TROMBA, Francesco
– Ignoti sono gli estremi biografici di questo scrittore attivo nella prima metà del XVI secolo. Il padre fu Simone di Gualdo Tadino (v. Rossi, 1868, p. 64: «Franciscus Simonis de Gualdo Nucerie»). La probabile provenienza mediana, umbra, di Tromba è avvalorata dal toponimo e dalla patina linguistica delle sue opere.
È ipotizzabile che Tromba esercitasse la professione di trombetta, cioè di banditore e cantastorie. Anzitutto, lo comproverebbe la xilografia posta in apertura del cantare Guerre battaglie nuovamente fatte in Provenza, che rappresenta l’autore intento a suonare la tromba in un accampamento fuori città. Quindi, l’attività di canterino viene suggerita dai parchi riferimenti alla recitazione, disseminati nel primo libro della Draga de Orlando innamorato, in cui Tromba immagina di esibirsi in una corte pastorale di ninfe, che per giochi linguistici allusivi può essere identificata con quella di Felice della Rovere (Opera nova..., 1525, c. K8r). Tale conclusione contrasta, però, con la natura fittizia delle sequenze performative, tipica a quest’altezza del repertorio formulare di scrittura.
Considerando, pertanto, l’esiguità della documentazione e la parabola letteraria dell’autore, si può asserire che Tromba appartenne a quel nucleo di buoni mestieranti che tra i secoli XV e XVI giunsero in affari con la tipografia per rispondere alle richieste del mercato librario; non è affatto irrilevante, dunque, che la sua produzione sia circoscritta a generi di alto consumo come i romanzi cavallereschi e le guerre in ottava rima. Egli collaborò con due stampatori, Cosimo Veronese, detto Bianchino del Leone, cui si deve l’edizione della Draga, e Niccolò Zoppino, cui spetta la pubblicazione delle Guerre in Provenza e la riattribuzione del Rinaldo furioso.
Nel 1524 Tromba risiedette a Spello («habitator Ispelli»; v. Rossi, 1868, p. 64), si suppone perché vicino al ramo familiare di Gentile Baglioni, il cui nome non è mai menzionato in alcuno scritto, ma è rintracciabile da qualche spunto encomiastico. Nella dedicatoria dei due volumi della Draga, Tromba si rivolse genericamente Alla gloriosa e illustrissima casa Bagliona, salvo poi affermare metaforice di essere tornato alla scrittura dopo aver perso nel 1521 la sua stella guida, Giampaolo, e averne incontrata una «non manco fulgida» (Opera nova..., 1525, c. A1v), Gentile. Ora, a suffragare questa ipotesi intervengono l’elogio di Giampaolo (Incomincia el secondo libro..., 1527, c. E4v) e gli accenni alla politica intestina di Perugia, in particolare alla cacciata di Gentile e al suo rientro: da gennaio a ottobre del 1522, quindi, dieci mesi in cui Tromba sospese la stesura del poema (c. K7v: «e io serrai el libro de Turpino / per mesi dece e tenni altro cammino»).
Con ogni probabilità, al medesimo periodo risalgono anche i contatti con Felice Della Rovere, figlia naturale di papa Giulio II. Lo si deduce in primis dalla dedica delle Guerre in Provenza, ma lo si apprende, poi, dagli encomi adombrati nei due volumi della Draga, per quanto il motivo celebrativo delle virtù della donna fosse comune ad altri autori dell’epoca.
Al sodalizio con Bianchino del Leone va ascritta la pubblicazione della Draga in due volumi (l’Opera nova uscita nel 1525 e Incomincia el secondo libro... del 1527), un poema al crocevia tra i cicli di Rinaldo e di Orlando. A giudicare dall’accordo sottoscritto il 13 maggio 1524, Tromba avrebbe coperto le spese per la carta, il Bianchino quelle per «altre opere» (Rossi, 1868, p. 65) tipografiche, si presume, con la cura che i proventi della vendita venissero poi ripartiti. Ebbene, oltre a testimoniare la stipula di una societas editoriale, il documento fornisce un tassello sulla composizione dell’opera. Esso allude, appunto, a un «opus bellorum nuncupatum Orlando inzuccherato cum la Draga» (p. 64), corrispondente forse al solo libro primo, l’unico a beneficiare della suddivisione delle spese. Quanto al titolo, è possibile che sia stato cambiato in Draga de Orlando innamorato in ossequio alle leggi di mercato, per legare il poema al capolavoro boiardesco.
Benché le date delle edizioni e del contratto collimino, la lettura integrale dell’opera, con particolare riguardo alle indicazioni storiche e alla ricognizione delle fonti, solleva il dubbio di una datazione più alta. In base alla disamina di Marina Beer (1987) si può sostenere che almeno un nucleo dell’Opera nova sia databile al primo decennio del Cinquecento. Innanzitutto, già gli accadimenti storici, risalenti al 1502-03, costituiscono un indizio per tale datazione; quindi, la citazione di poemi primo-cinquecenteschi e la totale assenza dell’Orlando furioso (1516, 1521) aiutano a restringere il campo. Analogo ragionamento è applicabile anche a isolati blocchi di Incomincia el secondo libro. Si ipotizza, dunque, che i due volumi siano stati ottenuti con aggiunte di struttura in un processo difficilmente delimitabile. Di avviso diverso resta, però, Carlo Dionisotti (2003), che imputa il ritardo culturale della Draga alla provincialità del suo autore.
Il testo della Draga fu poi sottoposto a manipolazione. Il fatto non stupisce, anzi restituisce un caso esemplare delle prassi tipografiche cinquecentesche. A tal proposito, è stato dimostrato che l’Opera nova fu contraffatta da Eustachio Celebrino e pubblicata nel 1526 dalla società Bindoni-Pasini con l’attribuzione all’umanista Marco Cavallo e con il titolo di Rinaldo furioso. Benché le ragioni del falso non siano palmari, è facile pensare a uno sgarbo nato in clima di rivalità tipografica. Con tutta evidenza l’eclettico poligrafo frequentò gli ambienti perugini, lavorando dal 1511 al 1518 come intagliatore per Girolamo Cartolari e per Bianchino del Leone. Forse proprio in questa circostanza entrò in conflitto con Veronese. Negli anni Trenta Zoppino, però, già in affari con i tipografi perugini, ripulì il quadro, dando alle stampe un nuovo Rinaldo furioso in due volumi, di cui il primo corrispondente all’Opera nova e il secondo a Incomincia el secondo libro, con variazioni tematiche di estrazione ariostesca. Nella prefatoria Alli lettori, inoltre, si premurò di restituire a Tromba la paternità del poema.
Nell’opera omnia di Tromba compare un cantare storico, le Guerre in Provenza, stampato a Perugia nel 1525 per i tipi del Cartolari e a istanza di Zoppino, il quale chiuse il volume con uno strambotto.
Dedicato a Felice Della Rovere, il poema descrive le battaglie svoltesi in Provenza nel 1524 tra gli spagnoli e la compagine di Renzo da Ceri. Di esso, tuttavia, non è attualmente rintracciabile la copia appartenuta a Giovanni Battista Vermiglioli, acquistata dalla Biblioteca Mariotti di Perugia, e l’esemplare registrato nel catalogo vendite Hoepli-Zürich 1939.
Da ultimo, a Tromba sono stati attribuiti due rimaneggiamenti, uno della Trabisonda e uno dell’Altobello. A oggi, nell’affollata tradizione a stampa della Trabisonda, solo l’edizione veneziana del 1682 e quella lucchese del 1788 recano al frontespizio il nome dell’autore. In merito, si devono respingere le notizie di Francesco Saverio Quadrio (1749): nei testimoni superstiti delle edizioni del 1518 (Venezia, Vitali) e 1554 (Venezia, Guadagnino), difatti, non compare mai l’attribuzione, ma è assai probabile, come suggerisce Gaetano Melzi, che Quadrio abbia elaborato la suggestione «sulla fede di alcuna posteriore edizione» (Melzi, 1838, p. 237), non attestate da Quadrio le stampe di Venezia, per i tipi di Vian (1568) e Spineda (1616). Certo è però che il poema fu rielaborato, ma le varianti di sostanza non sono tràdite da entrambe le edizioni. Se, quindi, sull’attribuzione del rimaneggiamento si deve prestare maggior cautela, sulla paternità del poema quattrocentesco si può concordare appieno con Melzi, il quale esclude che essa sia opera di Tromba per incompatibilità anagrafica. Anche sulla trasmissione dell’Altobello ci si può limitare a dire che l’edizione veneziana (1611) reca sul frontespizio il nome di Tromba. Le interpolazioni con altre opere manoscritte e la rassettatura linguistica in direzione mediana appaiono infondate. Sicuramente erronea la paternità dell’incunabolo Libro de le battaglia del Danese (Milano 1498).
Opere. Guerre battaglie nuovamente fatte in Provenza, Perugia 1525; Opera nova chiamata la Draga de Orlando innamorato, Perugia 1525 (Roma, Biblioteca nazionale, 68.3.D.27; Napoli, Biblioteca nazionale, B.Branc. 104G.49.1); Rinaldo furioso di messer Marco Cavallo anconitano, Venezia 1526 (Milano, Archivio storico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Rari L.29/1); Incomincia el secondo libro della Draga de Orlando, Perugia 1527 (ibid., Triv. Rari H.2056; Napoli, Biblioteca nazionale, B.Branc.104.49.2; Ravenna, Biblioteca Classense, F.A.78.11.F); Rinaldo furioso di Francesco Tromba da Gualdo di Nucea, Venezia 1530 (Milano, Archivio storico e Biblioteca Trivulziana, Triv. Rari L.22); Rinaldo furioso. Il primo e il secondo libro di Rinaldo furioso di Francesco Tromba di Gualdo di Nucea, Venezia 1530 (Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Stamp. Ferr. V.4775).
Fonti e Bibl.: F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, IV, Milano 1749, pp. 569 s.; G.B. Vermiglioli, Opuscoli, III, Perugia 1826, p. 43; G. Ferrario, Storia ed analisi degli antichi romanzi di cavalleria e dei poemi romanzeschi d’Italia, III, Milano 1828, pp. 167-211; G.B. Vermiglioli, Biografia degli scrittori perugini e notizie delle opere loro, I, Perugia 1829, pp. 298 s.; G. Melzi, Bibliografia dei romanzi e poemi cavallereschi italiani, Milano 1838, pp. 192-194, 236-238; Id., Dizionario di opere anonime e pseudonime di scrittori italiani, III, Milano 1859, pp. 157, 177; A. Rossi, Le mie ricerche per le biblioteche e per gli archivi di Perugia, Perugia 1868, pp. 64 s.; G. Vanzolini, La Dragha de Orlando di F. T., in Il Propugnatore, IV (1891), 2, pp. 65-102; A. Cutolo, I romanzi cavallereschi in prosa e in rima del fondo Castiglioni presso la Biblioteca Braidense di Milano, Milano 1944, pp. 9 s., n. 7, pp. 112 s., n. 150; M. Sander, Le livre à figures italien depuis 1467 jusqu’à 1530, III, Nendeln 1969, p. 1273, nn. 7383, 7384, 7385, 7386, 7387, 7388; T. Rogledi Manni, La tipografia a Milano nel XV secolo, presentazione di G. Billanovich, Firenze 1980, p. 205, n. 1013; M. Beer, Romanzi di cavalleria. Il “Furioso” e il romanzo italiano del primo Cinquecento, Roma 1987, pp. 168-185; Guerre in ottava rima, I, Modena 1989, p. 101; N. Harris, Marin Sanudo, forerunner of Melzi, in La Bibliofilia, XCV (1993), pp. 10, 139-141; Il mestier de le stamperie de i libri, a cura di E. Sandal, Brescia 2002, p. 151, n. 17; C. Dionisotti, Fortuna del Boiardo nel Cinquecento, in Id., Boiardo e altri studi cavallereschi, a cura di G. Anceschi - A. Tissoni Benvenuti, Novara 2003, pp. 157 s.; M. Villoresi, La fabbrica dei cavalieri, Roma 2005, p. 183; L. Baldacchini, Alle origini dell’editoria in volgare. Niccolò Zoppino da Ferrara a Venezia. Annali (1503-1544), Roma 2011, pp. 172 s., n. 168; C.F.M. Sticco, Tra i Rinaldi e gli Orlandi. La Draga di F. T., in Schifanoia, 2019, n. 56-57, pp. 71-77.