TORNABUONI, Francesco
– Nacque a Firenze nel 1378 da Simone di Tieri di Ruggero Tornaquinci e da Sandra di Zanobi Tornaquinci. Il cognome di nascita Tornaquinci fu mutato in Tornabuoni nel 1393. Non si conosce la sua formazione culturale.
Immatricolato all’arte del cambio nel 1397, ereditò dal padre l’attività mercantile, attiva nel commercio della lana e gestita con i fratelli, della quale si hanno testimonianze provenienti soprattutto dall’archivio di Francesco Datini. Ne risulta che i Tornabuoni furono presenti con alterne fortune e un forte indebitamento sulla piazza di Bruges almeno fino al primo decennio del Quattrocento e su quella di Londra sino al 1433.
Nel 1401 Tornabuoni sposò Selvaggia degli Alessandri, che gli diede due figli: Marabotto (nato nel 1403) e Antonio (nato nel 1408). Dopo la loro nascita iniziò la sua attività pubblica, volta a inserire la famiglia nel circuito politico del reggimento fiorentino. Nello svolgimento degli incarichi assegnatigli, Tornabuoni manifestò capacità organizzative e lucidità di valutazione: doti che consentirono a lui e ai suoi discendenti di superare indenni la transizione dal regime degli Albizzi a quello dei Medici, accrescendo anzi la propria influenza nelle magistrature dello Stato fiorentino.
Nonostante nel primo Quattrocento Tornabuoni non fosse assiduamente presente nei circoli oligarchici, segno di un ruolo non ancora compiutamente assimilato a quello delle famiglie dominanti quali Albizzi, Corsini e Guadagni, nel 1409 fu inviato a Pisa, recentemente conquistata da Firenze e in quel periodo sede del concilio che si auspicava ponesse fine allo scisma. Lo scopo dell’ambasceria consisteva nell’avviare colloqui con entrambi i collegi cardinalizi, e nel fare in modo che Genova assicurasse, sul mare, protezione da Ladislao d’Angiò Durazzo re di Napoli alla città di Pisa e ai lavori conciliari.
Rimasto vedovo, Tornabuoni sposò in seconde nozze Marianna Guicciardini, da cui ebbe otto figli tra il 1415 e il 1426. La seconda generazione dei Tornabuoni portò avanti l’inserimento a pieno titolo della famiglia nel gruppo dirigente fiorentino, anche in seguito a una politica matrimoniale rigorosamente endogamica: fu messo in atto un circuito consortile nel quale confluirono Pitti, Soderini, Parenti, Corsini e, ovviamente, Medici.
La costruzione del prestigio familiare fu realizzata da Tornabuoni tramite due strategie di intervento: il proseguimento dell’attività politico-diplomatica e l’incremento del patrimonio, binomio non disgiunto in termini di modalità di attuazione e di risultati conseguiti. A partire dal 1413, infatti, le ambascerie svolte da Tornabuoni diventarono più delicate e impegnative sotto il profilo negoziale e più remunerative sotto quello economico.
In quell’anno fu inviato a Urbino presso la corte di Guidantonio da Montefeltro per ricevere da lui il consenso al passaggio delle truppe mercenarie al comando di Paolo Orsini e dirette a Roma assediata da Ladislao di Durazzo. In questa circostanza gli emolumenti ammontarono a 30 fiorini d’oro, ma quando nel 1416 Tornabuoni fu inviato a Genova per trattare con il doge Tommaso Campofregoso condizioni favorevoli per i mercanti fiorentini che avessero inviato proprie merci su navi genovesi, il compenso raggiunse l’ingente somma di 360 fiorini d’oro.
Il salario degli oratori era calcolato sulla durata dell’incarico e sulla numerosità del seguito, ma è evidente che entrambe le condizioni si intrecciavano da un lato con la delicatezza delle missioni e dall’altro con il rispetto e l’importanza che si attribuivano all’ambasciatore. In ambedue i casi, l’aumento di tutti i fattori implicava un prestigio in crescita.
Tra il 1418 e il 1424 Tornabuoni fu oratore a Bologna e a Imola e commissario al campo al seguito dell’esercito fiorentino durante la guerra contro il duca di Milano Filippo Maria Visconti, che si concluse con la sconfitta subita da Firenze ad Anghiari nel 1425. Fu quindi inviato a Roma nel 1426 insieme a Leonardo Bruni per rappresentare Firenze ai colloqui di pace con gli inviati milanesi ospitati da papa Martino V, ma il trattato fu stipulato solo due anni dopo, in seguito alla disfatta di Maclodio inflitta dai veneziani all’esercito visconteo.
L’eterogeneità degli incarichi ricoperti da Tornabuoni testimonia come, ancora nella prima metà del Quattrocento, la diplomazia fiorentina non possedesse un carattere strutturato e si sviluppasse, al contrario, secondo le esigenze d’occasione. Queste caratteristiche, che concedevano ai cittadini più intraprendenti spazi assai ampi di radicamento nella politica estera dello Stato fiorentino, andarono a tutto vantaggio di Tornabuoni, che riuscì a introdursi in maniera quasi costante nel circuito dei rappresentanti del reggimento, lasciando in posizione marginale l’esercizio della mercatura. Fu una scelta consapevole e vincente, grazie anche alla quota di patrimonio spettata al padre al momento del distacco dai Tornaquinci e a oculati investimenti immobiliari e finanziari promossi dallo stesso Tornabuoni.
Probabilmente per tale ragione egli si dichiarò contrario all’introduzione del primo rilevamento catastale nel 1427, che, nel periodo immediatamente successivo alla fine della guerra contro Milano, avrebbe dovuto rispondere alla crescente domanda di equità fiscale e, al tempo stesso, assicurare cespiti costanti allo Stato fiorentino. Al momento della pubblicazione degli atti, infatti, Tornabuoni risultò il sesto contribuente di Firenze con un imponibile calcolato in oltre 50.000 fiorini. I dati evidenziano un patrimonio ingente costituito di beni in città e nel contado e una notevole compattezza derivante dalla recente formazione della famiglia, non ancora articolata in rami che potessero compromettere l’integrità della ricchezza complessiva.
Nel 1428 Tornabuoni fece parte della Balìa istituita per gestire al meglio i nuovi equilibri politici conseguenti alla pace con Milano e nel 1430 fu ambasciatore a Venezia. La numerosità degli incarichi ricoperti testimonia la sua collaborazione con il regime albizzesco, mentre nei riguardi dei Medici ebbe rapporti assidui soltanto con il ramo cadetto, come dimostra la corrispondenza intrattenuta con Averardo di Francesco. Nonostante ciò, Tornabuoni fu membro della Balìa che nel 1434 affrontò la trasformazione istituzionale successiva al ritorno dall’esilio di Cosimo de’ Medici. Fu il suo ultimo e lungimirante impegno pubblico documentato.
Morì probabilmente nel 1436 e fu sepolto nella basilica di S. Maria Novella.
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