SCHIRA, Francesco
SCHIRA, Francesco. – Nacque a La Valletta (Malta) il 21 agosto 1809, quartogenito del tenore Michele e della ballerina Giuseppa Radaelli Pontiggia, e fu battezzato lo stesso giorno nella chiesa di S. Maria di Porto Salvo con i nomi di Francesco, Bernardo e Giovanni Battista. I genitori, nati a Milano, si erano conosciuti sulle scene del Real Teatro de São Carlos di Lisbona e si erano sposati il 25 febbraio 1800 nella capitale portoghese.
Nel 1810 Francesco seguì la famiglia a Milano, dove il padre era stato ingaggiato dalla Scala. Il 12 agosto 1818 entrò al conservatorio, dove studiò armonia, contrappunto e composizione con Vincenzo Federici, Ambrogio Minoja e Francesco Basili. Uscito dal conservatorio il 31 gennaio 1828, si trasferì a Cagliari come direttore della musica del Corpo reale di artiglieria e maestro di cappella. Il 24 luglio 1828 diresse alcune sue composizioni in un’accademia per l’onomastico della regina Maria Cristina di Borbone-Napoli. Tornato a Milano, compose il ballo tragico mitologico Fedra, coreografia di Giuseppe Turchi, eseguito al teatro dei Quattro cavalieri compadroni di Pavia (26 dicembre 1829), e nella stagione di Carnevale 1830-31 fu maestro al cembalo nel teatro Carcano. Il 17 novembre 1832 il suo melodramma semiserio in due atti Elena e Malvina, su un libretto di Felice Romani già utilizzato da altri compositori, fu rappresentato alla Scala, dove ebbe solo due recite, anche se alcuni brani furono caldamente applauditi.
Scritturato come maestro direttore, compositore e conduttore della musica del São Carlos di Lisbona, a causa della lunga chiusura del teatro imposta dalla guerra civile portoghese, solo nel 1834 poté assumere l’incarico (al quale affiancò quello di insegnante al conservatorio). Il 21 luglio dello stesso anno, nella chiesa di Nossa Senhora do Loreto, sposò la ballerina Jesuina Gesualdi.
Al São Carlos, tra il 1834 e il 1839, presentò l’azione drammatica Il ritorno di Astrea sul testo di Vincenzo Monti già musicato da Joseph Weigl, eseguita per il compleanno della regina Maria II (4 aprile 1834), l’azione drammatica allegorica O templo da immortalidade su parole di Francisco Xavier Gaioso, celebrativa della riapertura del Parlamento (15 agosto 1834), la farsa giocosa in un atto Il fanatico per la musica (libretto di Gaetano Rossi, 6 luglio 1835; ma la prima assoluta, per beneficenza, era stata in febbraio al Teatro das Laranjeiras), il melodramma tragico in due atti I cavalieri di Valenza ossia Isabella di Lara (Rossi, 22 settembre 1836) e una decina di balli con coreografia di Bernardo Vestris (Mazaniello ou A vingança; Ludowiska ou O regicídio; Margarida de Normandia ou A traição; Passo a nove), Salvatore Viganò (Joanna d’Arco), Francesco Jorch (Bailado chinês; Dafnis ou O perjuro; Eco e Narciso) e Giuseppe Villa (A conquista de Malaca pelos Portuguezes; Phedra, nuova versione di Fedra). La collaborazione con Vestris continuò con i balli La rivolta delle donne nel serraglio, messo in scena alla Scala (4 maggio 1839) e riproposto in altri importanti teatri, e Il masnadiero degli Abruzzi (Venezia, La Fenice, 26 dicembre 1840), che invece non ebbe fortuna.
Nell’ottobre del 1839, nell’intento di migliorare la propria posizione professionale, si recò a Londra, mentre la moglie, trattenuta da impegni di lavoro, rimase a Lisbona con l’unica loro figlia, Angelica (nata il 1° gennaio 1838). In Inghilterra si fece conoscere con alcune arie e romanze che ebbero una grande popolarità, tra cui Ah che forse, scritta per il baritono Filippo Coletti (1840), e O momento fatal, chi mi sostiene e Tristo e fuor d’ogni speranza, cantate dal tenore Mario (1841). La sua fama di compositore gli aprì le porte dei salotti di Parigi, tra cui quello del principe Emilio di Belgioioso. Per lui e il conte Pompeo, suo cugino, scrisse il celebre duetto per tenore e basso Versatemi del vino.
Nella capitale francese, dove si trattenne tra il 1841 e il 1842, fu ingaggiato dall’impresario John Medex Maddox come direttore della musica e dell’orchestra del Princess’s Theatre di Londra, aperto come teatro lirico con La sonnambula di Vincenzo Bellini (26 dicembre 1842), prima di una serie di opere delle quali curò l’adattamento in inglese. Stabilitosi definitivamente a Londra, nel 1843 diresse la stagione d’estate al Covent Garden, organizzata dall’impresario Alfred Bunn, che alla fine del 1844 gli offrì l’incarico di direttore musicale lasciato vacante da Julius Benedict al Drury Lane, dove restò fino al 1847. Qui presentò con successo il balletto fantastico The island nymph (12 febbraio 1846). Nel 1848 diresse una breve stagione d’autunno al Covent Garden che avrebbe dovuto includere anche la sua opera Kenilworth tratta dal romanzo storico di Walter Scott: ma non fu rappresentata. Mantenne buoni rapporti con il Princess’s Theatre, per il quale compose l’opera comica in due atti Mina (libretto di Valentine Morris e George Linley, 8 dicembre 1849) e l’opera romantica in tre atti The orphan of Geneva (Charles Jefferys, da Thérèse, ou L’orpheline de Genève di Victor Ducange, 26 aprile 1850), entrambe bene accolte. Nella stagione 1851-52 tornò al Drury Lane, per poi dedicarsi soprattutto alla composizione e all’insegnamento del canto, non solo in privato ma anche alla Royal Academy of music, un’attività che da tempo ne aveva fatto uno dei più ricercati maestri di Londra. Tra le sue allieve ci fu Louisa Pyne, prima interprete di The orphan of Geneva, destinata a una fortunata carriera transatlantica.
Nella stagione 1853-54 fu maestro concertatore al Regio di Torino, dove avrebbe dovuto far rappresentare la tragedia lirica in quattro atti Niccolò de’ Lapi ossia L’assedio di Firenze (libretto di Giuseppe Crippa, rivisto da Manfredo Maggioni), tratto dal romanzo storico Niccolò de’ Lapi, ovvero I Palleschi e i Piagnoni di Massimo d’Azeglio. L’opera, ambientata all’epoca della caduta della Repubblica fiorentina e del ritorno al potere dei Medici (1530), fu poi messa in scena a Londra (Her Majesty’s Theatre, 7 maggio 1863) sotto la direzione di Luigi Arditi (1896), che ne lodò il «genuino stile italiano» (p. 124). Dopo l’operetta in un atto The ear-ring (Desmond Lumley Ryan; Londra, St. George’s Hall, 27 maggio 1872), diresse al Birmingham Festival la sua cantata pastorale The Lord of Burleigh (Ryan, dal poema di Alfred Tennyson; Birmingham, Townhall, 26 agosto 1873).
In seguito si ripresentò sulle scene italiane con due opere composte anni prima: Selvaggia (Giorgio Tommaso Cimino; Venezia, La Fenice, 20 febbraio 1875), dramma lirico in un prologo e tre atti (inizialmente intitolato L’indovina) che, con testo e musica differenti, riprende l’argomento di Niccolò de’ Lapi dando maggiore risalto al tormentato amore di Selvaggia per il repubblicano Lamberto; e Lia (Marco Marcelliano Marcello; Venezia, La Fenice, 25 marzo 1876), dramma lirico in cinque atti con protagonista una giovane israelita nella Stiria del XV secolo. Selvaggia, anche grazie all’interpretazione del tenore Francesco Tamagno nella parte di Lamberto, ebbe un esito felice e venne riproposta a Milano (Dal Verme, 22 aprile 1876) e, con Tamagno e Romilda Pantaleoni, a Barcellona (Liceu, 25 novembre 1877), ma fu poi rapidamente dimenticata, così come Lia, che ebbe una sola recita.
Morì a Londra il 15 ottobre 1883 dopo una breve malattia, tornato di recente da uno dei suoi periodici viaggi a Milano. Da poco aveva terminato l’opera comica The isle of beauty su libretto di Ryan. Nel 1880 il re Umberto I l’aveva nominato commendatore della Corona d’Italia.
Conosciuto soprattutto per la musica vocale da camera (pubblicata anche da Lucca e Ricordi), Schira merita attenzione per la sua produzione operistica, nella quale spiccano Selvaggia e Lia. Entrambe sono caratterizzate da un’abile ricerca di spettacolarità, raggiunta spesso con l’alternanza fra momenti di raccolta meditazione e altri di clamorosa sonorità, sempre nell’ambito di una scrittura del tutto in linea con la tradizione dell’opera italiana di metà Ottocento e l’acceso antiwagnerismo dell’autore. Si nota poi, soprattutto nella scrittura per soprano, il mestiere dell’insegnante di canto, che sa sfruttare fino in fondo le risorse di una elaborata vocalità. Non a caso, la parte di Selvaggia in Niccolò de’ Lapi fu concepita per Therese Tietjens, soprano divenuto famoso nel ruolo della Lucrezia Borgia donizettiana. Alcuni dizionari gli attribuiscono l’opera in due atti Alina, ma in realtà si tratta di una ripresa di Mina (Londra, St. George’s Hall, 24 aprile 1871).
Furono allievi del conservatorio di Milano anche i suoi fratelli Vincenzo (Madrid, 17 luglio 1801-Lisbona, 9 novembre 1857), autore di diversi balli per la Scala e direttore d’orchestra al São Carlos di Lisbona, dove fu vittima della febbre gialla, e Margherita (Lisbona, 5 ottobre 1804-Milano, 22 marzo 1885), soprano e poi maestra di canto.
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