SFONDRATI, Francesco
– Nacque a Cremona il 25 ottobre 1493, da Giovan Battista e da Margherita Omodei Trivulzio.
La famiglia, forse di origini mercantili, era entrata nel novero del patriziato cittadino solo ai primi del XV secolo. Il padre, dopo essersi laureato in diritto a Pavia, era entrato al servizio degli Sforza, ottenendo la cittadinanza milanese per sé e i suoi discendenti e ricoprendo importanti uffici ducali; svolse anche numerose missioni diplomatiche per conto di Ludovico il Moro e, nel 1497, morì prematuramente durante una di esse a Venezia, a soli 38 anni. Dalla moglie Margherita, Giovan Battista aveva avuto tre figli: Francesco, Niccolò e Giulia.
Francesco fu educato nelle discipline umanistiche a Cremona sotto la guida di Niccolò Lugari e del suo allievo e successore nel pubblico insegnamento Daniele Caetani. Testimonianza di tale formazione è il poema in esametri De raptu Helenae, volto a celebrare le origini troiane di Cremona e la sua fedeltà agli Sforza, che fu redatto prima del 1530 e fu pubblicato per la prima volta solo nel 1559. Passò quindi allo Studio di Pavia dove seguì i corsi di diritto dei due grandi giuristi, il civilista Giasone del Maino e il canonista Filippo Decio. Alla laurea, nel settembre del 1517, e a un primo incarico di docenza di diritto civile a Torino, fecero seguito, nel settembre del 1520, l’ingresso nel Collegio dei giureconsulti di Cremona e l’avvio della carriera di professore in varie università: Pavia, Padova (1523-25), Roma e, infine, nuovamente Pavia. Erano questi anni durissimi per il Ducato di Milano, campo di battaglia per gli eserciti e diviso tra fazioni e bande armate, con un duca, Francesco II Sforza, privo del controllo della situazione e incerto tra il re di Francia e l’imperatore. Le posizioni politiche di Sfondrati dovevano essere non ostili alla causa ispano-imperiale se, nel gennaio del 1527, il connestabile Carlo di Borbone, in quel momento luogotenente di Carlo V nel Ducato, lo inserì tra i membri del neoistituito Senato milanese. Il giurista fu subito dopo nominato podestà di Pavia nei difficilissimi anni 1527-28.
Nel marzo del 1531 fu richiamato a Milano dal duca che lo nominò membro del ricostituito Senato, massimo organismo giuridico-amministrativo del Ducato, nonché della commissione di giuristi incaricati della redazione della raccolta di leggi meglio nota come Nuove Costituzioni (promulgate nel 1541).
Nel frattempo, in una data imprecisata, aveva sposato Anna Visconti dei conti di Lonate Pozzolo, da cui ebbe sei figli (Lavinia, Aurelia, Giulia, Niccolò, futuro papa Gregorio XIV, Paola e Paolo), che morì prematuramente nel novembre 1538. Intensi rapporti spirituali e di patronato Sfondrati e la moglie intrattennero con Antonio Maria Zaccaria e la contessa Ludovica Torelli di Guastalla, e con le nuove Congregazioni di S. Paolo decollato e delle suore angeliche da questi rispettivamente fondate. Il sodalizio tra gli Sfondrati e il monastero milanese delle angeliche, dedicato a S. Paolo, fu assai duraturo, dato che non solo la sorella di Francesco, Giulia (nata nel 1496), una volta rimasta vedova, vi sarebbe entrata, ma Sfondrati, alla morte della moglie, affidò anche l’educazione delle sue quattro figlie alle angeliche, dove avrebbero preso il velo.
L’ascesa sociale di Sfondrati è ben testimoniata dal fatto che, nel 1533, acquistò da Paolo Fregoso e da suo figlio Fregosino le terre e le giurisdizioni feudali della Riviera di Lecco, della Valsassina e di altre terre. Inoltre, nel 1536, egli comprò il feudo di Bellagio dal magistrato delle Entrate.
Dopo la devoluzione del Ducato all’imperatore, Sfondrati – che aveva conosciuto Carlo V in occasione di una missione diplomatica – divenne uno dei suoi più fidati ministri in terra lombarda: fu inserito nel Consiglio segreto (1536), l’organismo di governo che affiancava il governatore imperiale, e ottenne il titolo di conte della Riviera del lago di Como e di barone della Valsassina (ottobre 1537). La stima di cui godeva presso la corte imperiale è testimoniata dal fatto che, nel 1541, fu inviato a Siena con il compito di coadiuvare Nicolas Perrenot de Granvelle, il principale ministro di Carlo V, nella riforma del governo della turbolenta città. Il senatore redasse un testo costituzionale che fu approvato dai senesi nel dicembre di quell’anno. Nel gennaio del 1542, Granvelle partì dalla città lasciandola al governo di Sfondrati a capo di una guarnigione di 300 soldati spagnoli. Non è chiaro se, nel corso del 1543, la decisione del senatore di lasciare Siena fu assunta a causa del crescente malcontento delle fazioni cittadine oppure perché aveva nel frattempo maturato l’idea di accettare l’invito di papa Paolo III a entrare al servizio della S. Sede.
Fatto è che Sfondrati, dopo aver chiesto e ottenuto l’assenso dell’imperatore, intraprese la carriera curiale, ottenendo le cariche di protonotario apostolico e di referendario utriusque Signaturae e venendo creato vescovo di Sarno (ottobre 1543), diocesi che lasciò presto per l’arcivescovado di Amalfi (ottobre 1544). Nel mentre il nuovo prelato fu gettato nell’agone politico-religioso tedesco: il 22 novembre 1543 fu infatti nominato nunzio straordinario presso Ferdinando d’Asburgo re dei Romani e i principi tedeschi al fine di cooperare alla pacificazione nei conflitti interni, ma senza disarmare nella difesa della fede cattolica. Ai primi di febbraio del 1544 egli giunse a Spira, dove si celebrava la Dieta dell’Impero, ed ebbe numerosi colloqui con i principi comunicando loro quanto incaricatogli. Alla fine di ottobre di quello stesso anno, Paolo III lo volle nunzio straordinario presso Carlo V, formalmente per congratularsi dell’avvenuta stipula della pace di Crépy con la Francia, ma in realtà per discutere i numerosi problemi sul tappeto, a cominciare dalla promessa di dare finalmente avvio al tanto auspicato Concilio, in cambio dell’impegno a non lasciar trattare le questioni religiose dalla Dieta imperiale convocata a Worms.
Il 19 dicembre 1544 Paolo III lo nominò cardinale del titolo dei Ss. Nereo e Achilleo (sarebbe passato a quello di S. Anastasio nell’ottobre del 1547). La sua triplice condizione di esperto giurista, suddito milanese dell’imperatore e prelato al servizio della S. Sede sono senza dubbio all’origine della nuova e gravosa missione di cui fu incaricato nel febbraio del 1547, come nunzio presso Carlo V. A tenere banco erano le tensioni tra il papa e l’imperatore – anzitutto la sorte del Concilio di Trento che Paolo III volle, in marzo, trasferire a Bologna – e i progetti di ricattolicizzazione dell’Inghilterra dopo la morte di Enrico VIII Tudor. Dopo aver ottenuto come viatico l’amministrazione apostolica del vescovado di Capaccio (marzo 1547), il 22 aprile il cardinale si pose in viaggio con diplomatica lentezza raggiungendo la corte imperiale a Bamberga solo ai primi di luglio.
Ebbe modo di avviare una serie di incontri con i principali esponenti dell’entourage imperiale (il reggente Juan de Figueroa, Granvelle e suo figlio Antoine Perrenot de Granvelle, vescovo d’Arras, frate Domingo de Soto, confessore di Carlo) e infine con il medesimo Carlo V. Questi, reduce dalla vittoria sul campo contro i protestanti a Mühlberg (24 aprile), nell’udienza del 7 luglio si mostrò indisponibile ad accedere alle richieste di parte pontificia. Il nunzio informò della difficile situazione il cardinale nipote Alessandro Farnese e lo scongiurò di sospendere il trasferimento del Concilio da Trento a Bologna, perché altrimenti si sarebbe giunti a uno scisma da parte dell’imperatore. La posizione del nunzio fu, tuttavia, censurata dai cardinali più stretti collaboratori del papa, che rimproverarono a Sfondrati un’eccessiva precipitazione nel dare per conclusi i negoziati.
I rapporti tra Carlo V e Paolo III, da tempo in rapido deterioramento, ebbero un momento di svolta, nel settembre del 1547, con l’assassinio del figlio del papa, Pier Luigi Farnese, e l’occupazione di Piacenza da parte delle truppe imperiali, guidate da Ferrante Gonzaga, governatore dello Stato di Milano. Sfondrati chiese invano a più riprese all’imperatore la restituzione della città a Ottavio, figlio ed erede del duca assassinato. Le difficoltà della missione del cardinale cremonese emersero appieno di fronte alla volontà imperiale di giungere a una sistemazione delle controversie religiose nell’Impero, non volendo in alcun modo accettare la traslazione del Concilio a Bologna, né riconoscerne i decreti. Il testo del cosiddetto Interim fu consegnato a Sfondrati in aprile affinché ne informasse il papa, senza peraltro doverne chiedere il parere. Il decreto imperiale, proclamato nel maggio del 1548, nella Dieta di Augusta rappresentò per la S. Sede un atto inaccettabile, dato che, al fine di favorire l’accordo con i protestanti, si presentava come una soluzione dell’autorità sovrana che conteneva numerose concessioni, fra cui il matrimonio del clero e la comunione sotto le due specie ai laici.
In una data imprecisata tra l’estate e l’autunno del 1548, una volta raggiunto dal vescovo di Fano, Pietro Bertano, nuovo nunzio, il cardinale ritornò a Roma, dove, nell’ottobre dello stesso anno, fu nominato tra i cardinali della congregazione del S. Ufficio. La stima di Paolo III nei suoi confronti era tale che Vittoria Colonna riferì che il papa avrebbe visto nel porporato milanese un degno successore.
Sfondrati fu molto attento alle sorti dei figli, specialmente di Niccolò, avviato alla carriera ecclesiastica. In questo senso va letta la sua aspirazione a conseguire il vescovado della natia Cremona. All’indomani della morte del cardinale Benedetto Accolti, nel settembre del 1549, egli avanzò la propria candidatura al vescovado di Cremona di cui il defunto era stato titolare con una lettera oltremodo esplicita ad Alessandro Farnese, in cui ricordava l’affetto per la sua patria e, soprattutto, le ripetute promesse al riguardo di Paolo III. Il 9 novembre 1549 la diocesi di Cremona fu provvista a Sfondrati, il quale, a sua volta, cedette al cardinale Girolamo Veralli quella di Capaccio, sulla quale fu riservata una pensione di 1500 scudi a favore di Alessandro Farnese. Nel frattempo, però, il capitolo della cattedrale di Cremona aveva designato vescovo il prelato cremonese Marco Girolamo Vida. Da parte sua, Sfondrati si rivolse al vescovo d’Arras, per informarlo di esser stato provvisto del vescovado e pregarlo d’intercedere presso l’imperatore, affinché desse disposizioni per consentirgli di prenderne possesso.
Nel mentre sopraggiunse la morte di Paolo III e, il 29 novembre 1549, si aprì il conclave per eleggere il nuovo papa. La partita era di enorme rilevanza per Carlo V e i suoi uomini, in prima fila per promuovere l’elezione di un pontefice vicino agli interessi imperiali. In questo contesto ogni altra questione andava posta in secondo piano rispetto al conseguimento dei voti cardinalizi. Non è dunque un caso se il cardinale Sfondrati prima di entrare in conclave e, di nuovo, dalle stanze del medesimo, prese contatto attraverso i suoi agenti con Ferrante Gonzaga, governatore imperiale dello Stato di Milano, e con il vescovo d’Arras, circa la concessione del placet al possesso del vescovado cremonese. Gonzaga, rimangiandosi quanto affermato in un primo tempo, decise di concedere il possesso al porporato milanese in quanto vassallo e benemerito di Carlo V.
Nel corso di quel conclave, uno dei più difficili e combattuti, la spaccatura del partito imperiale vide consumarsi, dopo le candidature di Reginald Pole e Giovanni Morone, proprio quella di Sfondrati – «ch’ha tanti sfrondatin che sfronderanno/ e i fior e i frutti e le fronde al papato» come recitava una pasquinata (Pasquino alli cardinali, in Pasquinate, 1983, doc. 675, p. 832) –, e infine l’elezione di Giovan Maria Ciocchi Del Monte, considerato filofrancese, che assunse il nome di Giulio III.
Pochi giorni dopo essere uscito dal conclave, Sfondrati scrisse al capitolo della cattedrale di Cremona in risposta a una lettera con cui si era congratulato con il nuovo ordinario. Quanto all’elezione per postulazione compiuta dai canonici, il porporato rassicurò di non essersi risentito. Dotato da Giulio III delle facoltà di legato a latere, il cardinale, nell’aprile del 1550, inviò al vescovo suffraganeo Leonardo Lana un testo a stampa contenente le costituzioni ed editti per la diocesi, in cui dedicava grande attenzione alla moralizzazione del clero, alla cura pastorale, al buon governo di monasteri e luoghi pii. Infine, nel maggio del 1550, il cardinale comunicò alle autorità municipali di Cremona la sua intenzione di visitare la città. Di ciò queste ultime avvisarono Gonzaga che fu ben lieto di dare il suo benestare, ma chiese che le strade non fossero addobbate, poiché tale onore era riservato al solo sovrano. Il 16 giugno successivo, il nuovo vescovo fece la sua entrata in città e diede inizio a una visita pastorale.
Tuttavia un mese e mezzo dopo, il 31 luglio 1550, Sfondrati moriva improvvisamente a Cremona, con sospetto di avvelenamento secondo Antonio Campi che riportò la diceria oltre tre decenni dopo. Fu sepolto nella cattedrale ove i figli Niccolò e Paolo posero una lapide, alla quale, per disposizione del defunto, se ne aggiunse una seconda all’interno della chiesa del monastero milanese di S. Paolo cui il genitore era stato così profondamente legato.
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