STABILI, Francesco (Cecco d'Ascoli)
Nato in quel di Ascoli nel 1269, professò astrologia in varie città d'Italia e da ultimo a Bologna, donde fu costretto ad allontanarsi nel dicembre 1324, perché condannato come eretico. Recatosi a Firenze, entrò in qualità di astrologo e medico al servizio di Carlo di Calabria, sennonché, resosi nuovamente sospetto alla gente di chiesa e attiratasi l'inimicizia del famoso medico Dino del Garbo, fu un'altra volta processato, e arso vivo il 16 settembre 1327.
Ci sono giunti di lui, in latino, il De principiis astrologiae, commento all'opera dell'astrologo arabo Alcabizio, il Tractatus in sphaeram, commento alla noia opera cosmografica dell'inglese Sacrobosco, e il De eccentricis et epicyclis, in volgare, un poema allegorico-didattico, il cui titolo, L'Acerba, allude secondo i più all'altezza e alla difficoltà della materia, e secondo altri dev'esser invece riferito alla cerva, animale simbolico che raffigura l'intelligenza e la scienza. L'opera si apre con la descrizione dei cieli e delle intelligenze che li governano; e prosegue trattando di questioni naturali, come la proprietà degli animali e delle pietre, e di problemi filosofici e psicologici, come la fortuna, la definizione dell'amore, le qualità dell'animo, le virtù e i vizî. Al contenuto didascalico si mescola talora un proposito d'allegoria, che culmina nella rappresentazione di una donna angelica e misteriosa, principio d'ogni virtù e fonte di beatitudine: in essa pare sia da riconoscere un simbolo della Sapienza increata o Intelligenza attiva, con la quale lo S. afferma d'essersi identificato, accendendo la sua mente "nel gran disio de lo ben divino".
La sorte tragica e gli atteggiamenti singolari e bizzarri dello S. crearono ben presto intorno alla sua figura una leggendaria rinomanza di magia; e in tempi più vicini a noi offrirono il fondamento a fragili costruzioni apologetiche, nelle quali egli è rappresentato come la vittima di un'era di tirannide intellettuale. In verità né gli scritti latini né L'Acerba rivelano originalità e chiarezza di pensiero: sono opere di compilazione, strettamente legate ai problemi della scienza e della psicologia del tempo. Artisticamente il poema è cosa informe, dalla quale sono assenti così il calore e l'umanità profonda della poesia, come la limpidezza e la precisione espressiva della prosa. A giustificare in qualche modo l'interesse dei lettori moderni stanno piuttosto lo spirito arcigno e battagliero dello scrittore e il suo atteggiamento polemico, specie contro Dante, alla cui Commedia egli oppone il suo libro, come un'edificio di verità e di scienza messo di contro al "parlare adorno" del poeta "che imaginando finge cose vane". Sennonché anche questo atteggiarsi di Cecco contro le raffinate esperienze e la larga umanità dell'arte nuova è segno di una mentalità medievale e retriva; e a determinare la sua posizione polemica sta, insieme con l'umore bizzarro dello scrittore, anche una ragione d'indole professionale, e cioè il proposito di difendere l'arte astrologica contro gli attacchi che ad essa aveva indirizzato l'Alighieri.
Ed.: L'Acerba, a cura di P. Rosario (Lanciano 1913); L'Acerba, a cura di A. Crespi (Ascoli Piceno 1927); De principiis astrologiae, a cura di G. Boffito (Firenze 1905); De eccentricis et epicyclis, a cura dello stesso (ivi 1905).
Bibl.: G. Castelli, La vita e le opere di C. d'A., Bologna 1892; V. Paoletti, C. d'A., ivi 1905; C. Lozzi, C. d'A. e la musa popolare, Ascoli 1905; A. Beccaria, I biografi di C. d'A. e le fonti per la sua storia e la sua leggenda, in Memorie d. Accad. d. sc. di Torino, s. 2ª, LVIII (1908). - Sulla polemica antidantesca: D. Guerri, in Giorn. stor. d. letter. ital., LXVI (1915), p. 128 segg. - Sulla poesia dell'Acerba: D. Claps, in Riv. d'Italia, 1927; A. Tortoreto, in Atti e mem. d. deput. di storia patria per le Marche, s. 4ª, VI (1929).