VENIER, Francesco
– Nacque a Venezia intorno al 1505 dal senatore Giovanandrea del ramo di San Vio, patrono delle arti e delle lettere, e da Foscarina Foscarini, colta autrice di sonetti.
L’ambiente familiare, raffinato e stimolante, orientò la formazione di Venier e di due dei suoi quattro fratelli, Lorenzo e Domenico (v. la voce in questo Dizionario), che, a differenza di Alvise e Girolamo, si dedicarono come lui agli studia humanitatis. Dottore in utroque iure, percorse una carriera politica brillante, ricoprendo, a partire dal 1541, cariche di importanza crescente: si occupò del rifornimento dei grassi, sia per uso alimentare sia per l’illuminazione, fu pagador alla Camera dell’armamento e masser alla Zecca dell’oro, attese alla rifabbrica del palazzo ducale, fu provveditore alla Sanità, podestà di Bergamo, podestà e capitano di Rovigo, magistrato fiscale, luogotenente della Patria del Friuli, capitano di Verona ed esecutore delle deliberazioni del Consiglio dei pregadi; diresse, assieme ad altri cinque alti funzionari, la bonifica di Lozzo, sovrintendette alla liquidazione della banca Dolfin, fu uno dei tre provveditori sopra i Danari. Il suo fu dunque un cursus honorum fulgido e ininterrotto, al quale egli affiancò l’interesse per la filosofia.
Da una lettera inviatagli da Pietro Aretino nel giugno del 1548, abbiamo notizia della sua prima fatica letteraria a noi pervenuta, ovvero il non datato Dialogo di messer Francesco Venieri, nel quale si ragiona intorno alla volontà dell’huomo, in cui, forte di una lunga e articolata discussione della relazione tra intelletto e volontà, Venier difende l’esistenza del libero arbitrio. Sin da quest’opera emerge con chiarezza una lunga frequentazione del corpus aristotelico, che avvicinò Venier al programma di traduzione in volgare delle opere dello Stagirita da parte della cosiddetta Accademia Veniera – nome dato alle riunioni tenute da Domenico nella casa di famiglia –, divenuta luogo di ritrovo per intellettuali di spicco, come Federico Badoer, che nel 1557 istituì l’Accademia Veneziana o Accademia della Fama, Ludovico Dolce, Trifone Gabriel, Sperone Speroni e Antonio Brucioli, che proprio a Venier dedicò il suo volgarizzamento della Fisica che vide la luce a Venezia nel 1551.
Ispirati dal desiderio di rendere accessibile a un pubblico più ampio la psicologia aristotelica sono I Discorsi [...] sopra i tre libri Dell’anima di Aristotele, divisi in quattro libri, stampati a Venezia per i tipi di Andrea Arrivabene nel 1555 e dedicati dal nostro all’omonimo doge, Francesco Venier, che morì l’anno successivo. Nel proemio dell’opera Venier presenta il suo modus operandi, sottolineando come l’operazione che conduce non sia una mera traduzione, ma si ponga come obiettivo quello di rendere più chiaro il dettato aristotelico, utilizzando anche, come supporto, i testi di interpreti e commentatori.
Nel triennio 1576-78 Venier raggiunse l’apice della carriera politica: il 15 dicembre 1576 divenne riformatore dello Studio di Padova, il 18 giugno 1577 fu eletto savio del Consiglio e il 14 gennaio 1578 conservatore delle Leggi. Al 1579 risale poi l’opera più matura e nota del filosofo: i Discorsi [...] sopra i due libri Della generatione, e corrutione d’Aristotele, editi a Venezia presso Francesco Ziletti. Essi ebbero una certa risonanza, tanto che Francesco de’ Vieri, detto Verino Secondo, nel suo Della lode, dell’honore, della fama et della gloria, stampato a Firenze nello stesso anno, ricordò Venier, insieme a Francesco Piccolomini e Federico Pendasio, come uno dei maggiori interpreti di Aristotele del suo tempo.
Nel suo magnum opus il filosofo ribadisce con persino maggior vigore il programma di un volgarizzamento epesegetico del testo aristotelico, dando prova della sua metodologia a proposito di temi cruciali, come quello del cambiamento – se esso debba essere considerato come una successione di forme (fluxus formae) o come il sopraggiungere di una forma successiva (forma fluens) e se l’ente soggetto ad aumento naturale rimanga, in quanto tale, identico nel tempo. Nei tre capitoli dedicati all’argomento, oltre ad analizzare la posizione aristotelica, Venier chiama in causa Giovanni Duns Scoto e Marsilio di Inghen, ma riutilizza anche, tacitamente, alcuni passi del commentario di Ludovico Boccadiferro In duos libros Aristotelis De generatione et corruptione doctissima commentaria, che riunisce le lezioni che Boccadiferro tenne all’Università di Bologna nel 1536 e fu pubblicato postumo nel 1571, proprio a Venezia. Molte sono anche le pagine dedicate alla teratogenesi, che mostrano una non comune capacità di penetrazione: Venier combatte infatti la posizione di quanti sostengono che i mostri siano errori dovuti all’azione della fortuna, del caso – tra i quali non possiamo far a meno di riconoscere un altro aristotelico, Benedetto Varchi, autore di una Lezzione sulla generazione dei mostri stampata a Firenze nel 1560 – e afferma che le creature mostruose sono invece prodotte secondo l’intenzione della natura, per mantenere e conservare la bellezza e la perfezione dell’universo.
Dopo una vita dedicata allo studio e all’amministrazione della Repubblica, morì a Venezia nel 1581.
Fonti e Bibl.: A.-L. D’Armonville, Dizionario delle date, dei fatti, luoghi ed uomini storici..., VI, Venezia 1847, p. 186; G. Martinioni, Additione et continuatione delle Vite de Prencipi, in F. Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare, con le aggiunte di G. Martinioni (ristampa dell’edizione del 1663), II, Venezia 1968, p. 622; A. Zorzi, Cortigiana veneziana. Veronica Franco e i suoi poeti 1546-1591, Milano 1986, pp. 60 s.; P. Aretino, Lettere, a cura di P. Procaccioli, IV, Roma 2000, pp. 393, 411; L. Bianchi, Uses of Latin sources in Renaissance vernacularizations of Aristotle: the cases of Galeazzo Florimonte, F. V. and Francesco Pona, in Vernacular Aristotelianism in Italy from fourteenth to seventeenth century, a cura di L. Bianchi - S. Gilson - J. Kraye, London 2016, pp. 31-55.