SASSETTI, Francesco
SASSETTI, Francesco. – Figlio di Tommaso di Federigo di Pierozzo, cambiatore in Mercato Nuovo, e della sua terza moglie, Betta de’ Pazzi, Sassetti nacque a Firenze il 9 marzo 1421.
La costante fedeltà ghibellina dei Sassetti è forse una delle cause della scarsità di notizie sulla famiglia, lamentata nel 1600 anche da Francesco di Giambattista di Teodoro Sassetti, autore della prima storia sulla casata (Notizie dell’origine e nobiltà della famiglia de’ Sassetti..., 1855, pp. XV s.). Se le origini dalla Germania imperiale sono tutte da dimostrare, così come l’arrivo in Toscana al castello della Sassetta, nella Maremma pisana, l’insediamento a Firenze è probabile sia avvenuto nel corso del XII secolo. A partire dal Duecento è documentato il possesso da parte dei Sassetti di una torre e di altri immobili nella zona dell’antica chiesa di S. Pier Buonconsiglio (presso l’attuale piazza della Repubblica).
Nel 1269 i guelfi, consolidato il potere dopo la battaglia di Colle Val d’Elsa, decretarono l’esilio per non pochi membri della fazione ghibellina, tra cui alcuni Sassetti. Nel 1311 l’incombente minaccia dell’imperatore Arrigo VII di Lussemburgo e il timore che i fuoriusciti si potessero alleare con lui spinsero il Comune a revocare l’esilio. Passata la minaccia, tuttavia, fu deciso un bando più duro per i ghibellini, tra cui ben sedici Sassetti di diversi rami della famiglia. Nel 1318 fu concessa la possibilità di rientrare a coloro che avessero promesso fedeltà al Comune; alcuni tornarono a Firenze, anche se furono tenuti lontani dalla vita politica, tanto che non si ha notizia di cariche pubbliche ricoperte da alcun Sassetti fino a metà Quattrocento. Purtuttavia, un’abile politica matrimoniale permise loro di legarsi a illustri famiglie fiorentine.
Vari Sassetti si dedicarono all’attività mercantile e bancaria. Per il XIII secolo è da ricordare Gentile di Ugo (ca. 1220-1283), del quale resta un libro mastro compilato (in parte anche dai figli Uguccio e Vanni) tra il 1274 e il 1310 (Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Seconda Serie, 84; Nuovi testi, 1952, pp. 286-362). Un libro di ‘ricordanze’, compilato tra il 1365 e il 1400, si è invece conservato per Paolo di Alessandro (morto nel 1400), il quale aveva un banco in Mercato Nuovo (Carte Strozziane, Seconda Serie, 4). Anche il fratello di Paolo, Niccolò, fu un mercante, attivo a Montpellier, Barcellona e Lisbona.
Nel solco di questa tradizione familiare, Sassetti attorno al 1440 si recò a Ginevra come ‘fattore’ del banco Medici. Nella città svizzera fece una carriera molto rapida che lo portò nel 1446 ad assumere il ruolo di vicedirettore e alla fine dell’anno successivo quello di direttore. Rimase a Ginevra fino al 1459, allorché fu richiamato a Firenze per aiutare Giovanni di Cosimo de’ Medici, divenuto direttore generale nel 1455 alla morte di Giovanni de’ Benci. Sassetti mantenne comunque una quota di utili sia nella filiale ginevrina sia in quella di Lione, dove il banco si sarebbe spostato dalla città svizzera a metà anni Sessanta (periodo nel quale Sassetti ebbe una partecipazione anche nella filiale di Avignone).
Nel 1463 divenne direttore generale del banco Medici, carica che tenne per quasi un trentennio fino alla morte, nel 1490. La durata della sua carriera al vertice del banco è specchio della fiducia (e amicizia) che in lui riposero prima Cosimo il Vecchio, poi Piero e infine Lorenzo il Magnifico. Tale carriera gli facilitò un notevole arricchimento personale, ben evidenziato dai conti riportati nel suo libro segreto: nel 1462, infatti, Sassetti possedeva un patrimonio stimato in 26.720 fiorini di suggello e consistente soprattutto in investimenti commerciali presso filiali del banco mediceo (sotto forma di quote di capitale nelle compagnie di Ginevra e Avignone, o di depositi a discrezione, ovvero vincolati, nella stessa Ginevra e a Milano), ma anche in immobili, gioielli, vestiti e altri beni (inclusi libri). Quattro anni dopo il suo patrimonio era quasi raddoppiato, dato che ammontava a 52.047 fiorini di suggello, quasi la metà dei quali consistenti in depositi a discrezione; notevole era stato anche l’incremento dei beni immobili (Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Seconda Serie, 20, cc. 2, 71; Edler de Roover, 1943, pp. 69 s.).
Tuttavia, come scrisse il suo bisnipote Francesco di Giambattista, «perché nulla in questo mondo è stabile, quella fortuna che per spazio di 40 o più anni l’aveva sempre favorito a prosperato, non solo l’abbandonò, ma ancora se li mostrò contraria, essendo a Lione et in Fiandra, per colpa de’ ministri, seguito di molti disordini e danni gravissimi» (Notizie dell’origine e nobiltà della famiglia de’ Sassetti..., 1855, p. XXXV). A fine anni Ottanta, in effetti, Sassetti si lamentava con il Magnifico «di nonn esserr riccho et pechunioxo come io solevo» (Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato, 40, 217). Le difficoltà della filiale lionese furono così gravi da costringerlo nel 1488, ormai quasi settantenne, a un viaggio in Francia che lo tenne lontano da Firenze per alcuni mesi.
Le motivazioni della crisi di quella filiale – e più in generale del banco mediceo – sono ancora discusse dagli studiosi: se certamente un ruolo in negativo dovette averlo Lionetto de’ Rossi, direttore a Lione dal 1470 al 1485, non può essere esente da critiche lo stesso Sassetti, il quale, nelle vesti di direttore generale, avrebbe dovuto esercitare un controllo più efficace e stringente nei confronti dei direttori delle filiali periferiche. Comunque, fra le cause del declino del banco sono da considerare anche questioni strutturali (un’organizzazione finanziaria non efficiente), nonché congiunturali e anche extraeconomiche (si trattava di un banco utilizzato sempre più dal Magnifico come strumento per favorire le proprie ambizioni politiche). Caratterialmente, a Sassetti vengono attribuite da un lato un’attitudine all’adulazione dei superiori, che presumibilmente facilitò la sua ascesa iniziale, dall’altro lato un atteggiamento titubante che, quando divenne l’onnipotente direttore generale, gli impedì di tenere in mano la situazione, dato che egli tendeva a procrastinare le decisioni difficili (de Roover, 1970, pp. 360, 411, 525, 528).
La fama di Sassetti, oltre che al suo ruolo di mercante-banchiere al servizio dei Medici, è dovuta anche alle sue frequentazioni letterarie e artistiche: come scrisse a Lorenzo il Magnifico, «io fui sempre amatore et sectatore» di «tucti gli huomini virtuosi, maxime quegli che danno opera agli studi di humanità» (Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato, 41, 118). Amico dei più celebri umanisti del suo tempo – quali Marsilio Ficino, Angelo Ambrogini, detto il Poliziano, e Bartolomeo della Fonte (Fonzio) – ebbe una ricca biblioteca: la collezione, iniziata nel periodo ginevrino, si arricchì nel corso degli anni Sessanta, anche grazie anche alla collaborazione di Fonzio, suo protégé. In totale è possibile individuare più di 120 manoscritti appartenuti a Sassetti (almeno 70 dei quali ancora esistenti in biblioteche), ma probabilmente la sua collezione fu più ampia, anche se nei primi anni Ottanta i guai finanziari lo spinsero a vendere alcuni volumi (de la Mare, 1976, pp. 160, 165 s., 171).
Sulle colline fiorentine Sassetti, che già possedeva un palazzo in centro città, acquistò un «podere... con casa da singnore», che ingrandì effettuando numerosi lavori (Archivio di Stato di Frenze, Carte Strozziane, Seconda Serie, 20, cc. 10, 71). Il nuovo edificio, «el palagio di Montughi», è villa La Pietra (nell’attuale via Bolognese), che – nelle parole dello stesso Sassetti – «ha dato gran fama et reputatione al nome mio et alla famiglia nostra et è molto celebrato per Italia e altrove» (Warburg, 1907, p. 137); Francesco acquistò inoltre l’adiacente villa Sassetti. Segno ancor più tangibile del suo prestigio è la cappella situata nella fiorentina chiesa di S. Trinita, commissionata a Domenico Ghirlandaio: fu affrescata tra il 1482 e il 1485, e dello stesso autore contiene una pala d’altare (Adorazione dei pastori). Sono presenti anche le tombe di Francesco e della moglie, opera di Giuliano da Sangallo. In realtà Sassetti avrebbe voluto la propria sepoltura in S. Maria Novella, dove già erano sepolti suoi antenati; tuttavia, «per la aspreza et straneza de’ frati di decto luogho che [...] ci ànno facto villania», aveva poi optato per S. Trinita (Warburg, 1907, p. 137).
Nel 1459 Sassetti aveva sposato Nera di Piero Corsi, dalla quale ebbe cinque figli e cinque figlie, tutti ritratti negli affreschi della cappella in S. Trinita (ebbe inoltre un figlio da un’altra donna).
Tra i figli maschi, i tre maggiori seguirono le orme paterne e lavorarono per la filiale lionese del banco Medici: Teodoro (1460-1479) morì prematuramente proprio mentre si trovava in terra di Francia. Galeazzo (1462-1513) vi lavorò negli anni Ottanta. Cosimo (1463-1527) vi fu attivo tra gli anni Ottanta e Novanta; successivamente rientrò a Firenze, dove ricoprì anche importanti cariche pubbliche e fu vicino ai papi di casa Medici (sia Leone X sia Clemente VII), ottenendo nel 1515 il titolo di conte palatino e l’autorizzazione a introdurre nello stemma la palla azzurra medicea, con tre gigli d’oro. Negli anni Sessanta aveva lavorato a Lione anche il nipote (figlio del fratello) di Francesco, Tommaso di Federigo. Gli altri figli maschi di Francesco furono Federigo (1472-post 1513), protonotario apostolico; Teodoro II (1479-1546); e Ventura, il figlio illegittimo, che fu commensale e scalco di Clemente VII. Da Teodoro II nacque Giambattista, padre di Francesco (autore delle notizie sulla famiglia) e di Filippo, famoso per i suoi viaggi nelle Indie orientali portoghesi.
Di Sassetti sono sopravvissute le ultime volontà, redatte il 4 aprile 1488 alla vigilia della partenza per la Francia. Chiedeva ai figli Galeazzo e Cosimo di cercare di mantenere intatto il patrimonio di famiglia, incluso il «palagio di Montughi», che però avrebbero potuto alienare in caso di difficoltà economiche (Warburg, 1907, pp. 136-138). Dopo alcuni mesi trascorsi a Lione, in cui riuscì a migliorare temporaneamente la situazione finanziaria della compagnia (de Roover, 1970, pp. 442-444), Sassetti manifestò tuttavia la propria stanchezza: in una lettera inviata a Benedetto Dei il 17 agosto 1489, esprimeva la speranza di tornare presto a Firenze «per avere ochupatione assai, in modo i’ non sono signore di me medesimo. El verno non voglio farci, se io posso, perché questa aria non mi conporta e non ci sto sano, parmi mill’anni» (Archivio di Stato di Firenze, Corporazioni Religiose Soppresse dal governo francese, 78, 316, c. 16).
Riuscì a rientrare nell’ottobre, ma morì pochi mesi dopo, presumibilmente il 31 marzo 1490, dopo che per dieci giorni un colpo apoplettico lo aveva lasciato paralizzato.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Seconda Serie, 4, 20, 84; Ceramelli Papiani, 4270; Corporazioni Religiose Soppresse dal Governo Francese, 78, 316, c. 16; Manoscritti, 601, ins. 33; Mediceo avanti il Principato, 40, 217; 41, 118; Notizie dell’origine e nobilità della famiglia de’ Sassetti raccolte da Francesco di Giambattista Sassetti (1610), in Lettere edite e inedite di Filippo Sassetti, raccolte e annotate da E. Marcucci, Firenze 1855, pp. XV-XLVII; A.M. Warburg, F. S.s letztwillige Verfügung, in Kunstwissenschaftliche Beiträge August Schmarsow gewidmet zum 50. Semester seiner akademischen Lehrtätigkeit, a cura di H. Weizsäcker et al., Lipsia 1907, pp. 129-152; F. Edler de Roover, F. S. and the downfall of the Medici banking house, in Bulletin of the Business Historical Society, XVIII (1943), pp. 65-80; Nuovi testi fiorentini del Dugento, a cura di A. Castellani, I, Firenze 1952, pp. 286-362; R. de Roover, Il banco Medici dalle origini al declino (1397-1494), Firenze 1970, pp. 360, 411-413, 436-449, 525-528; A. de la Mare, The library of F. S.(1421-90), in Cultural aspects of the Italian Renissance. Essays in honour of Paul Oskar Kristeller, a cura di C.H. Clough, Manchester 1976, pp. 160-201; E. Cassarino, La cappella Sassetti nella chiesa di Santa Trinita, Lucca 1996.