GEMINIANI, Francesco Xaverio
Nacque a Lucca nel dicembre 1687, da Giuliano e dalla "sig.ra Angela sua mog[li]e", come si può ricavare dal certificato di battesimo datato 5 dic. 1687. Lo stesso documento consente di risalire all'esatta grafia del secondo nome di G. (Xaverio, e non Saverio) e di correggere le date di nascita riportate da Burney (1667) e da Hawkins (1680).
Malgrado le recenti acquisizioni sulla biografia, rimangono molti punti oscuri riguardo alla formazione musicale del G., che ricevette con ogni probabilità i primi rudimenti dal padre, violinista nell'orchestra palatina di Lucca, in seguito fu allievo del milanese C.A. Lonati.
Durante un soggiorno romano, databile tra il 1705 e il 1707, secondo quanto riferito dal Burney, studiò contrappunto con A. Scarlatti e violino con A. Corelli. Nel 1707 rientrò a Lucca, prendendo il posto del padre nell'orchestra palatina. Lasciato l'incarico dopo poco più di due anni, fu per qualche tempo a Napoli, dove dovette far fronte ad alcuni insuccessi, e nel 1714, all'età di ventisette anni, lasciò definitivamente l'Italia.
Il G. si recò in Inghilterra, dove era stato preceduto da numerosi musicisti italiani (primo tra tutti G. Bononcini), e dove appena tre anni prima (1711) la trionfale rappresentazione del Rinaldo di G.F. Händel aveva dato inizio alla grande stagione del melodramma a Londra. Anche sul primo periodo inglese del G. le notizie sono lacunose: certamente divenne in breve tempo noto e stimato negli ambienti londinesi, non soltanto come virtuoso (secondo il Burney il G. appariva in pubblico piuttosto di rado), ma anche come compositore, e già nel 1716 pubblicò la sua Op. 1, una raccolta di 12 sonate per violino e basso continuo che incontrò notevole successo e venne ristampata più volte negli anni successivi.
Nel febbraio 1725 entrò a far parte della massoneria, e contribuì alla fondazione della loggia Philomusicae et architecturae societas, che si riuniva abitualmente in una taverna denominata Queen's Head. A conferma dell'alta reputazione di cui godeva, al G. fu conferita all'interno della loggia la carica di perpetual dictator, e tra i suoi primi obiettivi la società stabilì di aprire una sottoscrizione per pubblicare le prime 6 sonate op. 5 di Corelli, rielaborate dal G. in forma di concerto grosso. Al culmine della sua attività, nel 1726 divenne membro dell'Academy of vocal musick insieme con N. Haym e G. Bononcini, e nel 1728 poté addirittura permettersi di rifiutare l'offerta di stabilirsi in Irlanda per ricoprire la carica di direttore e compositore della musica di Stato (carica per la quale il cattolico G. avrebbe dovuto cambiare religione). La carica fu poi affidata a un allievo del G., l'inglese M. Dubourg, il quale invitò spesso il maestro a Dublino. Questo periodo di stabilità e di fortuna stava però per concludersi: alla fine del 1731 organizzò un ciclo di venti concerti alla Hickford's room, finanziato attraverso una campagna di sottoscrizioni (una delle prime stagioni concertistiche in senso moderno), e forse si servì dei proventi di questa iniziativa per finanziare la pubblicazione dei Concerti grossi op. 3, stampati nell'aprile 1732, e dei 6 concerti op. 2, apparsi due mesi dopo. L'uscita di queste due raccolte, rimaste fino a oggi le opere più note e apprezzate del G., mise fine a un soggiorno londinese durato quasi vent'anni, e aprì una fase nuova nella vita del compositore, caratterizzata da viaggi, incertezze e alterne fortune.
Alla fine del 1732 il G. si recò a Parigi, probabilmente per prendere contatti con il mondo dell'editoria musicale francese, all'epoca molto più sviluppata di quella inglese. Trattenutosi in Francia per quasi un anno, fece ritorno a Londra nel settembre 1733, dopo essersi dedicato per qualche tempo al commercio di quadri, attività guidata da una passione comune a molti altri musicisti dell'epoca, che permise tuttavia al G. di far fronte a periodi economicamente poco remunerativi.
Trascorse alcune settimane a Londra, il G. partì quindi con il suo protettore irlandese alla volta di Dublino, dove il 15 dicembre tenne il suo primo concerto in una sala in Dame street, che divenne nota in breve tempo come "Geminiani's Great Room", e fu usata sia per attività musicali, sia per il commercio di quadri.
Il G. trascorse gli anni dal 1734 al 1740 tra Londra e Dublino, impegnandosi in parte nell'attività concertistica e in parte in tentativi, spesso infruttuosi, di pubblicare le sue opere. Nel 1739 uscì a Londra la sua seconda serie di Sonate per violino, op. 4, e l'anno successivo, dopo aver inutilmente cercato di raccogliere fondi per stampare il suo primo trattato, la Guida armonica, partì per il suo secondo soggiorno parigino, anche questa volta con la speranza di ottenere una migliore diffusione della sua musica attraverso la stampa. Alla fine di ottobre del 1741 il G. era nuovamente a Londra, dove presumibilmente rimase per alcuni anni, lavorando alle Sonate per violoncello op. 5 e ai Concerti op. 7.
Il 19 marzo tenne un concerto al Haymarket theatre, dove tre anni dopo venne rappresentato il pasticcio L'incostanza delusa, al quale il G. contribuì sia in veste di compositore (non si sa se con brani composti appositamente o se - come è più probabile - con la rielaborazione di composizioni già note al pubblico), sia come esecutore.
Tra il 1746 e il 1747 fu in Olanda, dove sovrintese alla stampa delle Sonate op. 5 e all'incisione dei Concerti grossi op. 7, questi ultimi pubblicati solo nel 1748. Nessuna delle due raccolte incontrò particolare successo, e da quel momento in poi il G. si dedicò soprattutto alla stesura delle sue opere teoriche (le Rules for playing in a true tasteon the violin, German flute, violoncello and harpsichord op. 8, London 1748; e A treatise of good taste in the art of musick, ibid. 1749). Non è chiaro per quanto tempo il G. si sia trattenuto in Olanda; nel 1750, comunque, era di nuovo a Londra, dove l'11 aprile diresse un concerto al Drury Lane theatre. Prima dell'ottobre 1751 ripartì per Parigi per il suo terzo e ultimo soggiorno francese, che si protrasse questa volta per quasi tre anni, culminando nel 1754 con l'esecuzione al théâtre des Tuileries della Forêt enchantée (31 marzo; poi pubblicata a Londra con il titolo The inchanted forrest), e con la pubblicazione de L'art de bien accompagner du clavecin (ampliata in seguito nell'edizione londinese del 1756, dal titolo The art of accompaniament, or A new and well digested method to learn to perform the thorough bass on the harpsichord,op. 11).
Nel frattempo a Londra era stato stampato a sue spese il suo trattato più celebre, The art of playing on the violin, op. 9 (1751), cui fece seguito la Guida armonica,oDizionario armonico, being A sure guide to harmony and modulation, op. 10 (ca. 1752).
Nel 1759, dopo un periodo londinese poco fruttuoso, segnato dall'insuccesso della pubblicazione di The inchanted forrest, il G. ripartì infine alla volta dell'Irlanda: in novembre era a Dublino, e qui il 22 dicembre tenne il suo ultimo concerto pubblico. Malgrado l'avanzare dell'età rimase comunque attivo, pubblicando (sempre a sue spese) il suo ultimo trattato, The art of playing the guitar or cittra (Edinburgh 1760).
Il G. morì a Dublino il 17 sett. 1762, e fu sepolto due giorni dopo nel cortile del Parlamento irlandese.
Per l'elenco delle composizioni si rimanda al catalogo tematico pubblicato nella monografia del Careri (1993), che riporta anche gran parte dei documenti di interesse biografico.
Come ogni altro violinista della sua generazione, all'inizio della sua carriera il G. risentì principalmente dell'influsso di Corelli. Il riferimento a quest'ultimo e alle forme da lui coltivate (sonata e concerto) rimase un punto fermo nella carriera del G., il quale in più occasioni rielaborò in forma di concerto grosso la musica solistica del maestro (tutta l'op. 5, i nn. 1, 3, 4, 9 e 10 dell'op. 3 e il n. 9 dell'op. 1). Se però si guarda alle composizioni originali, fin dalle 12 sonate op. 1, si avverte nella musica del G. una maggiore libertà nell'elaborazione ritmica e tematica, cui si unisce un virtuosismo strumentale eccezionalmente sviluppato e fantasioso, che rendeva la musica difficilmente eseguibile da altri. La sua scrittura violinistica richiede un'insolita ricchezza di sonorità, un'estensione verso l'acuto superiore alle consuetudini del suo tempo, e l'impiego molto frequente di una tecnica accordale trascendentale. La mancanza di una vena melodica particolarmente ricca è compensata da una fantasia armonica e strumentale che ebbe ben pochi rivali in tutto il primo Settecento. Per quanto riguarda la produzione sonatistica, uno studio approfondito delle numerose edizioni dell'op. 1 rivela un'insolita attenzione ai dettagli da parte del compositore, che con il trascorrere del tempo introdusse nuovi ornamenti, colpi d'arco e nuove soluzioni armoniche in numerosi passaggi. Se dal punto di vista dell'articolazione formale le sue sonate rimasero sempre legate ai modelli corelliani, di cui mantennero la consueta articolazione in quattro movimenti (lento-veloce-lento-veloce), è tuttavia da segnalare l'interesse del G. per strumenti diversi dal violino, che lo condusse a comporre una serie di 6 sonate per violoncello (op. 5), da cui traspare una profonda conoscenza dello strumento e delle sue possibilità tecniche ed espressive. Da ricordare sono pure le due raccolte di pezzi per clavicembalo (1743 e 1762), indici dell'apertura del musicista verso una scrittura tastieristica sorprendentemente spontanea, prova di una profonda conoscenza della letteratura dell'epoca, con particolare riferimento agli autori francesi. Si deve tuttavia ricordare che il G. non compose musica originale per clavicembalo, limitandosi a rielaborare parti di sue composizioni celebri (in particolare le op. 1 e 4), probabilmente nella speranza - peraltro disattesa - di incontrare un buon successo editoriale.
Segni evidenti di una ricerca strumentale tesa al superamento della concezione corelliana sono riscontrabili anche nei concerti grossi, nei quali il G. aggiunse una viola al consueto concertino di due violini e violoncello, arricchendo in tal modo le possibilità di combinazione e di contrasto tra gli strumenti. Anche per i concerti grossi vale quanto detto a proposito delle sonate solistiche: a un sostanziale rispetto dell'articolazione formale dei capolavori di Corelli fanno da contraltare una grandissima fantasia nella strumentazione, e una perizia nell'elaborazione di trame contrappuntistiche comune a pochissimi musicisti italiani della sua generazione. Un capitolo a parte deve essere dedicato a The inchanted forrest, composizione spesso fraintesa nelle sue finalità e nel carattere. Il frontespizio della prima edizione afferma trattarsi di An instrumental composition expressive of the same ideas as the poem of Tasso of that title; di fatto, all'"espressione di idee" si sono volute attribuire velleità di descrittivismo che invece risultano del tutto assenti in The inchanted forrest. In questo lavoro in stile di concerto grosso si può riscontrare un'organizzazione strutturale singolare e straordinariamente evoluta, in cui la tonalità di re (minore e maggiore) funge da elemento di coesione interna. Ciò nonostante, diversi brani sono impostati in tonalità diverse, creando così una varietà tonale del tutto estranea al genere della suite.
Malgrado l'indiscutibile valore e i molti tratti singolari delle sue composizioni, il G. non riuscì ad affermarsi tra i più importanti autori di musica strumentale del primo Settecento.
Del tutto singolare, e pertanto degno della massima considerazione, fu l'impegno del G. nella trattatistica: le sue opere teoriche rivelano una profondità di intenti che in molte circostanze pare estendersi al di là delle pur presenti finalità didattiche, fornendo informazioni di grande interesse sulla prassi esecutiva dell'epoca, sulla tecnica e sullo stile dello stesso G., e sulla funzione della musica strumentale nel suo tempo. Attraverso i suoi trattati, il G. raggiunse un pubblico assai vasto, che poté assimilare i suoi insegnamenti per via indiretta. Tuttavia, uno studio approfondito dell'influenza dei suoi scritti (in particolare di The art of playing on the violin, fondamentale veicolo di diffusione della scuola violinistica di matrice corelliana, tradotto prima della fine del XVIII sec. in francese e in tedesco) attende tuttora di essere compiuto, e molta della sua musica (in particolare le opere della maturità) deve ancora essere pienamente rivalutata.
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