gli contrapposero il minorita abruzzese Pietro da Corvara, che fu eletto papa, in Roma, il 12 maggio 1328, col nome di Niccolò V.
Il 6 giugno Giovanni XXII depose e scomunicò Michele da Cesena. Dette inoltre ordine al rettore del Ducato di Spoleto e agli inquisitori della provincia di S. Francesco e di quella romana di procedere con rito sommario contro i fautori del deposto ministro generale, che furono accomunati e confusi, nella condanna della Chiesa, con "fraticelli", "spirituali" e "seguaci del libero spirito". Così tutta l'Umbria, dove appunto operava F., fu rastrellata dall'Inquisizione; molti "michelisti" furono arrestati e incarcerati; altri, braccati, cercarono scampo in luoghi più sicuri.
Nell'Arch. segr. Vaticano, è conservato un fascicolo (Instrumenta miscellanea, n. 6466) contenente i documenti sequestrati a F. quando, due anni più tardi, venne arrestato dall'Inquisizione. Si tratta di otto lettere di F., indirizzate, una a Michele da Cesena, le altre a confratelli; di due bolle dell'antipapa Niccolò V del 16 e del 20 febbr. 1329; di tre scritti in difesa di Michele da Cesena e di un quarto, probabilmente attribuibile a Bonagrazia da Bergamo che appare riprodotto in due copie. Questi documenti (che furono pubblicati dal Mercati nel 1927) ci consentono non solo di conoscere l'atteggiamento assunto da F. nei confronti dell'imperatore Ludovico IV e dell'antipapa Niccolò V e di ricostruire l'attività da lui svolta sin dagli inizi del 1330, ma anche di valutare la profondità delle connessioni esistenti fra i nemici laici ed ecclesiastici del potere centrale pontificio e i "fraticelli de opinione" (così furono chiamati allora i seguaci del cesenate) i quali in quanto oppositori di Giovanni XXII e refrattari alle direttive della Sede apostolica furono perseguiti dalle autorità ortodosse, ecclesiastiche e laiche, come eretici e ribelli.
Nella tarda estate 1328 la posizione di F. nel convento di Borgo Sansepolcro, dove egli continuava a svolgere il suo ufficio di lettore di sacra teologia, doveva essersi fatta assai difficile, perché la maggioranza di quella comunità era contraria alle sue idee e alle sue scelte: infatti il 1° settembre di quell'anno indirizzò da Borgo Sansepolcro a Michele da Cesena - che F. continuava a riconoscere come "vere generalis" dell'Ordine - una lettera in cui chiedeva licenza di recarsi presso Ludovico IV o di stabilirsi in terra da lui controllata perché - affermava - là dove si trovava non poteva "esporre la verità" se non a due confratelli. In alternativa chiedeva di essere trasferito al convento della Verna o a quello di Città di Castello. Indicava infine come suo intermediario un fra Isacco da Arezzo. F. temeva evidentemente di essere denunziato all'Inquisizione. Perciò, il giorno successivo scrisse al ministro di Puglia, Francesco di Madonna, pregandolo di indurre Michele da Cesena ad accogliere la sua richiesta, promettendo di fare grandi cose per il "generale", una volta trasferito in luogo sicuro.
Michele da Cesena non ritenne opportuno - o non poté - esaudire il desiderio. F. rimase aggregato al convento di Borgo Sansepolcro fino all'estate dell'anno successivo, impegnato, oltre che nelle sue normali attività di ufficio, nella trascrizione - forse su incarico del confratello Accursio Bonfantini, allora inquisitore di Tuscia - di alcuni testi. Continuava, in ogni modo, a intrattenere rapporti con fautori, aperti e occulti, del deposto generale e con gli ambienti dell'antipapa Niccolò V.
Il 23 giugno 1329, da Borgo Sansepolcro, inviò ad Accursio Bonfantini, a un baccelliere di nome Ermanno, al padovano Alamanno Donati, pure baccelliere, futuro vescovo di Sovana - tre confratelli che riteneva nutrissero segrete simpatie per il contestato ministro generale - copia del Clypeus, l'operetta in difesa di Michele da Cesena composta da Bonagrazia da Bergamo tra il febbraio e il marzo di quello stesso anno. Copia del Clypeus inviò pure in quel medesimo torno di tempo a un altro confratello, Giacomo Ugurgieri da Siena: nella lettera di accompagnamento F. esprimeva la sua meraviglia per la circostanza che a Siena tutti fossero contrari al cesenate. Poco dopo ricevette una lettera, in cui Accursio Bonfantini lo pregava di recarsi alla Verna per avere un abboccamento con lui e con Alamanno Donati. F. ne dette comunicazione a quest'ultimo, raccomandandogli di agire con la dovuta cautela e accluse alla sua altre lettere, di cui non rende noto il contenuto, firmate con simboli misteriosi; non sappiamo se l'incontro abbia poi avuto luogo.
F. lasciò il convento di Borgo Sansepolcro, dopo il 29 agosto. Si stabilì presso il convento della Verna, in attesa che i suoi confratelli di Borgo Sansepolcro si pronunciassero in favore di Michele da Cesena. Tornò tra di loro per un giorno soltanto, il 16 settembre, ma il 17 era già ritornato alla Verna: ce ne accerta la circostanza che, appunto in quel giorno e da quel luogo, egli scrisse ad Accursio Bonfantini e ad Alamanno Donati. F. si trattenne alla Verna sino allo scorcio dell'autunno quando se ne allontanò, con il beneplacito del ministro generale, per recarsi ad Arezzo, dove era stato convocato per il mese di dicembre il capitolo provinciale dell'Ordine, ai cui lavori egli presenziò.
Due sue lettere, le ultime conservateci dall'incartamento vaticano pubblicato dal Mercati, ci lasciano testimonianza indiscutibile degli oscuri maneggi, ai quali in quei difficili anni F. prese parte e degli stretti rapporti che egli allora intratteneva sia con gli ambienti vicini a Ludovico IV e all'antipapa Niccolò V, sia con i gruppi di pressione e i circoli politici italiani che osteggiavano per ragioni di potere il papa legittimo. Si tratta di due scritti di indubbia rilevanza storica, in quanto documentano così l'intima collusione esistente tra i "fraticelli de opinione" fedeli a Michele da Cesena e gli avversari di Giovanni XXII, come l'appoggio e la solidarietà che essi trovavano tra questi ultimi.
Arrestato e tenuto sotto custodia per ordine dell'Inquisizione, il 23 genn. 1330, F. comparve davanti al vescovo di Firenze e all'inquisitore di Toscana, Pietro da Prato. Nel corso degli interrogatori confessò di aver aderito a Michele da Cesena; di aver combattuto le costituzioni in materia di povertà evangelica emanate da Giovanni XXII; di aver ritenuto come papa legittimo l'intruso Pietro da Corvara e come legittimo imperatore Ludovico IV, il quale "era stato sedotto da Michele da Cesena, da Bonagrazia da Bergamo e da Pietro da Siena". Riconobbe di aver sbagliato e chiese infine misericordia e perdono. Nonostante la piena ritrattazione di F. e la sua dichiarata volontà di sottomettersi a tutte le condizioni e le penitenze che le autorità ecclesiastiche gli avessero imposto per essere perdonato, il procedimento nei suoi confronti non venne chiuso. Il 15 marzo dello stesso anno, infatti, Giovanni XXII scrisse al vescovo di Firenze e al vescovo eletto di Lucca, invitandoli a riprendere l'azione giudiziaria contro F. poiché riteneva che quest'ultimo si fosse sottomesso solo per sfuggire alla correzione. Nulla sappiamo circa questa seconda fase del processo. È certo, in ogni modo, che la sincerità del ravvedimento di F. venne alla fine riconosciuta. Giovanni XXII, con lettera del 2 nov. 1331, diretta al vescovo di Firenze e a Pietro da Prato, concesse a F. l'assoluzione, a patto che facesse pubblica ammenda delle sue colpe, alla presenza del clero e del popolo, nelle chiese francescane in cui aveva svolto attività a favore del deposto e scomunicato ministro generale dell'Ordine. In quelle medesime chiese, inoltre, a titolo di penitenza, doveva tenere in volgare una serie di prediche ad esposizione e chiarimento degli errori e delle eresie in cui era incorso.
Un "Franciscus mag. Bartholi", detto anche "Franciscutius", probabilmente da identificare in F., è testimoniato nel 1332 quale guardiano di S. Damiano presso Assisi. Di certo F. si trovava nel 1334 aggregato al convento di S. Francesco di Assisi, impegnato nella elaborazione e nella stesura del suo Tractatus de indulgentia S. Mariae de Portiuncola. Quest'opera fu quasi tutta composta mentre era ancora vivente Giovanni XXII (m. il 4 dic. 1334), come si trae da un passo del cap. XLII, nel quale si dice che quel pontefice "non posuit nec ponit os suum in ista indulgentia".
Secondo la tradizione conservata dalla memoria storica dell'Ordine, nel 1216 s. Francesco si recò a Perugia, dove allora risiedeva il neoeletto papa Onorio III, per chiedergli la concessione della indulgenza plenaria, nota più tardi come "perdono di Assisi" per tutti coloro che, in stato di grazia, avessero visitato la piccola cappella della Porziuncola. Nonostante l'opposizione dei cardinali, i quali temevano che questa indulgenza avrebbe diminuito il valore dell'unica indulgenza plenaria concessa fino ad allora, quella per i crociati - l'"indulgentia d'Oltramare" -, il papa consentì alla richiesta limitandola però al solo giorno della solennità di S. Maria Regina degli Angeli (dai vespri del 1º agosto a quelli del 2). A testimoniare l'eccezionale atto di grazia non fu allora redatto alcun documento pubblico, per espressa volontà del santo d'Assisi.
La circostanza che il privilegio del "perdono di Assisi" avesse come unico fondamento la parola del pontefice, confermata dalla sola tradizione orale, fece sì che, all'inizio, il privilegio dell'indulgenza fosse conosciuto solo dagli abitanti di Assisi e dei dintorni, passando quindi quasi inosservato. Tuttavia, quando verso il 1270 si moltiplicarono le folle che accorrevano alla Porziuncola per lucrare l'indulgenza essa cominciò ad essere invidiata e contestata. In breve i detrattori aumentarono. Non cessando l'opposizione, si sentì il bisogno di dimostrarne la legittimità raccogliendo tutte le testimonianze orali reperibili su di essa. È quanto appunto fece F. con il suo Tractatus.
L'opera, suddivisa in 42 capitoli, raccoglie non solo le testimonianze scritte da minoriti, che avevano conosciuto di persona s. Francesco, ma anche quelle di seguaci degli "spirituali" noti nell'Italia centrale come "bizzochi". Tra le prime è da ricordare la deposizione di Benedetto d'Arezzo, il quale, ricevuto in religione dallo stesso s. Francesco, fu poi ministro provinciale della Marca d'Ancona e, più tardi, di Terrasanta: essa fu raccolta e autenticata da un notaio il 31 ott. 1277; tra le seconde si ricorda qui il così detto "mirabile testimonium", che Giacomo di Bonconte Coppoli, "vir religiosus", aveva ascoltato più volte dalla viva voce di frate Leone, e che il 16 (o il 18) ag. 1277 aveva dettato ad Angelo da Perugia ministro provinciale dell'Umbria. È certo che, per raccogliere il materiale necessario, F. fece anche ricerche sul campo. Molte delle testimonianze inserite nel Tractatus, sono state tratte da un'antologia di exempla, opera di un francescano di lingua tedesca, Niccolò, entrato nell'Ordine intorno al 1288-89 e vissuto a lungo ad Assisi tra lo scorcio del secolo e gli inizi del successivo. Niccolò aveva raccolto e ordinato fatti meravigliosi accaduti in occasione della indulgenza della Porziuncola di molti dei quali era stato spettatore e testimone tra il 1300 ed il 1315.
L'ultima notizia in nostro possesso, che ci attesti come ancora attivo e vivente F., è del 1343 (Cenci, 1974). Ignoriamo la data della sua morte che gli studiosi pongono generalmente dopo il 1370.
Mariano da Firenze dà a F. il titolo di "theologus magnus". Wadding lo colloca fra i più illustri personaggi dell'Ordine in quel tempo e ricorda tra le sue opere, oltre al citato Tractatus, i Sermones festivos et feriales quos Refugium pauperum praenominavit (lezioni sulla Sacra Scrittura da lui recitate in S. Maria degli Angeli), ora perduti, e il De Passione Domini, che si conserva nel ms. miscellaneo 556 della Biblioteca comunale d'Assisi, manuale di concordanze di passi evangelici sulla Passione ad uso paraliturgico.
Il Tractatus de indulgentia, è conservato nel ms. 344 della Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, descritto da M. Faloci Pulignani, Le sacre reliquie della basilica di S. Francesco in Assisi nel sec. XIV, in Misc. francesc., I (1886), pp. 145-150, e da P. Sabatier, Frati Francisci Bartoli de Assisio tractatus de indulgentia S. Mariae de Portiuncola, in Collection d'études et de documents sur l'histoire religieuse et littéraire du Moyen Âge, II, Paris 1900, pp. CII-CLVIII, 3-111 (ed. critica). Non collazionati dal Sabatier i mss. di Bruxelles, Bibliotèque Royale, II. 2326, ff. 24v-64v (contenente una Vita s. Francisci anonima e il trattato Hic poniturystoria indulgencie S. Mariae de Angelis, con varianti); e di Uppsala, Bibl. universitaria, cod. C 74, ff. 54v-59r (Tractatus de indulgentia S. Mariae de Portiuncola, con una breve notizia sull'indulgenza della Porziuncola, f. 59v), cfr. inoltre Repertorium fontium hist. M. Aevi, IV, pp. 546 s.
Per gli incunaboli del Tractatus : L. Hain, Repertorium bibliographicum…, n. 7336; Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d'Italia, n. 1279, sotto il titolo Historia quomodo beatus Franciscus petivit a Christo indulgentiam pro ecclesia S. Mariae de Angelis; M. Faloci Pulignani, La prima edizione di storia francescana, in Misc. francesc., I (1886), pp. 48-52; T. Valenti, La tipografia di Trevi e i suoi incunaboli, in Accademie e biblioteche d'Italia, V (1933), 6, pp. 1-20.
Fonti e Bibl.: Ottavio da S. Francesco (Spader), Dimostrazione cronologica dell'indulgenza della Porziuncola, Lucca 1726, p. 87; N. Papini, Notizie sicure della morte… di s. Francesco d'Assisi, Foligno 1824, pp. 161, 215 s.; Bullarium franciscanum, a cura di C. Eubel, V, Romae 1898, ad annos; N. van Ortroy, Note sur l'indulgence de la Portiuncule, in Anal. bollandiana, XXI (1902), pp. 372-380; Mariano da Firenze, Compendium chronicarum fratrum minorum, in Arch. franc. hist., III (1910), p. 296; L. Fumi, Eretici e ribelli dell'Umbria dal 1320 al 1330, Perugia 1899, ad Indicem; L. Wadding, Scriptores Ordinis minorum, Romae 1906, p. 78 (ma con il patronimico Bartholdus); J.H. Sbaralea, Supplementum et castigatio ad Scriptores trium Ordinum S. Francisci a Waddingo, aliisve descriptos, I, Romae 1908, p. 260; L. Lemmens, Testimonia minora saec. XIII de s. Francisco Assisiensi, in Arch. franc. hist., I (1908), pp. 252-254; A. Fierens, La question franciscaine. Le manuscrit II 2326 de la Bibliothèque Royale de Belgique (Bruxelles), in Revue d'hist. ecclés., IX (1908), pp. 40-46; F.M. Delorme, Un recueil de miracles ou exempla source de François Bartholi, in Studi francesc., n.s., XII (1926), pp. 366-404; A. Mercati, Frate F. Bartoli d'Assisi michelista e la sua ritrattazione, in Arch. francisc. hist., XX (1927), pp. 260-304; J. Goyens, Bartoli (F.), in Dict. d'hist. et de géogr. ecclés., VI, Paris 1932, col. 1046; L. Wadding, Annales minorum, VII, Quaracchi 1932, p. 86; S. Clasen, Legenda antiqua s. Francisci, in Studia et documenta franciscana, V, Leiden 1967, p. 26 e passim; Il notariato a Perugia, a cura di R. Abbondanza, Roma 1973, pp. 285-288; C. Cenci, Documentazione di vita assisana 1300-1530, I, Grottaferrata 1974, pp. 70, 72, 84, 93; Id., Bibliotheca manuscripta ad Sacrum Conventum Assisiensem, I, Assisi 1981, pp. 103 s. n. 58 bis, 227 nn. 338/g-l, 369 n. 715, 381 n. 743/b, 627 fig. 69; M. Duranti, I pellegrini alla Porziuncola nei secoli XIII-XVI, in Orientamenti di una regione attraverso i secoli…Atti del X Convegno di studi umbri(Gubbio 1976), Gubbio-Perugia 1978, pp. 575-587 (partic. p. 581); A. Bartoli Langeli, La famiglia Coppoli nella società perugina del Duecento, in Francescanesimo e società cittadina, l'esempio di Perugia, Perugia 1979, pp. 45-112; Francesco d'Assisi, I, Documenti e archivi, codici e biblioteche, miniature, Milano-Perugia 1982, pp. 15-17; S. Brufani, La vita religiosa in Assisi dal 1316 al 1367, Assisi 1982, pp. 48 s.; P. Péano, L'indulgence de la Portiuncule, origine et signification, in Indulgenze nel Medioevo e perdonanza di papa Celestino, in Atti del Convegno di studi internaz. (L'Aquila 1984), L'Aquila 1987, pp. 47-59; M. Sensi, Pellegrini a Spello per il Perdono e per l'Incoronata, in Boll. storico della città di Foligno, XII (1988), pp. 7-42.