VENIER, Francesco
– Nacque a Venezia nel 1408 da Dolfin (Delfino), della contrada di S. Raffaele, e da Margherita Emo.
La mancanza di documenti per i primi trent’anni della sua vita lascia supporre che si sia dedicato alla mercatura; poi, secondo la prassi del patriziato lagunare, una volta acquisita l’autonomia economica formò una propria famiglia sposando nel 1437 Francesca Dandolo di Leonardo, da cui ebbe numerosi figli.
La contemporanea presenza di altri cinque omonimi e l’abituale assenza, nelle fonti, del patronimico non consentono di stabilire se fosse lui il Francesco Venier podestà a Montona nel 1438 e successivamente in altri centri dell’Istria, benché sia difficile pensare che abbia ricoperto cariche di così scarso peso, dal momento che nello stesso 1438 suo padre era consigliere ducale e l’anno dopo capitano della flotta del Golfo, ossia dell’Adriatico. Maggiori possibilità vi sono che il 29 giugno 1440 sia entrato per un anno a far parte della Quarantia, mentre è sicuramente lui che fu eletto savio agli Ordini il 5 agosto 1441 e ancora nel semestre ottobre 1443-marzo 1444. Poi il primo significativo incarico: il 17 febbraio 1444 venne eletto ambasciatore ad Ancona, con il compito di far desistere quella comunità dall’ostacolare i commerci con Fermo. Nel ritorno sostò a Forlì «pro quibusdam privatis eius negotiis» (Archivio di Stato di Venezia, Senato Secreti, reg. 16, c. 106v); l’ipotesi che si trattasse di rapporti economici è avvalorata dalla sua elezione ad ambasciatore a Ferrara, verificatasi il 3 luglio 1445.
Scopo della missione era di chiedere al marchese Leonello di negare ospitalità alle truppe bolognesi, in seguito all’accordo intervenuto tra il duca di Milano e papa Eugenio IV, che prevedeva il ripristino dell’autorità pontificia su Bologna.
Successivamente, il 28 luglio 1446 Venier risultò eletto ambasciatore a Faenza, con il compito di spingere quella comunità a fornire aiuto a Francesco Sforza, in quel momento alleato con Venezia e Firenze contro Milano e Alfonso d’Aragona. Alla breve missione non seguirono di lì a poco altri incarichi, e solo il 17 settembre 1447 Venier venne nominato auditore delle Sentenze Vecchie e successivamente (1° agosto 1449) ufficiale alle Rason Nove. Eletto console a Tunisi il 5 luglio 1450, rifiutò per entrare pochi giorni dopo (9 agosto) come podestà a Montona. Era la carica che dodici anni prima le fonti gli attribuiscono, ma che è sembrato opportuno escludere per la presenza di omonimie; stavolta invece vi sono maggiori probabilità che fosse proprio Venier ad accettare il rettorato istriano, a causa del precedente rifiuto di assumere il consolato di Tunisi e per la latitanza dalla politica attiva che si verificò negli anni immediatamente successivi. Solo il 14 settembre 1454, infatti, il suo nome ricompare negli elenchi del Segretario alle Voci per l’elezione a senatore, nomina reiterata il 30 settembre 1455, ma non conclusa essendo stato eletto, il 18 marzo 1456, provveditore in Albania.
Le commissioni, lunghe e dettagliate, gli ordinavano di completare le opere iniziate a Durazzo dal predecessore Giovanni Bollani, in particolare la diga sul porto, valendosi dell’ingegnere Pellegrino Cila e procurandosi operai anche a Scutari e Drivasto. A tal fine avrebbe avuto ai suoi ordini i rettori veneti della regione; si trattava infatti non solo di fortificare il porto, ma anche di provvedere a risanare le zone acquitrinose prossime alla città, che nuocevano alla salute degli abitanti e delle truppe ivi stanziate. Ancora, gli venne affidata una cospicua somma di denaro da consegnare a Scanderbeg, il coraggioso Giorgio Castriota, signore di Croia.
A Durazzo Venier si fermò quasi due anni, nel corso dei quali i possedimenti veneziani vennero funestati dalle scorrerie dei turchi, nonostante le proteste del bailo a Costantinopoli e l’invio di trecento cavalieri deliberato dal Senato nel febbraio del 1457; la sua attività fu in pratica quella di un governatore, poiché fu lui a notificare al Senato la necessità di sostituire i rettori o nominarne di nuovi, così come riuscì a concludere la pace (12 novembre 1457), poi seguita da alleanza, con Paolo Ducagino, signore di Dagno.
Qualche mese dopo, normalizzatasi la situazione, il 20 marzo 1458 Venier ottenne il permesso di rimpatriare; seguirono alcuni anni di latitanza dalla politica, dopo di che ripresero gli incarichi: savio di Terraferma nel secondo semestre del 1462, capitano di Vicenza nel 1463-64, il 20 giugno 1465 fu eletto ambasciatore al re d’Ungheria, Mattia Corvino, subentrando a Giovanni Emo.
In seguito a un nuovo conflitto veneto-turco, scoppiato nel 1463, la situazione in Albania si era infatti deteriorata e gli ottomani avevano posto l’assedio a Scutari, principale piazzaforte veneziana nella regione. Per resistere all’offensiva la Repubblica aveva bisogno di un alleato nell’area balcanica, donde l’invio di grandi somme di denaro a Corvino per organizzare, unitamente al papa, una spedizione comune «sine qua – così le commissioni consegnate a Venier – difficile videtur hostem hunc acerrimum et robustissimum posse exterminari» (Archivio di Stato di Venezia, Senato Secreti, reg. 22, c. 104v).
La permanenza in Ungheria di Venier, che si protrasse fino al settembre del 1466, fu segnata da un alternarsi di speranze e delusioni, dal momento che gli sforzi degli ungheresi si volsero verso obiettivi prossimi al loro territorio senza spingersi in prossimità dell’Adriatico, nonostante l’appoggio che avrebbero ricevuto dai presidi veneziani della costa, in tempo di guerra dipendenti dalla flotta del Golfo allora comandata da un fratello di Venier, Giacomo.
A Venezia il 1° novembre 1467 entrò consigliere ducale, donde si dimise l’8 maggio 1468 per assumere la carica di avogador di Comun, che però tenne solo pochi mesi poiché l’8 ottobre entrò luogotenente a Udine e successivamente (3 ottobre 1470) podestà a Padova.
Eletto ancora avogador di Comun il 18 gennaio 1472, fu savio del Consiglio nel secondo semestre del 1474 e ancora nel 1476, quindi, il 17 aprile 1475, fu nominato procuratore de ultra mentre ricopriva nuovamente l’avogaria di Comun. Nonostante il progressivo indebolirsi della vista, gli ultimi anni della sua esistenza lo videro fra i responsabili della politica estera e fu savio del Consiglio da marzo a settembre negli anni 1477 e 1479, e ancora in quest’ultimo anno il 29 ottobre fu eletto tra i savi ‘a trovar danari’ per risanare l’erario, dissestato dal lungo conflitto contro i turchi.
Nel marzo del 1482 cercò di dissuadere il Senato dal muovere guerra a Ercole d’Este per il Polesine e un mese dopo, benché ormai completamente cieco, entrò di nuovo a far parte dei savi del Consiglio sino a settembre e così ancora nel 1484.
Morì a Venezia il 19 gennaio 1486.
Fonti e Bibl: Archivio di Stato di Venezia, Misc. Codd., s. 1, 20, Storia veneta: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, VII, pp. 212, 217, 241; Avogaria di Comun. Balla d’oro, reg. 162, c. 169v; Segretario alle voci. Misti, reg. 4, cc. 7r, 35v, 74r, 98v, 102r, 151v, 158r, 172r; reg. 6, cc. 3r, 9r, 51v, 52v, 57v; Senato Mar, reg. 1, c. 202r; reg. 5, cc. 139v, 145r-146r; reg. 6, cc. 30r, 35r, 41v, 43rv, 63r; reg. 12, c. 11v; Senato Secreti, reg. 15, c. 92r; reg. 16, cc. 63v, 66v-69r, 106v, 196v, 200v; reg. 17, cc. 38v, 51v-52r; reg. 21, c. 97r; reg. 22, cc. 103r, 104r-105, 122v-123r, 125v-126r, 135rv, 145v-146v, 154rv, 158rv, 163v-164r, 167v-168r, 172r, 175v, 178r; reg. 23, c. 1v; reg. 26, c. 111v; reg. 27, c. 76r; reg. 28, cc. 4v, 53v; Senato Terra, reg. 6, cc. 7r, 18v. Marci Antonii Sabellici Historiae rerum Venetarum ab urbe condita, in Degl’istorici delle cose veneziane..., I, Venezia 1718, p. 786; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, V, a cura di R. Predelli, Venezia 1901, pp. 229, 245; M. Sanudo il giovane, Le vite dei dogi (1474-1494), I, a cura di A. Caracciolo Aricò, Padova 1989, pp. 15, 158, 233, 236 s.; Id., Le vite dei dogi (1423-1474), a cura di A. Caracciolo Aricò, I, Venezia 1999, p. 410, II, 2004, pp. 81 s.