ALTAMURA, Francesco Saverio
Pittore, scrittore e patriota, nato a Foggia il 5 ag. 1822 (e non, come è solitamente detto, nel 1826) secondo quanto afferma C. Lorenzetti, che riporta una nota dello stesso padre dell'A., Raffaele. La madre, Sofia Perifano, proveniva da famiglia greca. L'A. studiò nella città natale, presso gli scolopi, indi seguì la famiglia che si spostò a Salerno e ad Avellino. Nel 1840 il padre lo mandò a Napoli, dove l'A. si iscrisse alla facoltà di medicina; ma, attratto dall'ambiente artistico e intellettuale partenopeo, prese a frequentare dal '45 la scuola di nudo all'Accademia, dove conobbe D. Morelli. Con questo vinceva, nel '47, il pensionato romano, con un quadro ispirato a un episodio della Gerusalemme Liberata. Già noto nell'ambiente napoletano per sue opere precedenti (Cristo e l'adultera, acquistato dal fratello di Ferdinando II, Marsia e Apollo), proseguì nella ricerca cromatica anche durante il soggiorno romano (Il profeta Nathan rimprovera David). In questo stesso periodo iniziò la sua fervida attività di patriota; tornato a Napoli, nel '48, si avvicinò infatti al gruppo liberale e dipinse quadri ispirati alle libertà comunali e ad altri motivi storici (La morte di un crociato). Già noto per i suoi atteggiamenti politici, fu arrestato e rinchiuso in carcere, dove conobbe alcuni patrioti napoletani illustri.
Liberato con la concessione della Costituzione, fu coinvolto nei moti rivoluzionari del maggio '48 e costretto a fuggire prima all'Aquila e poi a Firenze. Qui venne a contatto con le personalità che solevano riunirsi dal Vieusseux, e suscitò vasto interesse nel mondo artistico giovanile esponendo Gli esuli di Babilonia e Il primo passo dell'esule. Il lungo soggiorno fiorentino - durante il quale sposò una giovane greca, che più tardi doveva lasciarlo per tornare al paese natale, e dalla quale ebbe tre figli - gli permise di apprezzare il gusto per il colore vivace e "a macchia", che più tardi ebbe modo di studiare anche nella pittura francese, durante il viaggio compiuto a Parigi nel '55, in compagnia di Serafino de' Tivoli. Nel 1860 l'A. rientrava a Napoli a prepararvi l'ingresso di Garibaldi, del quale divenne intimo amico. Eletto consigliere comunale, fu tra i fondatori della Pinacoteca e del Museo nazionale. Dipinse in questo periodo un ritratto di Garibaldi per il Palazzo comunale di S. Maria la Nova (Caserta) e per la cappella del Palazzo reale di Napoli due tele con la Morte e l'Assunzione di Maria.
Tornato a Firenze, l'artista venne incaricato di dipingere il ritratto di C. Troja (oggi alla Gall. d'arte moderna in palazzo Pitti). Nel '61 partecipava alla I Esposizione nazionale con le Esequie di Buondelmonte de' Buondelmonti - ora nella Galleria nazionale d'arte moderna di Roma -, mentre le altre due tele che concludevano la trilogia di Buondelmonte entrarono nella collez. del principe Colonna di Stigliano a Napoli. Nel '63 esponeva a Torino Mario vincitore dei Cimbri (ora nella Pinacoteca di Capodimonte), la sua opera più celebrata, ove però non è portata alle estreme conseguenze quella "teoria della macchia" sostenuta dal Morelli, e raggelata nei dipinti dell'A. dal disegno troppo netto e accademico. Nel '65, alla Promotrice napoletana, esponeva Odii vecchi e amori nuovi (collez. Colonna, Napoli).
L'anno seguente soggiornò per qualche tempo in una casa di cura; nel '67 espose a Parigi Cristo tra i Farisei, che fu acquistato da M. Schilizzi, e frequentò la cerchia di G. De Nittis, E. Dalbono, G. Palizzi, che lo presentarono al mercante di quadri Goupil del quale divenne amico. Tornato a Napoli, vi soggiornò stabilmente fino alla morte. Partecipò a tutte le maggiori manifestazioni d'arte italiane: a Napoli, nel '77, con la Monacazione di Maria Spinelli, di cui nella raccolta Casciaro è il gustoso bozzetto, e nel '79 con Le Rai s'amuse, acquistato per la reggia di Capodimonte, ove tuttora si trova; a Torino (1880) esponeva Excelsior (oggi al Museo civico), di mediocre risultato; nel 1883 a Roma un Centauro Chirone, acquistato dallo stato. Per la parrocchiale di Castrignano dei Greci (Lecce) dipinse dieci tele di soggetto sacro, tra cui varie figure di santi (Luigi, Antonio, Francesco, ecc.), un'Annunciazione, un'Assunzione, ecc.; un suo S. Tommaso è nella cattedrale di Altamura. Di lui c'è rimasto anche il realistico Autoritratto, oggi nel Museo di S. Martino a Napoli.
Artista mediocre, sopravvalutato ai suoi tempi, l'A. non riuscì a coordinare i suoi sforzi per orientare verso una strada nuova la sua pittura - nel senso indicato e attuato dal Morelli, dal Palizzi e da altri - quasi sempre ancorata a un accademismo trito e a un senso retorico della forma - non priva, tuttavia, a tratti, di qualche vivace spunto cromatico e di un sicuro senso luministico, - non riuscendo a concretare praticamente le sue teorie artistiche esposte assieme all'autobiografia nel volume Vita e arte, pubblicato a Napoli un anno prima della morte che avvenne in questa città il 5 genn. 1897.
Dei tre figli, Alessandro, nato il 3 giugno 1856, fu pittore. Iniziò a dipingere sotto gli insegnamenti del padre e fu in seguito allievo di D. Morelli e di E. Dalbono. Si dedicò soprattutto alla pittura di "genere" e di paesaggio. Ritenuto pittore piacevole e non privo di merito, con senso armonioso del colore (Della Rocca, Comanducci), è stato di recente restituito alla schiera degli epigoni mediocri e di vena scarsa dei sunnominati pittori (Galetti-Camesasca). È sempre stata rilevata una sua certa trascuratezza tecnica. All'Esposizione di Torino del 1550 comparvero alcune sue vedute di Venezia, giudicate tra le cose migliori (La Ca' d'oro, Palazzo Papadopoli, La chiesa di S. Salvatore). Espose anche a Parigi, nel 1890; nel 1901, a Venezia, Crepuscolo d'autunno; al Salon parigino del 1906 L'organo di Pergolesi, a quello del 1910 Piccolo angolo del Trianon. Tra i ritratti, uno dei migliori è quello di Luca Schilizzi.
Trovandosi a Parigi durante la prima guerra mondiale, vi morì per malattia mentale, in seguito a uno choc subito per la distruzione del suo studio in un incursione aerea tedesca (1918).
Fonti e Bibl.: D. Morelli-E. Dalbono, La scuola napoletana di pittura nel sec. XIX, Bari 1915, pp. 90, 96; M. della Rocca, L'arte moderna in Italia..., Milano 1883, pp. 59-66;C. Villani, Scrittori ed artisti pugliesi...,Trani 1904, pp. 24-28; M. Serao, Il Cristo di S. A., in Ars et Labor, I, 3, 15 marzo 1916, pp. 17 s.; O. Miola, Due quadri di S. A., ibid., p.19; F. Jerace, S. A. Cenni biografici, in Mem. d. R. Accad. di archeol., lettere e belle arti, IV (1919), pp. 3-11; M. Soldati, La Galleria d'arte moderna del Museo civico di Torino, Torino 1927, p.8 6; F. Gentile, Profili di artisti, Foggia 1929, pp. 49-66; C. Lorenzetti, F. S. Altamura, in Yapigia, n.s., VIII (1937), estratto; M. Biancale, La pittura napoletana del secolo XIX, in Catalogo della Mostra della pittura napoletana dei secc. XVII, XVIII, XIX, Napoli 1938, pp. 263, 340; A. M. Brizio, Ottocento-Novecento, Torino 1939, pp. 222, 244; P. Bucarelli, La Galleria nazionale d'arte moderna, Roma 195 pp. 49; E. Lavagnino, L'arte moderna, Torino 1956, p. 722 s.; B. Molajoli, Notizie su Capodimonte, Napoli 1957, pp. 67, 69; La pittura napoletana del secondo Ottocento, Catalogo della mostra, a cura di L. Autiello, Napoli 1958, p. 25; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler, I, p. 346; Encicl. Ital., II, pp. 681 s.; A. M. Comanducci, Diz. iIl. dei pittori e incisori itai. moderni, I, Milano 1945, pp. 13 s.; U. Galetti-E. Camesasca, Encicl. della pittura ital., I, pp. 41 a. Per Alessandro: M. della Rocca, L'arte moderna in Italia, Milano 1883, pp. 67 s.; E. Giannelli, Artisti napoletani viventi, Napoli 1916, pp. 3-5; C. Lorenzetti, Francesco Saverio Altamura, in Zapigia, n. s. VIII (1937), estratto; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler, I, p. 346; Enc. Italiana, II, p. 682, sub voce Altamura Saverio; A. M. Comanducci, Diz. ill. dei pittori e incisori ital. moderni, I, Milano 1945, p. 13; E. Bénézit, Diction. critique..., I, p. 127; U. Galetti-E. Camesasca, Enciclopedia della pittura italiana, I, p. 42, sub voce Altamura Francesco Saverio.