VERCELLI, Francesco
– Nacque il 22 ottobre 1883 a Vinchio, presso Asti, da Andrea e da Laura Picco.
Le modestissime condizioni economiche della famiglia numerosa e le scarse risorse del piccolo comune montano gli avrebbero impedito la continuazione degli studi, se l’intelligenza e la serietà dimostrate fin dalle prime classi elementari non gli avessero procurato l’aiuto dei Fratelli delle scuole cristiane di Torino, che lo accolsero e lo educarono nei loro collegi. Si laureò in fisica a pieni voti nel 1908 e in matematica, con lode, nel 1909 all’Università di Torino. Dal 1909 al 1919 fu assistente nel Politecnico di Torino e, dal 1912, anche all’Università. Contemporaneamente ebbe l’incarico di meccanica razionale e di analisi nell’Accademia militare di Torino. Vercelli fu uno dei pochissimi che, al suo tempo, in mancanza di una vera e propria scuola di geofisica, riuscirono a formarsi in modo completo, quasi spontaneamente, in tutti i campi in cui la geofisica cominciava a suddividersi.
Nel 1910 ebbe notizia di una raccolta di osservazioni sulle sesse, che, secondo le previdenti indicazioni date da Vito Volterra nel 1898 alla Società italiana di fisica, era stata iniziata sul lago di Garda e che era allora matura per l’applicazione delle considerazioni idrodinamiche svolte da George Chrystal (1905) per il lago di Ginevra. Vercelli, utilizzando alcuni tentativi già fatti da altri ricercatori, condusse a termine, con pieno successo, un decisivo confronto dei periodi delle sesse del Garda, dedotti a suo tempo dall’Istituto idrografico, con i periodi che egli stesso aveva direttamente ricavato applicando il laborioso metodo delle così dette residuazioni (Le teorie idrodinamiche delle sesse e loro applicazione al calcolo dei periodi e dei nodi delle sesse del Benaco, in Memorie del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere. Classe di scienze matematiche e naturali, s. 3, 1914-1917, vol. 21, n. 1, pp. 1-53). Vercelli intuì, poco dopo, la possibilità di adattare lo stesso metodo alle onde di pressione atmosferica estrapolandone l’andamento nel tempo ai fini delle previsioni meteorologiche (Oscillazioni periodiche e previsione della pressione atmosferica, ibid., n. 9, pp. 1-31). I calcoli necessari, prima grafici poi numerici e alla fine automatizzati da un elaboratore meccanico di sua invenzione (Analizzatore meccanico delle curve oscillanti, in Pontificia Academia scientiarum. Commentationes, III (1939), 19, pp. 659-692) occuparono l’autore per decenni con la convinzione della bontà e dell’efficacia del metodo così concepito.
Vercelli fu impegnato anche in ricerche sulla distribuzione della temperatura nel lago di Como e in ricerche fisico-matematiche riguardanti la distribuzione stazionaria della temperatura, retta delle equazioni di Laplace (Sulla previsione delle temperature nelle gallerie alpine, in Giornale di geologia pratica, XI (1913), 2, pp. 65-76). Il confronto delle temperature misurate nel traforo del Sempione con quelle calcolate ebbe esito soddisfacente e mostrò la possibilità della sua applicazione al traforo dello Spluga, di cui allora si parlava. Con questi promettenti lavori Vercelli conseguì nel 1915 la libera docenza in fisica terrestre. Nella prima guerra mondiale venne chiamato sotto le armi come ufficiale di artiglieria: dapprima presso il poligono di Ciriè e poi presso il comando supremo, adibito all’ufficio meteorologico dove ebbe modo di applicare il suo metodo di previsione meteorologica (Presagi meteorici in rapporto alle operazioni di guerra. Campagna 1917, s.l. 1918).
Non appena terminata la guerra, Vercelli fu addetto al nascente osservatorio geofisico di Trieste, che il Comitato talassografico italiano stava organizzando dopo averlo staccato dal precedente osservatorio marittimo triestino. Questa istituzione cittadina era assurta ad alta fama fra i nascenti istituti geofisici e si era conservata in perfetto funzionamento nonostante le dure prove della prima guerra mondiale (Temperature normali e anomalie termiche del clima di Trieste, in Bollettino dell’Ufficio del lavoro di statistica, XLVII (1923), 3). Nel nuovo istituto vennero riunite anche le attribuzioni di carattere geofisico che, sotto il governo austriaco, erano affidate all’Istituto idrografico di Pola. La prima delle grandi imprese che si presentò all’attività del Comitato talassografico italiano fu l’organizzazione di uno studio definitivo delle correnti di marea nello stretto di Messina (Crociera talassografica nello stretto di Messina, in Rivista marittima, I (1923), pp. 57-65). Dedicandosi con entusiasmo a questi nuovi problemi, Vercelli si attenne soprattutto a ricerche quantitative in vista di dirette applicazioni alla risoluzione di problemi pratici. Il programma consisteva nel raccogliere una registrazione continuativa della corrente per quindici giorni, sufficiente per calcolare le costanti armoniche della marea, ancorando una nave nel centro della soglia, nel punto più stretto, su un fondale di 106 metri. Il programma ebbe pieno successo e venne reso noto con due dettagliate relazioni pubblicate dalla Commissione internazionale per lo studio del Mediterraneo, tutt’ora esistente. La pubblicazione delle tavole di corrente per lo stretto di Messina valse a richiamare sull’ancor giovane autore l’attenzione del mondo scientifico; in particolare, nacque l’idea di affidare a Vercelli un’analoga spedizione scientifica che concorresse, dal punto di vista scientifico e nautico, al lavoro da lunghi anni svolto dalla Marina italiana, per la navigazione nel Mar Rosso (Ricerche di oceanografia fisica. Campagna idrografico scientifica nel Mar Rosso R. N. Ammiraglio Magnaghi, parte I, Correnti e maree, Genova 1925).
In questo mare, la pratica della navigazione riscontrava il problema urgente di conoscerne le correnti: problema che destava forte preoccupazione per i naviganti tantoché, all’epoca della spedizione, le carte inglesi riportavano la leggenda «correnti trasversali pericolose»; era questa l’ultima traccia di antiche iscrizioni rimasta sulle carte nautiche moderne, riferite a regioni inesplorate. Vercelli procedette alla collocazione di undici mareografi sulle due coste, orientale e occidentale, del Mar Rosso: eseguito il calcolo delle costanti armoniche in base alle registrazioni mareografiche, egli poté constatare che le ampiezze e le fasi delle onde semidiurne, che sono anche le più rilevanti, dimostravano che il bacino è sede di un’oscillazione trinodale, in accordo con la teoria, avente periodo di 12 ore. Le misure eseguite confermarono che sulle linee nodali, dove l’altezza di marea è nulla, si formavano correnti di massima velocità e portata, dirette per dodici ore verso la sponda orientale e per altre dodici verso quella occidentale. Queste correnti risultarono perfettamente idonee a spiegare quelle trasversali osservate. Non furono meno importanti le conclusioni riguardanti il bilancio idrologico, dove l’apporto dei fiumi e delle precipitazioni è marcatamente inferiore alle perdite per evaporazione. Per l’epoca invernale, lo studio fu eseguito ancorando per quattordici giorni una nave su un fondale di 170 m, in un punto centrale del canale, in modo da poter registrare le correnti a varie quote e stabilirne il regime fisico-chimico. Risultò che durante l’inverno gli strati superiori più caldi entrano nel Mar Rosso dal golfo di Aden indotti dal monsone da sud-ovest mentre a grande profondità esce una corrente ad alta salinità che smaltisce l’eccesso di sale indotto dall’evaporazione. Vercelli cercò poi di perfezionare le sue deduzioni tratte dalla proficua crociera invernale e, cinque anni dopo, tornò nel Mar Rosso in epoca estiva, con l’intento di confermare con nuove misure, nonostante le difficoltà opposte da questa stagione, le regole pratiche a uso dei naviganti che già aveva stabilito. Eseguì nuovi studi sulle correnti e ritentò un secondo ancoraggio su fondale profondo che però dovette presto abbandonare.
In alcune crociere minori Vercelli si propose di verificare sperimentalmente una teoria da lui stesso sviluppata nel 1926 sulla propagazione della radiazione solare nell’acqua marina (Sulla propagazione delle radiazioni solari attraverso l’acqua, in Lancashire Sea-Fisheries Laboratory, James Johnstone memorial volume, Liverpool 1934, pp. 340 ss.). Queste esperienze, eseguite a Capri, a Rodi e a Venezia, furono considerate classiche e ripetutamente citate. Anche le analoghe determinazioni del coefficiente di estinzione, a opera dello stesso autore, risultarono preziose per dedurre i cicli termici annuali dell’acqua di mare e di quella lacustre (Penetrazione delle radiazioni luminose nell’acqua di mare, in Memorie del Reale Comitato talassografico italiano, CCLXXI (1939), pp. 1-32). Molte osservazioni sul riscaldamento e sul raffreddamento radiativo furono realizzate da Vercelli nelle calme acque dolci di molti laghi alpini (Misure subacquee di radiazione in alcuni laghi alpini, in Bollettino di pesca, piscicoltura e idrobiologia, XV (1939), 5, pp. 485-511): egli stabilì che, in tali semplici condizioni, solo nell’estremo strato superiore la temperatura è direttamente determinata dal calore assorbito in situ mentre negli altri sussiste l’idrostaticità. Notevole fu l’attività di Vercelli anche nella laguna veneta, in particolare per impedire l’interramento dei porti e dei canali della laguna; studiando la trasparenza delle acque egli stabilì come la torbida è riportata al mare liberando la laguna dai sedimenti che ne avrebbero provocato l’interramento (Trasparenza e colore delle acque nella laguna di Venezia, in Archivio di oceanografia e limnologia, VII (1950), 1, pp. 3-15).
In molte occasioni Francesco Vercelli non mancò di occuparsi anche dei metodi della geofisica applicata, specialmente nel campo della prospezione elettromagnetica: cominciò nel 1927, coadiuvando i geofisici che iniziavano la prospezione della Valpadana, nel 1928 dirigendo in campagna i lavori di una squadra geoelettrica da lui costituita e partecipando poi, come consulente, a una commissione dell’AGIP (Azienda Generale Italiana Petroli); sul tema pubblicò L’esplorazione geofisica dei campi petroliferi (in I combustibili nazionali ed il loro impiego. Atti del Convegno..., Torino 1939). Dal 1931 egli si occupò di sismologia a Trieste: si può dire che in quella stazione sismica ha avuto origine una vera scuola moderna di studi sismici italiani; Vercelli s’interessò personalmente alla determinazione delle profondità dell’ipocentro e di microsismi (La determinazione delle profondità ipocentrali, in Bollettino del Comitato nazionale per la geodesia e la geofisica, s. 2, V (1935), pp.15-20).
Dai lineamenti biografici di Vercelli si evince che egli fu precursore di importanti ricerche scientifiche in vari settori della geofisica; d’altro canto, i tentativi di formulare le previsioni meteorologiche con il metodo di estrapolazione delle onde di pressione non ebbero seguito in quanto sorpassati dalle più moderne conoscenze della dinamica dell’atmosfera.
Vercelli scrisse anche due opere divulgative (L’aria nella natura e nella vita, Torino 1933, rist. 1952; Il mare, i laghi e i ghiacciai, Torino 1951), testimonianza della sua attitudine a esporre con sobrietà e precisione molte conoscenze del tempo sulla fisica della Terra fluida. Collaborò anche alla stesura di alcune voci per l’Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti (tra cui maremoto, del 1934, e Mar Rosso, scritta con Attilio Mori e Roberto Almagià e pubblicata nel 1936).
Fu membro del CNR, della Commissione geodetica italiana, della Commissione internazionale delle maree, accademico pontificio. Nel dopoguerra fu animatore della ricostruzione dell’Istituto geofisico a Trieste e contribuì alla fondazione delle locali facoltà d’ingegneria e di scienze. A Trieste fu anche consigliere comunale dal 1948 al 1951, presidente della Società adriatica di scienze naturali e del Circolo della cultura e delle arti.
In età matura lo colpirono, in rapida successione, il dramma della morte in battaglia del terzogenito Livio, caduto nel cielo di Malta nel 1941, e quella del genero, scomparso due anni dopo con un cacciatorpediniere affondato dai tedeschi nel mare di Sardegna (egli stesso era stato ferito durante il bombardamento su Trieste del 10 giugno 1944); seguì la morte per malattia, a trentacinque anni, del secondogenito Enzo nel 1950.
Morì il 24 novembre 1952 a Camerano Casasco (Asti).
Altre opere. Vercelli ha lasciato centoventisei articoli scientifici, tra cui si ricordano, oltre a quelli già citati, Analisi armonica dei barogrammi e previsione della pressione barometrica, in Atti della Reale Accademia dei Lincei. Rendiconti della classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 5, XXIV (1915), 1, pp. 1120-1125; Crociere per lo studio dei fenomeni dello Stretto di Messina, parte II, Il regime fisico-chimico delle acque, Venezia 1927 (con M. Picotti); Ricerche di oceanografia fisica. Campagna idrografico scientifica nel Mar Rosso R. N. Ammiraglio Magnaghi, parte IV, La temperatura e salinità della acque, Genova 1927; Cimanalisi e applicazioni, Roma 1928; Le esplorazioni talassografiche del mar Rosso, in Atti del I Congresso di studi coloniali..., III, Sezione etnografica, filologica, sociologica, Firenze 1931; La temperatura dei laghi, in Note e comunicazioni della sezione nazionale italiana di idrologia scientifica del Consiglio internazionale delle ricerche, XVI (1931), pp. 41-44; Organizzazione per lo studio delle radiazioni solari in Italia, in Bollettino del Comitato nazionale per la geodesia e la geofisica, V (1935), 1, pp. 3-7; Analizzatore meccanico delle curve oscillanti, in Pontificia Academia scientiarum. Commentationes, III (1939), 19, pp. 659-692.
Fonti e Bibl.: F. V., in Annuario della Pontificia Accademia delle scienze, I, Città del Vaticano 1937; V., F., in Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, I Appendice, Roma 1938, p. 1122; C. Morelli, In memoria di F. V., Trieste 1952; G. Silva, Commemorazione del membro effettivo prof. F. V., Venezia 1953; F. Crisciani, F. V. e le oscillazioni barometriche. Un’avventura scientifica del Novecento, s.l. 2005; F. V. (1883 - 1952), a cura di P. Cuneo, 2016, http://www.torinoscienza.it/ personaggi/francesco-vercelli (17 marzo 2020).