TERILLI, Francesco
Nacque verso il 1550 a Feltre, da Martino Terilli/Tarilli (l’identità della madre è ignota), originario di Cureglia, in Canton Ticino. La data di nascita è desunta dall’atto di morte, registrato il 23 settembre 1630 nella parrocchia di S. Maria Formosa a Venezia, nel quale Francesco è detto «de anni 80 incirca» (Bond, 2009, p. 9). Si trasferì entro il 1575 in laguna, dove è attestato in qualità di «magistro di legname» (Claut, 1994, p. 213), mantenendo tuttavia intensi e costanti rapporti con la città natale.
Le prime informazioni di carattere biografico sono trasmesse da una cronaca redatta il 26 giugno 1575 a Lugano da Domenico Tarilli, parroco di Comano (Canton Ticino), allorché Francesco e il fratello maggiore Giuseppe intrapresero un travagliato viaggio per visitare alcuni parenti e i luoghi d’origine della famiglia, spinti «dall’antico sangue de’ Tarilli» (Claut, 1994, p. 213). È il sacerdote a precisare la dimora veneziana dei due fratelli, in S. Maria Mater Domini, e a descrivere Francesco «tutto rossetto» di aspetto, un tratto fisico che dà ragione al soprannome, ricorrente nei documenti veneti, di «Rossetto» o «Rossetti».
Ancora celibe nel 1575, Terilli prese moglie entro il 1586, quando nacque il primo figlio, Cipriano Vettore, battezzato in S. Lio il 10 marzo. Seguirono Angelo Giovanni (19 dicembre 1587); Angela Giovanna (9 marzo 1589); Vesperione Alvise (6 settembre 1593); Vittoria Giustina (25 agosto 1601); Libera e Paolina, citate nelle volontà testamentarie (Bond, 2009, p. 17, note 3-4). La numerosa famiglia di Terilli (undici persone) è attestata solo a partire dal 1607 in S. Maria Formosa.
La presenza di importanti pittori, scultori e architetti in veste di padrini al battesimo dei figli – Vincenzo Scamozzi, Francesco Montemezzano, Sante Peranda, Alessandro Vittoria – evidenzia un compiuto radicamento nel contesto artistico lagunare. Nel quadro di questi rapporti riveste un significato non secondario anche l’identità della moglie Laura, che un documento del 1614 qualifica come figlia dell’intagliatore veneziano Jacopo Zane (Sava, 2016, p. 220). Nella bottega di Zane, sita nella parrocchia di S. Lio, proprio dove si trovava la famiglia di Terilli fino al 1606, lo scultore di Feltre sembra aver mosso i primi passi, come suggeriscono la documentata attività di Jacopo nell’intaglio figurativo (dossali lignei di S. Giorgio Maggiore, 1593), la prolungata collaborazione (1605-16) stretta tra i due congiunti a Robegano (Sava, 2016), nonché le affinità con la maniera di Jacopo esibite da alcune opere lignee di Terilli, come il firmato S. Pietro nel duomo di Feltre (Biasuz, 1929, p. 10).
Francesco non era certo un artista alle prime armi quando intagliò, nel 1590, un Angelo per la chiesa di S. Michele a Maron di Brugnera (Bergamini, 1991) e, l’anno successivo, il Crocifisso ligneo a Mansué di Treviso (Claut, 2011, p. 194; Bond, 2009, pp. 14 s.). A queste date egli padroneggiava anche l’intaglio dell’avorio, appreso per vie ancora tutte da chiarire. In tale genere s’impone il notevole Cristo redentore, firmato e datato 1596, al Museo nazionale di arte antica di Lisbona, donato probabilmente nel secondo Ottocento da Alfonso XII di Spagna a Ferdinando II re del Portogallo (Estella, 1973, pp. 13-18).
La precocità e il livello molto alto che qualificano la lavorazione dell’avorio sono attestati da alcuni Crocifissi firmati ma non datati, nei quali Terilli alterna l’interpretazione del Cristo morto alla tipologia ‘moderna’ del Cristo vivo: l’esemplare già a Casale sul Sile, collezione Toniolo, l’opera più vicina alla scultura portoghese (Biasuz, 1929, p. 592); l’eccezionale Crocifisso in collezione privata (già Madrid, collezione Lucas: Estella, 1973, pp. 14 s.; quindi collezione Rau: Claut, 1988, pp. 21 s.; battuto a Londra da Bonhams il 5 dicembre 2013, lotto 66); quelli in raccolta privata a Parma (Claut, 1994, pp. 214 s.) e a Padova (Biasuz, 1988, pp. 30, 64); e quello al Museo civico di Feltre (Biasuz, 1988, pp. 23-26, 63), tutti accomunanti da un modellato pieno ma disteso.
Nel 1603 «messer Francesco detto Rossetto, scultor» fu pagato per la statua della Madonna da porre alla sommità della cupola di S. Maria del Soccorso (la “Rotonda”) a Rovigo, opera dispersa (Barbieri, 1967, pp. 59, 72; Claut, 2003, p. 194). Entro il 1604 (Sansovino - Stringa, 1604) intagliò le dodici statue di Apostoli in S. Simeone Grande a Venezia (la firma è sulla base di S. Mattia), imbiancate nel 1795 ma originariamente policrome e dorate (Sansovino - Martinoni, 1663). Tra il 1606 e il 1608 intagliò il Crocifisso ligneo nella chiesa del Cristo a Udine (Goi, 2001).
In questa scultura l’artista affina un canone formale ancora indefinito negli avori precedentemente citati e lo ripropone in numerosi Crocifissi: Este, S. Tecla (Biasuz, 1988, p. 63); Treviso, S. Lucia (p. 64); Venezia, SS. Redentore (Claut, 1988, p. 24); Robegano, Ss. Giacomo e Cristoforo, 1612 (Sava, 2016, pp. 218, 221, 225), per giungere all’esemplare in S. Vito a Treviso, databile ante 1615 (Biasuz, 1938, p. 162), l’autografia del quale è attestata da Nicolò Cima nel 1699. Denotano forti affinità con questo gruppo il Crocifisso in avorio all’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston, quello in bosso in collezione padovana (Biasuz, 1988, pp. 27 s., 64), entrambi superati in finezza e intensità dalla scultura eburnea in collezione privata a Dortmund (Theuerkauff, 1986). La feconda e quasi emblematica applicazione dello scultore al genere dei Crocifissi trova conferma negli appellativi attestati dalle fonti: «Terili dai Christi da Feltre», «Rossetti dai Christi da Venetia» o ancora «Terili dai Christi» (si veda Claut, 2011, p. 193).
Nel 1607 il Senato veneziano concesse a Terilli un vitalizio di 15 ducati al mese per l’invenzione di un congegno di artiglieria e un sistema di navigazione delle galere, facendo conoscere un aspetto tipico dell’artista-inventore del Rinascimento (Rossi, 1996, p. 43). L’anno seguente Francesco ricevette dalla confraternita del Rosario in S. Nicolò a Treviso la commissione per le statue, disperse, di S. Domenico, S. Caterina da Siena e un «Cristo con il mondo in mano» (Goi, 2001, p. 151). Nel 1610 firmò il Cristo redentore e il S. Giovanni Battista in bronzo posti sulle acquasantiere nella chiesa del Redentore a Venezia, le uniche sculture metalliche sino ad oggi note, alle quali corrispondono le palmari versioni lignee in S. Alvise.
Questi lavori, oltre ad attestare l’eccellente padronanza dell’arte del bronzo, rendono ben percepibile quel «senso di misura del tutto rinascimentale» ravvisato da Adolfo Venturi (1937) nel S. Giovanni Battista, la cui cristallina serenità, «come di un Cima capelluto», appare ben poco ricettiva verso le astrazioni manieristiche della coeva cultura plastica lagunare. Su questi personali orientamenti, che già qualificano il Redentore a Lisbona, si gioca infatti il controllato dialogo con Alessandro Vittoria, del quale Terilli ammira più di ogni altra cosa l’olimpica compostezza e il naturalismo espressi nel Redentore del monumento Bollani a Brescia (Theuerkauff, 1986). Guarda del resto alla scultura veneziana di primo Cinquecento la firmata ma discussa Madonna col Bambino ad Arten di Fonzaso, proveniente da Feltre (Claut, 1988, p. 25), che rielabora con originalità la Madonna col Bambino di Jacopo Sansovino all’Arsenale.
Nello stesso 1610 Terilli riscosse pagamenti per le statue di S. Giacomo e S. Cristoforo nella parrocchiale di Robegano, ai quali è affine, per cronologia, il Redentore nel duomo di Feltre (Biasuz, 1938, p. 163). Nel 1612 ricevette 30 ducati per le statue «di una Madona con doi santi… et doi putini» dalla confraternita del Rosario in S. Giovanni Evangelista a Portogruaro (Poli, 1991-199); e dall’8 marzo all’8 ottobre 1615 diversi acconti e saldo per un non meglio identificabile «sepolcro di legno» nella chiesa dei Ss. Cosma e Damiano a Venezia (Rossi, 1996, p. 44). Firmati e datati 1616, i riccioluti Angeli a Dignano d’Istria (Pola), provenienti da una chiesa veneziana soppressa (Biasuz, 1938, p. 161), scaturiscono, negli accenti tizianeschi, dall’ennesimo confronto con la cultura di primo Cinquecento e ci restituiscono un’immagine ideale dei perduti Angeli che l’artista intagliò nel 1618, su commissione della Procuratia de Supra, per il tabernacolo che ogni anno si allestiva nella chiesa di S. Marco a Venezia «per l’ostension del Sangue precioso» (Rossi, 1996, pp. 45 s.).
Tra il 1616 e il 1620 lo scultore realizzò e firmò la Statua equestre di Pompeo Giustiniani ai Ss. Giovanni e Paolo, ricercando, nella fissità araldica dell’immagine, soluzioni volutamente arcaizzanti; quelle che nell’ambito del sacro andavano caricandosi di istanze rigoriste, come manifesta l’azzimato S. Prosdocimo nel duomo di Feltre (1610-19; Ericani, 1997), riecheggiato dalla statua di S. Liberale in S. Maria del Carmelo a Venezia (Battaglia, 2007).
Nel colto circuito collezionistico degli avori, la produzione tarda di Terilli denota una più ampia adesione alle sofisticate astrazioni formali del tardo manierismo veneto, non solo in direzione del Vittoria o di Niccolò Roccatagliata, ma anche della cultura pittorica delle “sette maniere”. Esemplari la Madonna addolorata e il S. Giovanni Evangelista al Kunsthistorisches Museum di Vienna (Schlosser, 1910), figure avvitate e affusolate, fedelmente riproposte nelle siglate statuette sul mercato a Parigi (galleria Sisman). A queste sono affini due opere lignee: la Madonna dolente a Robegano, nonché l’irrintracciabile S. Giovanni Evangelista, firmato, già segnalato da Ulrich Middeldorf in collezione Lubin a New York (Biasuz, 1988, pp. 89, 96). Denunciano di appartenere alla più raffinata e tarda produzione in avorio anche il S. Pietro e il S. Paolo già a Milano (galleria Altomani & Sons: Bond, 2009, pp. 15-17).
Anche nell’ultimo decennio di attività Terilli realizzò numerosi Crocifissi che nell’asciuttezza formale e nella snellezza delle membra puntano ad accentuare le notazioni patetiche. Attorno alla nervosa scultura in S. Maria Assunta a Lentiai, per la quale il feltrino riscosse un pagamento nel 1621 (Vergerio, 1931, pp. 55 s.), ruotano gli esemplari di Feltre, Ss. Rocco e Sebastiano (Biasuz, 1988, p. 54), di Este, oratorio di S. Valentino (Sava, 2013), di Venezia, S. Michele in Isola (1621-23; Claut, 1988, p. 24), nonché lo slanciato Crocifisso eburneo in collezione Salvi a Parma (Manganello, 1994), che va isolato da tutti gli altri esemplari in avorio. Per l’acuto espressionismo di gusto nordico, il Crocifisso in S. Bartolomeo a Venezia (1618), attribuito da Paola Rossi (1996, pp. 43 s.), fissa invece un unicum. Sono infine opere di bottega i più modesti manufatti a Treville, S. Giustina in Colle; a Fonzaso, Natività di Maria (Biasuz, 1988, p. 77; Claut, 2011, pp. 195 s.); a Pré di Ledro, S. Giacomo Maggiore (Giacomelli - Sava, 2012); a Venezia, Scuola Grande di S. Marco (Matino, 2016).
Contagiato dalla peste, Terilli dettò le ultime volontà il 22 settembre 1630; morì il giorno seguente (Bond, 2009, pp. 9 s.).
Treviso, Biblioteca comunale, ms. 643: N. Cima, Le tre facce di Trevigi, 1699, II, pp. 243 s. F. Sansovino - G. Stringa, Venetia città nobilissima et singolare…, Venezia 1604, p. 163; F. Sansovino - G. Martinioni, Venetia città nobilissima et singolare…, con aggiunta di tutte le cose notabili della stessa città fatte et occorse dall’anno 1580 fino al presente 1663…, Venezia 1663, p. 202; A. Vecellio, I pittori feltrini: memorie, Feltre 1898, p. 305; J. von Schlosser, Werke der Kleinplastik in der Skulpturensammlung des A. H. Kaiserhauses, II, Bildwerke in Holz, Wachs und Elfenbein, Wien 1910, p. 13, tav. XXXIV; G. Biasuz, F. T. intagliatore e bronzista feltrino del sec. XVII, in Rivista di Venezia, VII (1929), pp. 10, 589-593; L. Planiscig, Aggiunte all’opera di F. T., ibid., VIII (1930), pp. 89-93; F. Vergerio, La chiesa monumentale di S. Maria di Lentiai, Alassio 1931, pp. 54-56; A. Venturi, Storia dell’arte italiana, X, La scultura del Cinquecento, Milano 1937, parte III, pp. 312 s.; G. Biasuz, L’opera di F. T. detto il Rossetto, in L’Arte, n.s., IX (1938), pp. 151-166; F. Barbieri, Francesco Zamberlan architetto de “La Rotonda”, in La Rotonda di Rovigo, Vicenza 1967, pp. 59, 72; M. Estella, Algunas esculturas en marfil italianas en España, in Archivio español de Arte, XLVI (1973), pp. 13-34; C. Theuerkauff, Die Bildwerke in Elfenbein des 16.-19. Jahrhunderts, Berlin 1986, p. 97; G. Biasuz, Due crocifissi in avorio inediti di F. T., in Archivio Storico di Belluno, Feltre e Cadore, LVIII (1987), pp. 18-20; G. Biasuz, F. T., a cura di A.P. Zugni Tauro, Feltre 1988 (con bibl. precedente); S. Claut, F. T. ed altri scultori del legno nel Feltrino tra Rinascimento e Barocco (catal.), Feltre 1988; Id., Per F. T., in Antichità viva, XXVII (1988), 5-6, pp. 23-28; G. Bergamini, Preziosi. Oreficeria sacra e profana nei Musei Civici di Udine, Udine 1991, p. 75; G. Poli, Un episodio seicentesco di committenza domenicana nella chiesa di San Giovanni Evangelista di Portogruaro, in Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, CL (1991-1992), pp. 277 s.; S. Claut, Profilo dello scultore F. T., in Vivere con l’arte, VI (1993), 173, pp. 3-9; N. Manganello, Un crocifisso inedito di F. T., in Archivio Storico di Belluno Feltre e Cadore, LXV (1994), pp. 94-98; S. Claut, Una rivelazione per il Terilli, ibid., LXV (1994), 289, pp. 212-215; P. Rossi, Per l’attività veneziana di F. T., in Venezia Arti, X (1996), pp. 43-48; G. Ericani, La scultura lignea del Seicento nel Veneto, in Scultura lignea barocca nel Veneto, a cura di A.M. Spiazzi, Milano 1997, pp. 30-50; S. Zanuso, F. T., in “La bellissima maniera”. Alessandro Vittoria e la scultura veneta del Cinquecento (catal.), a cura di A. Bacchi - L. Camerlengo - M. Leithe-Jasper, Trento 1999, pp. 433-435; M. Leithe Jasper, Scheda n. 98, ibid., p. 436; S. Zanuso, F. T., in La scultura a Venezia da Sansovino a Canova, a cura di A. Bacchi con la collaborazione di S. Zanuso, Milano 2000, pp. 793-795; P. Goi, Scultura veneta nel Friuli patriarcale, in Alessandro Vittoria e l’arte veneta della maniera. Atti del Convegno internazionale… Udine 2000, a cura di L. Finocchi Ghersi, Tavagnacco 2001, pp. 150 s.; S. Claut, Altre opere dello scultore F. T., in Venezia Cinquecento, XIII (2003), 26, pp. 185-196; R. Battaglia, Per l’attività veneziana di F. T., in Il cielo, o qualcosa di più. Scritti per Adriano Mariuz, a cura di E. Saccomani, Cittadella 2007, pp. 128-133; A. Bond, Contributi per F. T., in Arte in Friuli, Arte a Trieste, XXVIII (2009), pp. 9-20; P. Rossi, L’intaglio e la scultura lignea a Venezia nel Seicento, in Con il legno e con l’oro: la Venezia artigiana degli intagliatori, battiloro e doratori, a cura di G. Caniato, Caselle di Sommacampagna 2009, pp. 69 s.; S. Claut, «Io Francesco Terili scultor da Christi et altro», in Archivio Storico di Belluno, Feltre e Cadore, LXXXII (2011), pp. 193-205; L. Giacomelli - G. Sava, Scultura barocca in Trentino. I Crocifissi: modelli e compresenze culturali, in Studi Trentini / Arte, XCI (2012), pp. 270-272; E.D. Schmidt, Das Elfenbein des Medici, München 2012, pp. 133, 146; M. Frank, L’altare del Crocefisso e la questione della paternità di Giuseppe Pozzo, in La chiesa di San Bartolomeo e la comunità tedesca a Venezia, a cura di N. Bonazza - I. di Leonardo - G. Guidarelli, Venezia 2013, pp. 173-177; G. Sava, Un percorso per “F. T. intagliador da Christi”: il Crocifisso nell’oratorio di San Valentino a Este, in L’uomo della croce. L’immagine scolpita prima e dopo Donatello (catal., Padova), a cura di C. Cavalli - A. Nante, Verona 2013, pp. 183-201; G. Matino, Una proposta per F. T. “intagliador da Christi”: il Crocifisso ligneo della Scuola Grande di San Marco, in Arte Documento, XXXII (2016), pp. 182-191; G. Sava, “F. T. intagliador in Venetia”: la ‘società’ con Jacopo Zane a Robegano e una lettura degli esordi, in Arte veneta, LXXIII (2016), pp. 218-226.