TATTI, Francesco (detto Sansovino)
Naque a Roma nel 1521, primogenito dello scultore e architetto fiorentino Iacopo Tatti, ma era nato, forse, da una relazione extraconiugale della madre, una certa Paola. Battezzato nella chiesa di S. Eustachio, suo padrino fu Giovanni Maria Del Monte, poi divenuto papa Giulio III. Fu conosciuto anche con gli pseudonimi Anselmo Guisconi e Giovanni Tatti.
In concomitanza con il sacco Iacopo trasferì la famiglia dapprima a Firenze e poi a Venezia nel 1527, dove si fermò. I Procuratori di San Marco gli garantirono una sistemazione abbastanza agiata, un salario di 180 ducati e un appartamento in piazza San Marco (Howard, 1975, p. 9). In una lettera a Gaspara Stampa Francesco si descrisse come uomo «di statura mediocre» (Ragionamento di m. Francesco Sansovino nel quale brevemente s'insegna a giovani huomini la bella arte d'amore, Venezia, G. Griffio, 1545 , c. 10v). La sua effige di tre quarti con la barba si trova nel primo libro de I Mondi del Doni (1552, p. 49) come affiliato alla fantasiosa accademia dei Pellegrini, e in successive pubblicazioni.
Ricevette una classica istruzione aristocratica di stampo umanistico. Stefano Piazzone da Asola, insegnante di grammatica e retorica presso S. Maria della Fava lo avviò allo studio del latino, che proseguì sotto l’egida del bresciano Giovita Ravizza. Seguì anche le lezioni del grecista Antonio Francini da Montevarchi, collaboratore editoriale dei Giunti e curatore di testi greci e latini.
Il padre lo volle avviare agli studi giuridici, nonostante egli fosse da sempre inclinato verso le lettere come si evince dal carteggio con Pietro Aretino e dalla lettera all’amico Gianfilippo Magnanini (1579) posta in appendice a una edizione de Del secretario (1580). Secondando la volontà del genitore nel 1536 Tatti si recò a studiare diritto a Padova dove però seguì anche le lezioni di Lazzaro Bonamico, noto classicista commentatore di Cicerone, Tito Livio e Tucidide (Bonora, 1994, p. 22). Nel carteggio con l’Aretino affiorano gli eccessi di uno studente, consapevole delle sue mancanze ma desideroso di un dialogo che il padre, irritato dalla sua negligenza, gli negava.
Al 1537-38 risalgono le prime composizioni poetiche di Tatti. Nel 1540, si scusava con l’Aretino per il sonetto contro Giovanni Cornaro, personaggio di spicco a Venezia, membro degli Infiammati e tra i mecenati dell’Aretino, che qualcuno aveva divulgato usando il suo nome. L’adesione agli Infiammati nel 1540 segnò profondamente la sua formazione intellettuale e professionale per le idee innovative che si sviluppavano in quel consesso, in particolare riguardo all’uso del volgare per promuovere una divulgazione del sapere che fosse anche fondamento di una nuova etica. Nell'Accademia personaggi di spicco erano Sperone Speroni, Alessandro Piccolomini, Benedetto Varchi, Bernardino Tomitano, oltre ad alcuni dei professori le cui lezioni Francesco seguiva, come Marco Mantova Benavides, Mariano Sozzini e lo stesso Tomitano.
Non è chiaro se fu per assecondare la volontà paterna, oppure al seguito di Benedetto Varchi e di alcuni studenti fiorentini sodali degli Infiammati, che Sansovino si recò a Bologna, probabilmente come conseguenza di un fatto di sangue (Sartorello, 2010, p. 30), già dal marzo 1541 secondo la lettera inclusa nelle Lettere sopra al Decamerone (1542). A Bologna Sansovino si trovò bene, come scriveva a Lodovico Dolce nel giugno del 1542 (Letere de diversii, Venezia, C.T. Navò, 1542, c. 98v). Il 27 gennaio 1542 divenne affiliato dell’Accademia Fiorentina e avrebbe celebrato la rete di conoscenze fiorentine e toscane nelle Lettere sopra le diece giornate del Decamerone (1542). Sebbene fosse poco assiduo a lezione, nel 1543 Sansovino si addottorò con piena approvazione in diritto civile (non in utroque) presentato dai celebri giuristi Agostino Berò e Giovanni Ludovico Bovio. Frutto dell’esperienza bolognese fu soltanto un breve trattatello di Retorica (1543), pubblicato presso uno stampatore emiliano collegato agli Infiammati, Marcantonio Grossi da Carpi.
Sempre ai primi anni Quaranta risale la composizione del Dialogo della pratica della ragione, mai pubblicato a stampa, in cui Sansovino mette a confronto Machiavelli e il giurista Bartolo da Sassoferrato. Sempre negli anni Quaranta, mentre collaborava con la stanperia Giolito come correttore (Trovato, 1991, pp. 225 s.), fece parte di un gruppo di giovani letterati veneziani tra cui erano Gaspara Stampa, Francesca Baffo, Lodovico Domenichi, Giuseppe Betussi, Bartolomeo Gottifredi. In questo periodo pubblicò assieme a Ludovico Dolce i Capitoli del s. Pietro Aretino (s. l. e t., 1540) e le Lettere sopra le diece giornate del Decamerone (Venezia, V. Ruffinelli, 1542). Frutto ulteriore di tali frequentazioni fu la lettera a Gaspara Stampa, Ragionamento, pubblicata insieme alla Lettura di m. Benedetto Varchi, sopra un sonetto della gelosia di mons. Dalla Casa (ibid., 1545).
Memore dei dibattiti sviluppatisi in seno all’Accademia degli Infiammati, iniziò un’intensa attività di divulgatore di opere soprattutto storiche, ma non solo – si pensi all’opera di medicina e anatomia L’edificio del corpo umano (1550) – con traduzioni dal latino. Secondo l'editore Altobello Salicato (Delle orazioni volgarmente scritte da diversi huomini illustri de' nostri tempi, Venezia 1584, c. 12v), nel 1544 Sansovino fu tra i fondatori dell’Accademia degli Uniti di Venezia, insieme a Francesco Argentino e Sebastiano Bravi, professore di legge a Padova nel 1540 e poi avvocato fiscale dell’Ufficio sopra i beni incolti (Gallizioli, 1788. p. 102; Bertoša, 1979-80, p. 191). Gli statuti dell’Accademia del 1551, però danno notizia di Bravi, ma non menzionano Argentini e Sansovino.
Una lettera dell’Aretino ci informa che Sansovino, prima del febbraio 1550, lasciò Venezia per Roma, nella speranza che l’elezione del suo padrino al soglio pontificio gli facesse ottenere un impiego in Curia. Preso atto che l’unico posto disponibile era quello di cameriere pontificio, fece ritorno a Venezia.
Nel giugno e poi nell’ottobre 1552 a Venezia, Sansovino fu intestatario di una procura del padre Iacopo per l’acquisto di una casa e poi come teste di atti notarili rogati in San Marco (Bonora, 1994, p. 52). Nel 1554 sposò Benedetta Musocca o Misocca (1533-83), figlia di Vettore, mercante veneziano residente a San Pietro in Castello. Il contratto di matrimonio rivela che Benedetta portò in dote 2000 ducati di cui 1800 di terre nel contado e 200 di corredo. Da un punto di vista economico si trattò di un matrimonio agiato se comparato con le doti di altre mogli di stampatori veneziani dell’epoca (Grendler, 1983, pp. 35-39). Da parte sua, Sansovino poté contare sulle «case e fabbriche» nella contrada di S. Trovaso che il padre gli donò mantenendone tuttavia l’usufrutto. Da Benedetta, a cui fu legato da profondo affetto (Bonora, 1994, p. 55), nacquero Iacopo (1555-84, ma 1609 secondo il Cicogna, 1834, p. 40; a lei dedicò l'Ortografia delle voci della lingua nostra, Venezia, F. Sansovino, 1568), Fiorenza (1557-68), cui dedicò il sonetto in morte Tu che or apri su in ciel quegli occhi vivi (in Orazioni, ibid. 1569) e Aurora (1562-76).
Nello stesso 1554 Sansovino decise di lasciare definitivamente l’avvocatura per dedicarsi alle lettere. Il 14 novembre ottenne dal Senato veneziano il privilegio di stampa per dieci anni su uno dei libri più famosi della sua produzione, il dialogo Dell’avvocato, per i tipi di Alessandro Viani, quasi a suggello della scelta professionale compiuta e a indicare la direzione della sua futura opera di divulgatore e imprenditore attento alle esigenze di un pubblico sempre più vasto e sempre più interessato alle iniziative editoriali.
Già molto legato a numerosi membri dell’Accademia Veneziana o della Fama prima della sua fondazione, Sansovino vi fu affiliato e per essa curò l’Ordine de’ cavalieri del Tosone (Venezia, Accademia Veneziana, 1558; Guarna, 2018, pp. 74 s.). Altre pubblicazioni, quali Del governo dei regni et delle repubbliche (Venezia, F. Sansovino, 1561), e Dante con l’espositione di Landino e Vellutello (Venezia, D. Nicolini, 1564) sono da considerarsi in relazione con i progetti editoriali che l’Accademia non riuscì a portare a termine (Marx 1993, pp. 233-260; Guarna, 2018, p. 172 n. 27). Lo stesso dicasi per il fortunatissimo Del secretario (F. Rampazetto, 1564) in cui l’autore, ispirato nell’impianto dal trattato Il principe di Giovambattista Pigna (Nigro, 1991, p. 93), rese in volgare i modelli di scrittura epistolare già redatti in latino da Francesco Negro a fine Quattrocento (Panzera, 2012, p. 24). Inoltre, su esempio di precedenti libri dello stesso genere, impostò la sequenza delle lettere in modo rigorosamente storico-cronologico, almeno dalla seconda edizione, mentre faceva sfoggio della sua rete di importanti protettori stampando le lettere da loro ricevute.
Sul finire del 1559 il libraio e stampatore Paolo Gherardo bloccò la distribuzione da parte del Sansovino de La fabrica del mondo di Francesco Alunno, poiché pare che detenesse il privilegio sulle opere dell’autore ferrarese, avendone pubblicati tre titoli nel 1556 (Bonora, 1994, p. 65). Nel 1560 Sansovino iniziò la sua attività di stampatore ed editore dapprima in collaborazione con il medico Nicola Tinto, forse conosciuto negli anni padovani. Oltre al probabile ruolo di finanziatore, Tinto sembra avere influenzato le prime iniziative editoriali con titoli quali La pratica universale in cirugia. Di m. Giovanni di Vico. Aggiuntivi due trattati di m. Gio. Andrea dalla Croce (1560), al cui interno si trova il Compendio di cirugia di Mariano Santo.
L’impresa guidata da Sansovino utilizzò tre diverse marche tipografiche: la luna crescente con le punte in alto e con il motto «In Dies», il pastore sdraiato sotto un albero circondato da pecore e in cielo uno spicchio di luna crescente ma con le punte in basso (che dava il nome alla tipografia, «Al segno della Luna»), un uomo sdraiato sotto la luna crescente con le punte rivolte in basso. Tra 1560-77 pubblicò 65 titoli, di cui quasi la metà editi entro i primi due anni con le sottoscrizioni «Francesco et C.», «Francesco Sansovino, et compagni», «Franciscus Sansovinus, et socii». Con acume imprenditoriale, raccolse i titoli di famosi autori quali Bembo, Sannazzaro e Ariosto, già stampati con notevole fortuna dai Giolito ma i cui privilegi di stampa erano in scadenza (Bonora, 1994, p. 73). Nei tre anni successivi il numero di titoli stampati calò vistosamente, per riprendere vigore tra il 1568 e il 1570. Come editore si servì delle tipografie di Francesco Rampazetto, Stefano Zazzera, i Bonelli e Daniele Zanetti.
La serie di volumi contenenti Orazioni, cominciata nel 1561, provocò l’ira di Speroni che, scrivendo ad Alvise Mocenigo il 4 aprile 1562, espresse la sua volontà di togliere le due sue orazioni stampate sotto l’appellativo di «Incerto»: la lode di Iacopo Cornaro del 1536 e la lode in morte di Giulia Varana duchessa di Urbino del 1547 (Cicogna, 1834 p. 59).
Nel gennaio 1564 Sansovino fece da testimone in un atto notarile per un vecchio amico dell’ Accademia degli Infiammati, Giovanni Andrea dell’Anguillara (Bonora, 1994, p. 31). Il 16 dicembre 1565 la città di Spoleto gli regalò una collana d’oro, accompagnata da una lettera (Del Secretario, 1625, p. 125) per la copia omaggio dell’Historia della casa Orsina (Cicogna, 1834 p. 73).
Dal 1569 Sansovino prese la guida della stamperia e il suo nome apparve sulle edizioni, ma l’impresa non trasse beneficio dalla nuova gestione e il numero di titoli, soprattutto di titoli nuovi, diminuì considerevolmente. Nel 1581 Sansovino si affidò ai tipi di Altobello Salicato e alla sua «Libraria alla Fortezza» per la stampa di numerose opere. L’11 aprile 1584, alla presenza del notaio Giovanni Figolin, il figlio Iacopo il Giovane cedette a Salicato, per sette anni con decorrenza dal primo gennaio trascorso («prossimo passato», dunque 1584-90), i diritti di stampa di tutte le opere del padre, con e senza privilegio. Salicato avrebbe continuato ben oltre il 1590 a ristampare le opere di Sansovino.
Alla sua morte nel 1570 il padre Iacopo nominò Francesco erede universale del suo patrimonio, apparentemente cospicuo. Nel 1573 Sansovino fu creato cavaliere aurato angelico dell’Ordine costantiniano, come si evince dalla dedica nella Historia Universale dei Turchi (Venezia, M. Bonelli, 1573). Iscritto all’Arte degli stampatori e librai, tentò, senza successo, di divenirne consigliere nel 1578 (Bonora, 1994, p. 66). Il 25 febbraio 1580 more veneto presentò richiesta al Consiglio dei dieci per il privilegio di stampa di Venetia città nobilissima et singolare, uno dei suoi volumi di maggior successo, pubblicato nel 1582. In una supplica del 5 gennaio 1581 reclamò 400 ducati di spese sostenute dal padre per terminare la commissione dei Provveditori sopra la Fabbrica del Palazzo dei due giganti in marmo (Cicogna, 1834, p. 87).
Il 24 novembre 1582 dettò il testamento. La fortuna economica del Sansovino, 181 ducati annui di redditi da beni immobili e una discreta disponibilità liquida, va attribuita alla buona rendita del patrimonio lasciatogli dal padre, più che alla sua attività di editore e stampatore (Di Filippo Bareggi, 1988, pp. 262-264).
Quasi cieco dall’età di 55 anni, Sansovino morì, dopo una febbre durata dodici giorni, il 28 settembre 1583. Fu sepolto a Venezia nella chiesa di S. Gimignano (Cicogna, 1834, p. 38).
Lodovico Dolce ideò e commentò l’emblema personale di Sansovino (Pittoni, [1562?] n. 49): un arco di trionfo circondato da impalcature e il timpano in costruzione, con il motto «In Dies», celebrativo sia della missione divulgatrice del letterato sia della sua discendenza da un celebre architetto.
La produzione di Sansovino è molto vasta, sia per temi trattati come stampatore, sia per numero di opere firmate nelle vesti di autore, traduttore e compilatore. La banca dati Edit16, conta 213 titoli riferiti a suo nome. Una bibliografia, se pure non completa, è in P. Mula, «Dipinto in scrittura», in La Bibliofilía, CXII (2010), pp. 245-280; per la produzione inerente all’Impero e alla cultura Turca, E. Valeri, Francesco Sansovino, in Christian-Muslim Relations, a cura di D. Thomas - J. Chesworth, Leiden-Boston 2015, pp. 567-581.
B. Pittoni, Imprese di diversi, s.l. [1562?], n. 49.; G.T. Temanza, Vita di J. S., Venezia 1752; G. Gallizioli, Della vita… di Gulielmo Grataroli, Bergamo 1788, p. 102; P. Giaxich, Dell’Accademia dei Pellegrini, s.l. [1810?]; E. Cicogna, Inscrizioni veneziane, IV, Venezia 1834, pp. 38, 40, 32 s., 59, 73, 87; G. Sforza, F. S., in Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino, Classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 2, XLVII, (1897), pp. 27-66; G. Pusinich, Un poligrafo veneziano del Cinquecento, in Pagine istriane, VIII (1910), 10, pp. 121-130; A. Pilot, Gli ordini dell’Accademia degli Uniti, in Ateneo Veneto, XXXV (1912), pp. 193-207; T. Bozza, Scrittori politici, Roma 1949, pp. 52-54; V. Luciani, S.'s Concetti politici and their debt to Guicciardini, in Publication of Modern Language Association, LXV (1950), pp. 1181-1195; Id., S.’s Concetti politici and their debt to Machiavelli, ibid., LXVII (1952), pp. 823-844; P. Grendler, F. S., in Studies in the Renaissance, XVI (1969), pp. 139-180; D. Howard, Jacopo Sansovino, New Heaven and London 1975; C. Di Filippo Bareggi, Il mestiere di serivere, Roma 1988, pp. 262-264; C. Roaf, The presentation of the Decameron, in The languages of literature in Renaissance Italy, a cura di P. Hainsworth et al., Oxford 1988, pp. 109-121; M. Bertoša, Provveditori sopra beni inculti, in Centro ricerche storiche Rovigno. Atti, X (1979-1980), pp. 157-213; P. Grendler, L’inquisizione romana e l’editoria a Venezia, Roma 1983; P. Trovato, Con ogni diligenza corretto, Bologna 1991, ad ind.; S. Nigro, Il segretatio, in L’uomo barocco, a cura di R. Villari, Roma-Bari 1991, pp. 91-108; D. Frigo, S. e Botero, in Botero e la ragion di stato, Atti del convegno in memoria di Luigi Firpo, a cura di E. Baldini, Firenze 1992, pp. 201-219; E. Bonora, Ricerche su F. S., Venezia 1994; P. Aretino, Lettere, a cura di P. Procaccioli, Roma 1997-2002, ad indices; P. Carta, Magistrature repubblicane, in Il pensiero politico, XL (2007), pp. 283-300; L. Braida, Libri di lettere, Bari 2009, ad ind.; L. Sartorello, Le due repubbliche, Firenze 2010, ad ind.; M.C. Panzera, F. . Parte I, in Italianistica, XLI, (2012), 2, pp. 11-33; Ead. F. S. Parte II, in Italianistica, XLI, (2012), 3, pp. 21-48; Ead., F. S. lecteur d’Érasme, in Bibliothéque d'Humanisme et Renaissance, LXXIV (2012), pp. 83-101; M.L. Mondin, Dal Sabellico al S., in Giornale storico della letteratura italiana, CXCI (2014), pp. 538-570; G. Rossi, Le istituzioni, in Roma pagana e Roma cristiana nel Rinascimento, Atti del XXIV Convegno Internazionale (Chianciano Terme-Pienza, 19-21 luglio 2012), a cura di L. Secchi Tarugi, Firenze 2014, pp. 487-504; M.T. Girardi, Accademia degli Infiammati, in Encyclopedia of Renaissance Philosophy, a cura di M. Sgarbi, Cham 2015, https://link.springer.com/referenceworkentry/10.1007/978-3-319-02848-4_335-1; V. Lepri, Layered Wisdom, Padua 2015, ad ind.; S. Villani, Raccolte di aforismi, in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe lettere e filosofia, s. 5, IX (2017), pp. 127-149; V. Guarna, L’Accademia Veneziana, Manziana 2018, ad ind.; F. S. Atti del convegno tenutosi presso la Scuola Normale Superiore Pisa, 5 dicembre 2018, a cura di L. D’Onghia - D. Musto, i.c.s.